Una «fraternità mistica» – Messaggio dell’Arcivescovo per la Pasqua 2014

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Una «fraternità mistica»: è questa la cura, la terapia che Papa Francesco suggerisce per guarire i mali più insidiosi del nostro tempo: l’individualismo e l’immanentismo, il vivere nell’isolamento dagli altri e da Dio. Si tratta di una «mistica» che, a dispetto del termine spesso frainteso, non ha nulla di teorico, di spiritualistico ma che «sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano» e, così, sa costruire la «comunità» (cfr. Evangelii Gaudium, 92).
Ho il cuore ancora pieno di gioia per aver avuto il dono di visitare, in questi primi mesi dalla mia nomina a Ordinario Militare, tutte le zone pastorali della nostra Chiesa in Italia e i contingenti italiani all’estero: è la nostra comunità, sparsa sul territorio ma unita da vincoli profondi e capace di stabilire vincoli profondi con le realtà in cui opera.
Non è facile essere comunità, non è facile essere a servizio delle comunità. Non è facile per chi opera in condizioni di conflitti aperti ma neppure per chi deve custodire la quotidiana sicurezza del Paese, combattendo ingiustizia e illegalità e spesso affrontando crimini e, addirittura, persone considerate criminali. Pure qui, in modo drammatico, cogliamo quanto la fraternità sia necessaria.
Forse ci tornano in mente i «sentimenti di fraternità» che l’amato Giovanni XXIII voleva suscitare nei fedeli, nel suo famoso “Discorso alla luna”, la sera della sessione di apertura del Concilio Vaticano II. Non possiamo non pensare a lui, al “nostro Papa Giovanni” che tra poco sarà proclamato Santo, in questa Pasqua della nostra Chiesa. Non possiamo non sentirci ripetere da lui l’invito «a volerci bene così, guardandoci così nell’incontro, cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte quello – se c’è – qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà» (Roma, 11 ottobre 1962).
Una fraternità semplice ma mistica, cioè capace di risorgere sempre, anche dalle macerie dell’odio e del rancore, dell’invidia e della rivalità, della violenza e della guerra.
Sì, di risorgere! Perché la vera fraternità è dono di Cristo Risorto, dono che ci raggiunge se da Lui ci facciamo conquistare, educare, trasformare, amare. Dono da chiedere: per le nostre famiglie, per le comunità, le caserme, gli uffici, i luoghi di comando, le missioni di pace; per coloro ai quali il servizio dei militari si rivolge, siano essi cause o vittime di macerie di ogni genere.
Non dimentichiamolo: i militari non sono soltanto coloro che mantengono difesa, sicurezza, ordine e neppure solo coloro che portano soccorso, solidarietà, accoglienza, ma sono chiamati a qualcosa in più. Anche se spesso costretti a vedere orribili scenari di devastazione, sono chiamati a credere nell’uomo che è sempre più grande delle macerie che subisce, che semina, che sperimenta in sé, operando perché una fraternità sia possibile, anche in situazioni che rasentano l’impossibilità.
Ma nulla è impossibile se Gesù è Risorto! Nessuna morte del corpo o dell’anima è definitiva! Nessuna malattia interiore inguaribile!
La fraternità, difficile ma necessaria, è medicina che lenisce la sofferenza e guarisce ogni malattia, ma ha bisogno di un Padre. Nel mattino di Pasqua vedremo ancora la Sua Mano, tesa a liberare Gesù dalla morte, tesa a liberare noi dai nostri egoismi, tesa a liberare l’umanità dalle macerie dell’indifferenza e della rassegnazione.
Sia così la nostra mano, anche nel servizio che svolgiamo: tesa per liberare, proteggere, custodire, amare; tesa per trasformare gli altri in fratelli. Tesa verso un Padre buono e misericordioso che ci ama, ci trasforma, ci educa, ci conquista; che unisce le nostre mani tese e ci dona di risorgere, sempre, alla fraternità. 
Buona Pasqua di cuore. E così sia!
 
 
X Santo Marcianò