“Anche a noi Gesù chiede di non addormentarci nel giardino delle nostre sicurezze” (mons. Frisina)

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(21-04-2016) Puntuali come ogni giorno, iniziamo con la preghiera delle lodi in pullman. La meta mattutina prescelta per la meditazione è il giardino del Getsemani. L’idea comune di chi visita per la prima volta la Terra Santa è che l’orto degli Ulivi, chiamato nei Vangeli anche “giardino”, sia un ampio appezzamento di terra ricco di piante e fiori, immerso nella quiete della natura, esente dalla confusione della Città Santa. Ma se al tempo di Gesù buona parte del Monte degli Ulivi doveva essere effettivamente cosparso di piante e coltivazioni, oggi la situazione generale appare non esattamente la stessa. Eppure, il piccolo podere con pochi ulivi secolari, resta l’ambiente naturale tra i più fedeli alla Gerusalemme di duemila anni fa. Gesù si ritirava in questi poderi coltivati per trascorrere la notte e pregare. E quella sera di giovedì, dopo l’ultima cena e prima dell’arresto, vi si ritirò con i discepoli. Come raccontano i vangeli sinottici, fu in questo luogo che Gesù provò la più profonda angoscia, decidendo di affidarsi, in totale abbandono, alla volontà del Padre. 
 
A termine della meditazione (che nelle prossime ore sarà disponibile in formato vocale), don Cesare ci introduce nella visita alla Basilica dell’agonia. La guida ci ricorda che fu costruita dai Francescani negli anni 1919-24 (arch. Barluzzi) sulle rovine dell’antica basilica bizantina. Nel pavimento attuale sono state rimesse in luce, protette da cristalli, alcune tracce del ricco mosaico antico. Il mosaico moderno, sopra l’altare nell’abside centrale, rappresenta l’agonia di Gesù nell’orto, mentre quelli delle absidi laterali, rappresentano il bacio di Giuda e la scena dell’arresto. È ben visibile sul pavimento della chiesa, davanti all’altare maggiore, la roccia dell’agonia di Gesù, protetta tutt’intorno da un basso recinto in ferro battuto. È così conservata sin dal IV secolo, tutto invita a fermarsi in preghiera con il racconto dell’evangelista Luca: Lc 22,39-46. “O Signore, donaci il coraggio di stare con te, perché solo tu sei la salvezza dell’uomo”. 
 
La sosta mariana della giornata è caratterizzata dal pellegrinaggio alla chiesa della Dormitio Mariae. Nel luogo della sepoltura della Vergine, abbiamo sostato in preghiera e cantato un delle più antiche antifone mariane. A seguire, ci siamo recati al Cenacolo. Luogo simbolo per tutti i sacerdoti, perché come ricorda mons.  Frisina:“qui è nato il sacerdozio e l’Eucaristia, pilastri fondamentali della vita della Chiesa”. L’edificio, ora occupato da una Yeshiva (scuola religiosa ebraica), fino al 1948 apparteneva ai musulmani. Ma tra il 1335 e il 1551 fu il convento francescano del Monte Sion e sede originaria del Custode di Terra Santa. Il Cenacolo, è l’ultima parte rimasta della chiesa bizantina erede della primitiva comunità apostolica (At 2-15). La sala superiore comunicava con la chiesa crociata attraverso archi ora chiusi.
 
La sala dove avvenne l’ultima cena, è lasciata a disposizione di tutti i cristiani i quali vi possono cantare e pregare -(anche noi abbiamo potuto, su suggerimento di don Marco, cantare e invocare lo Spirito con l’inno veni creator, e poi Fra’ Stefano nella commozione generale dei presenti, ha intonato con una melodia struggente le parole pronunciate da Gesù nell’ultima cena)-; ma non celebrare l’Eucarestia, almeno fino a quando il luogo non potrà tornare ad essere Chiesa. Mons. Frisina, sottolinea: “Ciascun consacrato è chiamato da Dio, da Gesù Cristo, proprio come avvenne per i primi discepoli, ad essere sacerdote. Ogni ministro di Dio, agisce “in persona Christi”, ed  attualizza il sacrificio della croce; trasforma il pane e il vino nel corpo e sangue di Cristo immolato per la nostra salvezza, ripetendo i gesti e le parole dell’ultima cena con la stessa autorità di Cristo”. 
 
Molto suggestiva la visita al “muro del pianto” di Gerusalemme. È il luogo più santo per la religione ebraica. Conosciuto anche come il Muro del Pianto, si trova nel cuore della Città Vecchia di Gerusalemme. Secondo le credenze ebraiche, si tratterebbe del muro che sorreggeva il primo e secondo tempio di Salomone. Il Muro Occidentale è l’unica vestigia del Tempio Gerusalemme nonché il punto più vicino al Sancta sanctorum. Il termine, tratto dall’Antico Testamento, si riferisce al santuario interno al Tabernacolo, e più tardi al Tempio di Gerusalemme, dov’era conservata l’Arca dell’Alleanza. Luogo santo, era accessibile unicamente al Grande Sacerdote durante la festa di Yum Kippur.
 
Costruito da Salomone nel X secolo a. C, il primo Tempio fu una prima volta distrutto da Nabucodonosor. Intorno al 20 a.C, un secondo Tempio venne ricostruito dal re Erode, per essere nuovamente distrutto dal generale romano Tito. Il Muro Occidentale ne rimane la sua unica vestigia. Il Muro Occidentale, d’altronde, sorregge parte della Spianata delle Moschee (il Monte del Tempio, per gli ebrei) dove si trova la Cupola della Roccia e la moschea. I Papi San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e più recentemente anche Francesco, si sono soffermati davanti al monumento, e come da tradizione ebraica, hanno apposto nella fessura del muro una preghiera per la pace. E anche noi sulla scia di questi luminosi esempi, vogliamo ripetere con il salmista “domandate pace per Gerusalemme, sia pace a coloro che ti amano, sia pace sulle tue mura, sicurezza nei tuoi baluardi”. E che la misericordia di Dio, possa far germogliare la pace nel cuore di tutti gli uomini. 
 
Don Salvatore Lazzara