Un’«inutile strage»/3 – Dalla Lettera “Il Dio che stronca le guerre” dell’Ordinario Militare

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Data l’importante ricorrenza di oggi (v. le due news precedenti) in appresso si è opportunamente voluto riprendere il paragrafo tratto dalla Lettera ai cappellani, ai militari e a tutti i fedeli della Chiesa Ordinariato Militare, a 100 anni all’inizio della Prima Guerra Mondiale e in occasione del Pellegrinaggio di Papa Francesco al Sacrario Militare di Redipuglia, del settembre 2014.
 
La cosiddetta Grande Guerra ha mostrato al mondo un cambiamento delle dinamiche dei conflitti: non più confinata a lotte locali tra eserciti dei singoli Stati, essa iniziava a rivelare un insolito potere di espansione, coinvolgendo sempre nuove Nazioni e, soprattutto, colpendo civili e innocenti, donne e bambini, luoghi significativi della cultura e dell’arte… A facilitare tutto ciò, il raffinato perfezionarsi delle armi, cui la scienza era asservita, e una sete di espansione crescente da parte degli Stati, con un equilibrio di alleanze sempre precario e, naturalmente, basato su interessi di parte più che su una vera e propria preoccupazione della difesa, soprattutto della difesa dei deboli.
Quella guerra, come ogni guerra, era davvero l’«inutile strage» di cui Benedetto XV, eletto proprio a poche settimane dall’inizio della Grande Guerra, parlò, offrendo una definizione rimasta nella memoria e nella storia.
E se si può non essere d’accordo sul fatto che, come qualcuno afferma, la I e la II Guerra Mondiale siano da considerarsi come un unico grande conflitto senza interruzione, bisogna tuttavia riconoscere che la pace delle vittorie e dei “trattati” stipulati dopo la Grande Guerra era troppo fragile; tra l’altro, nel mondo si affacciavano nuove motivazioni di natura sociale, economica o razziale, destinate a rivelare ben presto una concreta pericolosità bellica.
La pace dei trattati e della vittoria non basta. Non basta la pace dei confini riconquistati, forse quegli stessi confini che, paradossalmente, verranno ridisegnati da conflitti successivi, barattati per interessi di parte, talora rinnegati dagli stessi cittadini che si riconoscono in un’etnia piuttosto che in un’altra. Non basta la pace di un “controllo”, esercitato con la forza e illuso di tenere a bada le ingiustizie e le rivendicazioni dei popoli. Non basta neppure la pace della difesa, specie se continua ad essere alimentata dall’iniquo commercio delle armi. Perché la guerra è molto di più. È molto di più che un terreno da riconquistare, un’egemonia da riaffermare, un potere da dimostrare. La guerra è distruzione e morte, per questo è sempre sproporzionata, quale che sia la posta in gioco. E tale sproporzione non trova ragione solo nel numero delle vittime: nonostante sia difficilissimo stimarne il numero preciso, pare che la prima Guerra Mondiale abbia provocato tra i 15.000.000 e i 17.000.000 di morti e più di 20.000.000 tra feriti e mutilati. Pur essendo tali numeri spaventosi, non è semplicemente questione di numeri: nessuna posta in gioco, infatti, potrebbe valere una sola vita umana!
La guerra è molto di più. Dunque, la pace è molto di più!