Esperienza di “Carità-umanità” alla Piccola Casa della Divina Provvidenza (Cottolengo)

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(28-10-2019) “Caritas Christi urget nos”. È questo il particolare “saluto” che accoglie chiunque arrivi presso la Piccola Casa della Divina Provvidenza del Cottolengo di Trentola Ducenta (CE). Un “benvenuto” speciale, ripreso dalle parole di San Paolo ai Colossesi, che costituisce un vero e proprio programma: di vita, di vocazione cristiana, ma soprattutto di autentica testimonianza evangelica al servizio dell’uomo, come immagine di Dio.

Fin dai primi passi che si muovono all’interno di questo “microcosmo”, che è la Piccola Casa, ciò che colpisce è l’immediato clima familiare con il quale si viene accolti: qui ci si sente subito come a casa propria, pur rimanendo solamente degli ospiti. Anche se, sin da subito, ci siamo accorti che “ospiti” non eravamo noi, seminaristi Giuliano, Giuseppe e Giovanni che assieme al vice rettore don Rino, al termine dell’anno formativo, abbiamo avuto l’opportunità di poter prestare un servizio di apostolato e di volontariato presso la Piccola Casa dal 15 al 28 luglio.

Già, “ospiti”, per definizione e per antonomasia, secondo quanto credeva e affermava il Santo Giuseppe Benedetto Cottolengo sono: i poveri, i nostri padroni, e bisogna trattarli come tali”. I poveri, bisognosi di amorevoli cure, sono gli ispiratori del carisma cottolenghino, il perno che fan delle Piccole Case della Divina Provvidenza delle “enclave di paradiso”. Qui la spiritualità del fondatore incarna in maniera autentica il Vangelo della carità verso il prossimo; qui si sovvertono le logiche del mondo: il povero malato è il padrone e tutti, proprio tutti, dalle suore consacrate alle diverse tipologie di professionalità e volontariato, sono a loro servizio e non esistono per altro.

La nostra giornata all’insegna del servizio presso la Piccola Casa, aveva inizio dalle ore 7.00. Unitamente alle suore vivevamo “l’incontro più importante di tutta la giornata”, quello con Gesù, nella celebrazione della Santa Messa e a seguire le lodi.

Dalle 8.15 il programma giornaliero ci chiedeva di trasferire gli ospiti, tramite i mezzi adatti, presso una struttura balneare a Ischitella Lido a supporto delle suore responsabili di questa attività, suor Umberta e suor Francesca, e degli operatori e volontari. La preghiera introduttiva del mattino, unita all’animazione con alcuni canti, ha accompagnato il nostro percorso, rallegrando lo spirito e regalandoci un sorriso fin dalle prime ore del giorno.

Già dal tragitto che ci portava verso il mare, abbiamo avuto modo di conoscere in maniera più diretta alcuni degli ospiti, le loro storie e ciò che li rendeva “speciali” ai nostri occhi, ma soprattutto abbiamo potuto legare con loro delle belle relazioni di amicizia.

In queste giornate, due importanti presenze sono state il nostro riferimento per meglio definire il nostro servizio. Abbiamo avuto la gioia di incontrare i coniugi Pina ed Antonio (don). Ambedue insegnanti di religione, assieme profondamente legati e votati alla spiritualità del Cottolengo, tanto da fondare il loro matrimonio sul servizio verso i fratelli bisognosi, da essere loro “dirimpettai”. Antonio, per tutti “ron Antonio”, inoltre, ha la peculiarità di vivere in maniera più diretta e radicale questo spirito di servizio verso i poveri e gli ultimi – quelli che lui stesso definisce “le membra sofferenti del Cristo sulla terra” – attraverso il suo ministero di diacono permanente.

Nella struttura balneare dopo un momento iniziale di condivisione della Parola di Dio, di mediazione che a turno tenevamo noi seminaristi, don Rino, Pina, i giovani del servizio civile e i preziosi volontari cottolenghini, la nostra giornata era interamente dedicata a quelle che erano le esigenze degli ospiti: dall’accompagnamento in spiaggia per un lieto bagno in mare alle passeggiate sul litorale, dalla condivisione di gioco e svago in piscina alla assistenza e preparazione del pranzo alla scuola dello chef “ron Antonio”, dalla condivisone del pasto a momenti di animazione e di ricreazione psicofisica. Ogni attimo in cui siamo stati chiamati a “stare” con loro, prima e più ancora che dare o fare, è stato per noi importante e inestimabile momento di crescita e formazione umana e spirituale.

Quando nel weekend non era previsto “Ischitella Beach” il servizio di ausilio durante i pasti e di compagnia quotidiana lo si rendeva nei nuclei famigliari della Piccola Casa.

Inoltre, la nostra permanenza nel territorio campano, è servita anche a rafforzare quel particolare legame di fraternità sacerdotale con i cappellani militari della zona pastorale, don Gerardo, don Pasquale, don Antonio, con i quali abbiamo potuto condividere preziosi momenti di “diocesaneità” nelle serate libere.

Una è stata riservata all’incontro con seminaristi e i superiori del Primo Anno del Seminario Regionale di Molfetta in visita a Scampia e a Casal di Principe sui passi di don Peppe Diana. Questo momento di confronto ecclesiale ci ha permesso di raccontarci come diocesi particolare, di farci conoscere e, magari, apprezzare meglio come realtà particolare di “vocazione nella vocazione” a servizio degli uomini e donne con le stellette da cui noi tre seminaristi proveniamo.

Penso sia superfluo dire che questo periodo di apostolato presso la Piccola Casa non ci abbia lasciati indifferenti: abbiamo concluso con una forte “santa inquietudine” nel cuore tanto da venire sovvertiti nelle aspettative e nelle prospettive future.

Sono giunto al Cottolengo con la convinzione di dovermi mettere “a servizio del prossimo”, di dover “dare” e fare qualcosa a chi ne avesse bisogno; termino, invece, questa esperienza, con l’assoluta certezza di essere stato altamente beneficato da ogni membro della Piccola Casa. Ho ricevuto un dono, oserei dire vitale: una “overdose” giusta, doverosa e necessaria di umanità. Non è così troppo scontato.  Solo grazie ad un cuore intriso di umanità che un formando al sacerdozio acquisisce la capacità di penetrare nell’essenziale del mondo e delle cose con un’attività sensoriale nuova e redenta e con una compassione evangelica. Ho scoperto ciò che solo il cuore può vedere: che la parte bella per cui spendere la vita è quella nascosta in questi angoli di paradiso.

Per ogni singolo ospite, suora, volontario, operatore del servizio civile e socio-assistenziale, per ogni sguardo incrociato, sorriso scambiato, lacrima versata e fatica condivisa assieme, per tutto questo posso solo dire, unitamente ai miei confratelli, ciò che ho imparato al Cottolengo: “Deo gratias”!

Giovanni Fonseca