“Con gli occhi di Giuseppe” – Messaggio natalizio dell’Arcivescovo

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Natale ci interpella: un Bimbo nasce e ogni uomo può cercarlo in maniera diversa.

Gesù è cercato e accolto dai pastori, dai poveri, dai semplici; dai magi, dai ricchi, dai sapienti. Ma è cercato pure da Erode. La pace innocente della Notte di Betlemme vive il pericolo della guerra.

Sì. Anche Natale è mistero rifiutato. Erode è l’uomo del rifiuto, è la rappresentazione del Male. È l’icona della capacità distruttiva alla quale può giungere l’uomo; ma è anche l’icona di una “banalità del male”, ovvero di come la banalità di sentimenti, paure del cuore, sete di possesso e successo di una persona possa scatenare conseguenze irrimediabili per l’intera comunità.

Erode difende un potere che ritiene indiscusso ma che, poi, diventa arbitrario. Egli trasforma il potere di governare, di vegliare sulla giustizia e la pace del Paese, di emanare leggi giuste che rispettino i cittadini e i popoli, nel potere di distruggere gli innocenti, di uccidere i bambini, di annientare un’intera generazione; paradossalmente, di cancellare ciò che egli stesso sta cercando di difendere come sua proprietà. Erode mostra quale sia la radice della violenza, del sovvertimento politico e sociale, di ogni guerra: la difesa di ciò che si ha; la difesa di se stessi.

Anche un altro uomo, Giuseppe, difende, ma non se stesso. Giuseppe è l’uomo dell’accoglienza, è la rappresentazione del Bene. Difende un Bambino, un innocente sul quale, peraltro, non può rivendicare alcun possesso, ma davanti al quale può gustare l’intima consapevolezza di aver ricevuto un dono; un dono più grande di quanto avrebbe saputo sognare.

Giuseppe è l’uomo del sogno. Se Erode grida per la paura, egli, sognando, si sente dire “Non temere”. Accetta di custodire la vita di quel Bambino che è germe di un’umanità nuova, che è la Vita stessa. Giuseppe ha il coraggio di proteggere la Vita di Gesù; non difende se stesso ma il mistero della vita: la difende da Erode, dal male, da ogni violenza e distruzione. Per farlo, non esista a partire, a emigrare in Egitto finché sia passata la minaccia per il Bambino; non esita ad affrontare ogni forma di difficoltà e neppure a superare il suo senso di giustizia, la sua onesta osservanza della legge, con un sovrappiù di amore, che gli meriterà il ruolo di padre terreno del Figlio di Dio.

Carissimi militari, vorrei che contemplassimo questo Natale con gli occhi di Giuseppe.

Voi, come lui, avete accettato di difendere non voi stessi o il vostro potere, ma la vita umana, soprattutto la vita degli innocenti, dagli attacchi di ogni violenza, distruzione, disordine, guerra.

Voi, come lui, sapete sognare. Perché la pace è un sogno che non dobbiamo interrompere; che si sogna “da svegli”: si sogna con la fede che è operosità obbediente, con la speranza che diventa capacità creativa, con la carità che è il fuoco di un amore concreto, inatteso, persino eroico.

Voi, come Giuseppe, siete chiamati a riempire con l’amore il senso della giustizia, il servizio alla Istituzioni, le missioni internazionali, la prontezza del soccorso, l’impegno ad accogliere e salvare ogni vita, anche offrendo la vostra, come hanno fatto i caduti che ricordiamo con ammirato affetto.

Per questo voi, come Giuseppe, siete uomini e donne di coraggio, che “agiscono col cuore”. Un coraggio necessario per vivere il Natale: mistero spesso nascosto dietro gli abbaglianti del consumismo e rifiutato dalla paura di chi difende il proprio potere, ma risplendente nella fiamma semplice di un servizio che illumina, riscalda e protegge la vita di ogni piccolo e scopre, come Giuseppe, di aver custodito in lui il Bambino di Betlemme, il Figlio di Dio fatto Uomo.

Buon Natale!

Santo Marcianò