L’UOMO, UN’ULTERIORITÀ DA SCOPRIRE

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

(28-02-2020) Cos’è l’uomo se non un’ulteriorità? Con questo interrogativo Padre Paolo Benanti, professore di bioetica presso la Pontificia Università Gregoriana, conclude, nel terzo incontro, l’itinerario voluto da Mons. Santo Marcianò per la formazione permanente dei preti giovani presso il Seminario Maggiore dell’Ordinariato Militare per l’Italia “S. Giovanni XXIII”, aprendo spiragli nuovi per una contemporaneità in rapido sviluppo.

Molteplici infatti le sfide che essa offre, analizzate forse per la prima volta da un presbiterio così giovane, unitamente ai seminaristi, sotto la guida magistrale di Padre Benanti. Tra esse sicuramente il valore e il senso della vita umana in rapporto allo sviluppo tecnologico e in particolare all’Intelligenza Artificiale, oggetto di quest’itinerario, che anticipa in un certo qual modo il convegno che si svolgerà dal 26 al 28 febbraio presso la Pontificia Accademia per la Vita, al termine del quale verrà firmato da Brad Smith, presidente della Microsoft, e John Kelly III, vicepresidente esecutivo IBM, il “Rome Call for AI Ethics”, un documento che sancisce le direttive etiche per l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, al fine di dar vita ad un nuovo umanesimo tecnologico (da cui prende nome l’evento, “RenAIssance. Per un’Intelligenza Artificiale Umanistica”).

Ma in cosa consiste questo nuovo umanesimo? Come emerso in quest’ultimo incontro, l’uomo da creatura più perfetta della Natura si è pian piano “declassato” per giungere ad affermarsi grazie alla rivoluzione darwiniana quale semplice parte della Natura; dunque, questo umanesimo tecnologico non è altro che un riconsiderare «l’unicità che si riconosce universalmente all’essere umano nel complesso della natura», come scrive lo stesso Benanti in Le macchine sapienti. L’uomo è una complessità che va ben oltre il dato che le macchine assumono, a tal punto da esser definito da Benanti come un’ulteriorità, un’eccedenza.

La grandezza dell’uomo, dunque, è il riuscire ad esprimere questa  eccedenza e questo è possibile attraverso la creazione di artefatti, molteplici nel corso della storia, che vedono il linguaggio come il primo in assoluto fino all’Intelligenza Artificiale, artefatto per eccellenza della contemporaneità. Ecco, quindi, la questione di fondo dell’evo contemporaneo, ovvero scoprire il ti estì, il che cos’è l’uomo. Da ciò, l’importanza del ministero del cappellano militare, come ricorda Padre Benanti, ovvero capire la priorità dell’umano, in particolare nel mondo militare, che maggiormente dialoga con le nuove sfide tecnologiche: esempio è la genesi del “super-soldato”, idea che prende sempre più piede nelle forze armate dei Paesi più avanzati tecnologicamente, tuttavia con risvolti drammatici, poiché non solo mortifica quell’eccedenza che è propria dell’umano, ma ripropone una visione meramente funzionale, ovvero l’uomo quale semplice parte della Natura, come sopra detto, e dunque deficitario e necessitante di “potenziamenti” o enhancement, come sono definiti da Benanti in Postumano troppo postumano. Una visione cieca questa che se da una parte non lascia spazio a quell’ulteriorità propria dell’umano, dall’altra non può ammettere per l’uomo una speranza di salvezza, se non attraverso la macchina.

Nella S. Messa conclusiva dell’incontro l’Ordinario Militare ha quindi assegnato ai cappellani il compito di «dare ragione della speranza che è in voi», e questa speranza non può che essere la fede.

Giuliano Paffetti