Qual è la nostra “missione” nel mondo?

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(05-04-2022) Giovedì 31 Marzo, presso il Comando Genio, all’interno del Comprensorio Militare della Cecchignola, si è svolto il quarto ed ultimo incontro della Scuola di Preghiera guidato da mons. Santo Marcianò, Ordinario Militare per l’Italia, ed ha ha visto la partecipazione di oltre duecento militari provenienti da diverse Scuole e realtà presenti sul territorio laziale.

La Scuola di Preghiera ha avuto una denotazione “interforze”, tradotto, è stata un’esperienza ecclesiale sinodale che ha visto la partecipazione dei giovani colma di grande curiosità, attenzione e senso di gratitudine. Gli appuntamenti sono stati scanditi dagli interrogativi profondi posti agli stessi dal Vescovo che ad ogni incontro non ha mancato di incalzare sfiorando le coscienze ed il cuore di ciascuno dei presenti.

Dopo un breve saluto introduttivo rivolto a “don Santo” da una giovane della Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma, che ha saputo in modo toccante e profondo interpretare in sentimenti di tutti i presenti, il Vescovo è intervenuto per salutare e ringraziare i militari per l’assidua e numerosa partecipazione agli incontri. Appuntamenti che, come don Santo stesso ha ricordato, sono stati guidati dalla Parola, soprattutto, e da parole che, anche se usate abitualmente, trovano una particolare collocazione nella nostra vita se radicate in Dio.

Partendo dal termine “sogno” che è stato sviscerato, meditato ed interiorizzato nel primo incontro, si è giunti alla parola “felicità” che rinviene il suo pieno significato nell’esatto momento in cui si dona. Questo messaggio così profondo e diretto non può che essere trasmesso in primis ai giovani, in vista del loro percorso di crescita e maturazione e della forza con cui possono essere in grado di coltivarla.

Ed è proprio a tutti quei giovani che non hanno ancora l’animo assuefatto al male, alle ingiustizie e alle menzogne che si rivolgeva Raoul Follereau con parole di incitamento ad operare a favore degli altri: la sua voce è sincera perché egli per primo ha messo la sua vita al servizio degli altri. Il suo motto era: “Nessuno ha il diritto di essere felice da solo”, in quanto secondo l’autore “Manca una sola cosa alla mia felicità, vederla estesa a tutta la terra” (Raoul Follereau,“Il libro d’amore”).

Tutti vogliono la felicità, tutti la cercano, ma soprattutto è Dio che ci vuole felici, come sottolineato da don Santo che ha rivolto ai giovani delle domande profonde esortandoli ad una viscerale riflessione che potesse dare un riscontro attraverso la preghiera che da li a poco ne sarebbe seguita.

Felicità piena che per il cristiano consiste nella Santità, poiché il santo è colui che vive la vera felicità, che di conseguenza porta al vero amore di cui abbiamo bisogno. Tre domande sono state consegnate: “Vuoi essere felice? Vuoi essere santo? Hai bisogno di amore?”.

La Risposta questa volta arriva dal Papa, il quale ci ricorda come tutto questo non può essere trovato se si pensa solo a cose materiali o ai piaceri della vita o se ci si lascia trasportare da tutte quelle passioni malsane che ci allontanano da Dio e che ci incatenano al mondo.

Il santo è colui che è felice perché innamorato di Dio, ma non per forza bisogna essere single per amare il Signore. Si può essere sacerdoti, suore o anche una coppia, che in tal caso può amare Dio consegnandogli la vita di comunione e vivendo il proprio amore come testimonianza della Sua presenza.

Le parole “amore”, “felicità” e “santità” sono state dunque usate in questo incontro come dei sinonimi, in senso univoco, con l’unico fine che si denota, che è quello di compiere la propria missione che altro non è che testimoniare l’amore nella misura in cui l’utilità che né deriva diventa utile agli altri e fonte di propria felicità.

Si è sottolineato più volte come Dio affidi a ciascuno di noi una missione, che sta a noi cercare di capire di cosa si tratti, così come l’ha intesa San Francesco d’Assisi, ossia “ciò che Lui vuole che facciamo per Lui”, nella consapevolezza che solo se noi assecondiamo e seguiamo quello che Dio ha pensato per noi saremo veramente felici, consapevolezza che affiora in noi con la preghiera, scendendo attraverso il silenzio nelle profondità del nostro Io. Quindi bisogna capire per chi siamo noi e per chi ci ha fatto il Signore.

Capire la propria vocazione diventa quindi di vitale importanza per il cristiano perché come l’Ordinario ha sottolineato “Lui è morto per noi, e quindi noi cosa possiamo fare per Lui?”

Questa splendida riflessione è confluita in un commovente e toccante momento di adorazione eucaristica – animato dalla una corale composta di giovani musicisti e cantori militari coordinati dai seminaristi – durante il quale i sacerdoti erano a disposizione per le confessioni individuali.

L’incontro si è poi concluso con il ringraziamento ai giovani militari che con la loro voglia di mettersi in gioco, emersa chiaramente attraverso una viva partecipazione, hanno impressionato e toccato il cuore del vescovo, il quale ha augurato loro di scoprire il progetto che Dio ha pensato per ciascuno nel proprio cammino di vita. Un sereno momento conviviale ha permesso di salutarci e conoscerci tutti.

Salvatore Guarneri