Intervento all’incontro (Abbattere le disuguaglianze Valorizzando le differenze) per la Presentazione degli Atti del III Festival della Dottrina Sociale

4 marzo – Camera dei Deputati, Sala Aldo Moro   Sono lieto di trovarmi qui per una riflessione che ruota attorno alla Dottrina Sociale della Chiesa: un patrimonio di cui, sempre più, scopriamo l’ampiezza e la profondità; su cui possiamo fare affidamento per affrontare problemi concreti e anche sfide molto esigenti; da cui, per dirla in termini evangelici, dobbiamo avere la sapienza di saper trarre fuori «cose antiche e cose nuove» (cfr. Mt 13,52): queste, mentre sembrano riportarci ai problemi più concreti, ci chiedono in realtà di sollevare lo sguardo perché esso sia capace di interpretare la realtà, anche la realtà sociale, con la luce – si esprime letteralmente così anche Papa Francesco nel messaggio inviato al Festival di Dottrina sociale – della «mistica»[1]. In questa luce, lo comprendiamo bene, il tema del Festival che stasera ricordiamo ci offre una grande provocazione: lo sguardo mistico, direbbe Benedetto XVI, è «un cuore che vede»[2], e perciò impreziosisce le differenze, le coglie nella sfumatura dei particolari e nella loro trascendenza, le colloca in un contesto appropriato perché, lungi dall’essere motivo di disuguaglianza, siano premessa e promessa di armonia.   A questa cultura della differenza, intesa come cultura dell’armonia, penso possa offrire un contributo prezioso anche la realtà della Chiesa particolare che è l’Ordinariato Militare la cui missione specifica, se così si può dire, è proprio educare all’unità in situazioni in cui le differenze creano disagi, provocano tensioni, persino esplodono in conflitti e guerre. La nostra Chiesa sa che grande è la sua responsabilità e delicato, perciò necessario, il suo compito in tali contesti, come germe e testimonianza di una cultura della pace da trasmettere nella cura spirituale e formazione delle coscienze. Come non citare, a questo proposito, la semplice e profondissima mistica della pace racchiusa nel celebre invito a «cercare sempre ciò che unisce», così spesso ripetuto dal Beato – e presto Santo – Giovanni XXIII, il Papa della Pacem in terris, il quale ha vissuto l’esperienza della guerra e il ministero di cappellano militare? Dietro questa lapidaria espressione, come dietro il bel disegno del poliedro, si nasconde però un lavoro paziente, difficile e indispensabile, concreto e mistico assieme, che è l’educazione.   In questa chiave, mi piace interpretare l’educazione alla pace e alle differenze con alcuni principi che lo stesso Papa Francesco ha esplicitato nella sua recente Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium:   1.   «Il tempo è superiore allo spazio»[3]. È un principio che chiede l’attenzione a privilegiare i processi di costruzione del popolo, che si sviluppano nel tempo e richiedono la pazienza, più che i risultati immediati, che spesso sembrano mirare più all’occupazione di spazi politici e al rendimento. 2.    «L’unità prevale sul conflitto»[4]. È il principio che aiuta a cercare quella «terza via» che consente di affrontare i conflitti, senza schivarli né restarne imbrigliati: si tratta di sforzarsi per trasformare il conflitto, sviluppando una «comunione nelle differenze» e scegliendo la «solidarietà» come «stile di costruzione della storia». 3.    «La realtà è più importante dell’idea»[5]. È il principio secondo il quale, senza ricadere in fondamentalismi o totalitarismi, né in idealismi o eticismi, bisogna saper elaborare con l’idea la realtà, rispettando la storia, che è un’idea incarnata, e incarnando le idee in quelle opere di giustizia e carità che cambiano la storia umana. 4.    «Il tutto è superiore alla parte»[6]. È la capacità di allargare lo sguardo, anche quando si lavora nel piccolo, affondando sempre «le radici nella terra fertile e nella storia del proprio luogo, che è un dono di Dio», e valorizzando come modello, come si è detto, non la sfera, «dove ogni punto è equidistante dal centro», ma «il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità». È l’immagine dell’umanità, quella che il Santo Padre sintetizza, contemplata nella sua realtà storica presente ma capace di memoria passata e proiettata al futuro. È l’immagine dell’interiorità di ciascuno di noi, chiamato prima di tutto a fare armonia in se stesso e, così, diventarne testimone e operatore. È l’immagine, sulla quale ho voluto aprirvi uno spiraglio della vocazione dei nostri militari oggi: penso alla custodia della persona umana, delle città, dell’ambiente; penso alla solidarietà che li vede impegnati a sconfiggere con le armi della vicinanza i conflitti, evitando, per quanto possibile e sempre più, di assumere lo stile del conflitto; penso alle opere di giustizia e carità che, specie nelle missioni di pace, contrastano i fondamentalismi e i totalitarismi e si pongono a servizio della libertà; penso alle tante culture nelle quali essi si trovano ad operare radicandosi, in certo modo, anche in terre lontane e diverse. E penso all’opera che, in Italia, portano avanti, lottando proprio contro la diseguaglianza che si fa discriminazione, indifferenza, rifiuto, abbandono, scarto, e contribuendo così a educare alla pace e alle differenze. Carissimi amici, in un tale orizzonte educativo ogni realtà socio-culturale ha un suo originale compito. Potremmo, solo come esempio, provare a riapplicare l’immagine del poliedro, affermando che, per educare in modo efficace a una differenza che non sia concepita come diseguaglianza occorre farlo il più possibile in modo completo e integrato, riconoscendo ciascuno le proprie responsabilità e specificità e armonizzandole con le altre. Anche la tradizione cristiana sente di poter dare il suo contributo a questa cultura. Lo fa a partire dalla preziosità del patrimonio biblico che radica, già nella prima differenza uomo-donna, l’antropologia di due diversità che si armonizzano, riscoprendosi nella pari dignità di creature umane, fatte a immagine e somiglianza di Dio e chiamate a raccogliere, proprio grazie alla differenza e al rifiuto della diseguaglianza, il germe di un qualcosa che si schiude all’esperienza dell’essere umano: la comunione. A questa comunione, senso e approdo della differenza, senso e approdo della vocazione relazionale della persona, è urgente riprendere a educare; di questa comunione, con grande umiltà, impegno e speranza, è indispensabile e doveroso essere tutti, e insieme, a servizio. Grazie di cuore!   X Santo Marcianò


[1] Cfr. Francesco, Video-Messaggio per il Terzo Festival della Dottrina Sociale della Chiesa, Verona, 21-24 novembre 2013
[2] Benedetto XVI, Lettera Enciclica Deus Caritas Est, n. 25
[3] Cfr. Francesco, Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, nn. 222-225
[4] Cfr. Ivi, nn. 226-230
[5] Cfr. Ivi, nn. 231-233
[6] Cfr. Ivi, nn. 234-237
15-05-2014