Basilica di San Giovanni in Laterano – L’omelia dell’Ordinario Militare nella festa di S. Barbara

04-12-2014
Carissimi fratelli e sorelle,

siamo qui per celebrare insieme il ricordo di Santa Barbara, Patrona della Marina Militare, e la memoria è sempre occasione per una novità, per una nuova strada da intraprendere, per nuove sfide da affrontare, per nuove consapevolezze e scelte da maturare. Paradossalmente, è più aperto al futuro proprio chi è più capace di memoria, perché l’albero che ha radici più profonde è più fecondo, è più capace di far germogliare nuovi frutti. Ed è bello che, facendo memoria della vostra Santa Patrona, voi esprimiate la consapevolezza che la memoria che ci identifica non è solo una memoria storica, culturale, corporativa ma una memoria trascendente, una memoria fatta di quei valori che la Santità ispira e accompagna a realizzare. Per questo, sono particolarmente lieto di accogliervi in questa Basilica Cattedrale di Roma Ringrazio per le parole di saluto e con cui è stato ricordato il grande impegno della Marina, l’operato di tutti voi, i vostri sacrifici, la vostra vita che si consuma a servizio del nostro Paese. Ed è veramente prezioso il servizio che svolgete, per la Nazione Italiana e per l’Europa, che nel mare vede non tanto un confine da difendere, nelle diverse situazioni di guerra a cui partecipate come operatori di pace, quanto una porta da tenere aperta su un mondo sempre più globalizzato ma che sempre più rischia la «globalizzazione dell’indifferenza». Lo ha ricordato anche recentemente Papa Francesco a Strasburgo, cercando di ridestare il vecchio Continente alla verità, scomoda ma schiacciante, che la perdita della «dignità trascendente» dell’uomo diventa una via di disumanizzazione[1]. E un tale allarme riecheggia anche nella domanda stessa di Gesù nel Vangelo (Lc 9,23-26): «Che giova al mondo guadagnare il mondo intero se poi perde o rovina se stesso?». Spesso il criterio di valutazione delle azioni, delle scelte – a livello personale e istituzionale – è realmente il guadagno: guadagnare addirittura «il mondo intero» dice Gesù. La logica economica o l’assolutizzazione del potere diventano imperanti, esigono sempre di più, producono vittime innocenti e scarti della società, e portano a una «rovina» dell’umano. Qual è l’antidoto a tale rovina? «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me la salverà», spiega Gesù: dunque, non «salvare» la vita ma «perdere» la vita. Quanto è vero, cari amici, che questo è il criterio della vostra missione, è – direi – il vostro programma di vita! Quanto è vero che è questa la forza che anima la vostra dedizione, che permette il distacco dai vostri affetti, che offre un senso al dolore dei feriti e al sacrificio grande dei caduti! Oggi ricordiamo così tutti loro e tutti voi, che non pensate a salvare la vostra vita ma quella altrui. Ricordo soltanto quante vite umane sono state salvate dall’Operazione italiana Mare Nostrum, da poco sostituita con i presidi Europei. Ma anche l’Europa ha bisogno della Marina italiana, perché offra servizi e, al contempo, insegni uno stile di rispetto e accoglienza. «Non si può tollerare che il Mar Mediterraneo diventi un grande cimitero!», ha gridato Papa Francesco al Parlamento Europeo, denunciando la questione migratoria come emergenza da fronteggiare con soluzioni politiche adeguate ma che sappiano tener conto «della dignità umana dei migranti»[2]. Di questa dignità voi siete stati e siete a servizio, riconoscendo in essa un appello alla giustizia che accoglie, non al potere che scarta. La prima Lettura (Sap 3,1-9), tuttavia, parla di un altro potere, quello che Dio stesso dona proprio alle «anime dei giusti» i quali, dice letteralmente il testo biblico, «governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro». I «giusti», secondo il Libro della Sapienza, sono coloro che vivono nelle prospettiva dell’eternità; sono coloro dei quali ogni gesto, dal semplice atto di amore al sacrificio estremo della vita, rimane per l’eternità. Sono coloro che sanno «perdere» la vita perché sanno che la vita è eterna, perché «la loro speranza è piena di immortalità». Mi piace pensare che questa è anche la vostra prospettiva, cari militari della Marina; quella di una vita persa perché donata; una vita non chiusa, ripiegata su se stessa, ma aperta – se posso osare un’immagine – come il mare al quale siete inviati, che si affaccia sul meraviglioso creato da custodire e sui bisogni concreti dell’umanità da soccorrere. «Le anime dei giusti sono nella pace», abbiamo ascoltato dalla prima Lettura. Già l’accorgersi di questi bisogni è una potente opera di pace, possibile a chi ha il coraggio di aprirsi alla giustizia e alla carità, per «riconoscere nell’altro non un nemico da combattere ma un fratello da accogliere»[3]. E il vostro operare per la pace si concretizza anche in quelle Missioni di pace nelle quali siete chiamati a portare non solo la competenza della difesa ma pure la preziosità della cultura e identità europea che, come ha affermato Papa Francesco, è «indispensabile nei rapporti con gli altri Paesi vicini, particolarmente con quelli che si affacciano sul Mediterraneo, molti dei quali soffrono a causa di conflitti interni e per la pressione del fondamentalismo religioso e del terrorismo internazionale»[4]. Sono consapevole di come la vostra sia un’opera per la quale non vi ringraziamo abbastanza ma oggi, in questa Eucaristia, io voglio farlo con tutto il cuore. Sì, la vostra missione non è sempre pienamente compresa, a livello di opinione pubblica e talora anche a livello istituzionale; questo, assieme alle tante difficoltà che la vostra missione porta con sé, può causare qualche sofferenza. Ma è qui che si radica il mistero della croce che ci unisce a Gesù, ci assicura che stiamo seguendo Lui, ogni giorno, nelle fatiche e nelle sfide del quotidiano compimento del dovere: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinnegi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua». Non è forse questo che ha fatto Santa Barbara? Carissimi, nella simbologia biblica il mare è il mondo, anche il mondo del male. Il mare rappresenta ciò che nell’uomo va aiutato, guarito, supportato. Il mare fa paura ma si deve attraversare per raggiungere l’uomo che ha bisogno dell’aiuto del fratello e, attraverso esso, dell’aiuto di Dio. E si può attraversare solo se, come dice il Salmo (Sal 30), ci si affida alle mani del Signore. È l’augurio che vi faccio, chiedendo che siate illuminati dall’esempio e accompagnati dall’intercessione di Santa Barbara, perché Dio stesso ha attraversato il mare dell’uomo, facendosi Uomo e abitando in mezzo a noi. E noi Lo ringraziamo mentre, in questo tempo di Avvento, ci prepariamo ad accoglierLo ancora una volta nel Mistero del Natale, che sempre ci apre alla novità di accogliere ogni povero, ogni straniero, ogni fratello: in Lui, per Lui, come Lui.                                                                                      X Santo Marcianò

[1] Cfr. Francesco, Discorso al Parlamento Europeo e Discorso al Consiglio d’Europa, Strasburgo, 25 novembre 2014
[2] Francesco, Discorso al Parlamento Europeo, Strasburgo, 25 novembre 2014
[3] Francesco, Discroso al Consiglio d’Europa, Strasburgo, 25 novembre 2014
[4] Francesco, Discorso al Parlamento Europeo, Strasburgo, 25 novembre 2014