Fiumicino, celebrazione parrocchia Aeroporto, 21 febbraio 2022

21-02-2022

Carissimi, la scena evangelica (Mc 9,14-29) si svolge mentre Gesù, sceso dal Monte Tabor dove era avvenuto l’episodio della Trasfigurazione, raggiungendo i discepoli «vede molta folla». Folla che Lo circonda, Lo raggiunge, vuole parlare con Lui. Folla che Gesù guarda e, nella folla, guarda ogni persona, fino a posare gli occhi su un padre, il quale ha portato il figlio posseduto da uno «spirito muto».

In una folla, sempre c’è la persona al centro!

È singolare, tuttavia, che Gesù non veda direttamente il ragazzo, ma chieda alla folla cosa stia succedendo e siano gli altri a indicare il problema. In seguito, «vedendo accorrere la folla» – specifica ancora il Vangelo -, Egli opererà il miracolo di liberare il ragazzo dallo spirito impuro. In un certo senso, la folla sembra protagonista del racconto.

Immaginiamo, per un attimo, che oggi accada qualcosa di simile. Immaginiamo Gesù scendere da un aereo e arrivare qui… quanta folla incontrerebbe!

Pochi luoghi sono così affollati come l’Aeroporto Internazionale di una grande città come Roma.

Quanta folla!

Folla di viaggiatori in arrivo o in partenza, turisti, uomini di affari; persone che fuggono da situazioni difficili, che desiderano riabbracciare i propri cari, che viaggiano per motivi di salute, che si fanno pellegrini nel cammino di fede; autorità alle quali occorre far spazio allontanando la folla…

Ma c’è anche la folla di chi, in questo luogo, viene a lavorare. Ci siete voi, carissimi operatori aeroportuali: donne e uomini numerosi e impegnati in mansioni diverse, attenti a far procedere il lavoro affinché l’Aeroporto sia non solo efficiente ma accogliente. Voi siete una “folla” a servizio dell’altra “folla”.

Il lavoro è servizio. È, dice il Concilio, un modo in cui «l’uomo provvede abitualmente al sostentamento proprio e dei suoi familiari, comunica con gli altri, rende un servizio agli uomini suoi fratelli e può praticare una vera carità e collaborare attivamente al completamento della divina creazione»[1].

È bello pensare che la vostra opera sia creatrice e creativa; produca qualcosa di nuovo, sempre in relazione alla novità che è ogni persona. Ciascuno è autorizzato a pensare che questo aeroporto, questa folla lavorativa, non sarebbe uguale senza di lui o lei.

Ma l’efficacia del vostro lavoro supera la semplice efficienza; la sua creatività si radica nella carità, nell’amore, affinché il lavoro di tutti – dai dirigenti agli impiegati, dagli operatori di volo al personale delle varie ditte che provvedono al sostentamento dell’Aeroporto – sia un vero servizio e questo diventi luogo in cui, tra la folla, ci si accorge della persona singola, prendendola in carico con le sue esigenze.

Questo luogo così affollato, tuttavia, per lungo tempo è stato vuoto. Il virus Covid 19 ha fermato la frenesia della folla, ha spento il tabelloni di volo, ha chiuso le piste, ha abbassato le saracinesche dei servizi commerciali, ha interrotto contatti internazionali e relazioni umane importanti.

La folla è rimasta a casa. E sono rimasti a casa, purtroppo, tanti lavoratori, molti di voi: una crisi sanitaria, economica – le cui conseguenze sono ancora in atto – ha fermato il mondo e l’immagine restituita dal grande Aeroporto di Fiumicino è stata particolarmente dolorosa. Lo è stata anche in seguito, quando questo stesso luogo, come tanti altri, è stato trasformato da diversi presidi sanitari di controllo e prevenzione; al loro servizio, in particolare, si è spesa e si spende l’opera delle nostre Forze Armate e Forze dell’Ordine, sempre integrate nell’organizzare la vita aeroportuale ma, come tutti sappiamo, sollecitate in modo speciale dall’emergenza pandemica.

Lo stato d’animo che ci ha abitato, specie nei mesi più critici della pandemia, era forse simile a quello del padre che, nel Vangelo, si rivolge a Gesù per il male inspiegabile che ha colpito e bloccato il figlio. Un male che grida, sconvolge, uccide e dinanzi al quale tutta la folla sembra impotente, come lo sembrava tutto il mondo dinanzi al Covid 19…

Oggi, grazie a Dio, l’Aeroporto si sta ripopolando. La vita, pian piano, sembra rianimare le nostre città. Voi siete tornati al lavoro; spero tutti voi, affinché sia preservata la dignità personale, non solo l’economia del Paese: «Il lavoro umano, con cui si producono e si scambiano beni o si prestano servizi economici – aggiunge infatti Gaudiun et Spes -, è di valore superiore agli altri elementi della vita economica, poiché questi hanno solo valore di strumento»[2].

Certo, permane grande paura del virus, non ancora debellato, e un velo di angoscia sembra ancora ricoprire l’umanità.

Nella folla a servizio della quale lavorate, e nella folla con la quale lavorate, rimangono tante povertà e storie difficili e dolorose, come quella di un padre e di un figlio prigioniero del male. Rimane qualcuno che ha bisogno che la folla non sia un mare che annulla ma si stringa attorno a lui: forse attorno a un collega che ha perso il lavoro, forse attorno a un passeggero che appare noioso e stanco ma mendica speranza…

I discepoli, dopo aver lasciato la folla, chiedono in privato a Gesù: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Anche noi Gli rivolgiamo tale domanda.

Cosa è cambiato nel mondo e nel nostro lavoro?

Come scacciare questa angoscia e paura?

Come scacciare il male e vincere i problemi?

E Gesù sembra indicare due vie.

La prima è la «sapienza che viene dall’alto» e che, dice la prima Lettura (Gc 3,13-18), «anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera». Potremmo chiamarla la sapienza della fraternità.

Cari amici, siate una folla di fratelli! Vivete il vostro lavoro in modo sinodale. «Il lavoro – ha detto Papa Francesco – è un fattore indispensabile per costruire e preservare la pace. Esso è espressione di sé e dei propri doni, ma anche impegno, fatica, collaborazione con altri, perché si lavora sempre con o per qualcuno»[3]. Immagino che in questa comunità, oltre che in Parrocchia, si celebri il Sinodo; e Sinodo, non dimentichiamo, significa camminare insieme.

La seconda via indicata da Gesù è la preghiera: ed è qui il senso della nuova Cappella dell’Aeroporto. Frequentatela, sentitela casa vostra; rendetela il «cuore» pulsante e silenzioso di questo Aeroporto. La Cappella è il segno visibile e reale della presenza di Cristo, del fatto che Egli non ci abbandona e si accorge sempre di ciascuno, in mezzo a ogni folla.

Così, la folla che qui passa potrà respirare efficienza e competenza, accoglienza e speranza; potrà fare esperienza d’amore perché voi, folla di fratelli, come la folla attorno a Gesù saprete ogni giorno operare, con la forza della preghiera, il miracolo dell’amore.

Il Signore vi benedica. E così sia.

Santo Marcianò

[1] Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione  Gaudium et Spes, 67

[2] Ibidem

[3] Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 2022