Giornata del malato – Omelia dell’Ordinario nella celebrazione al Celio

08-02-2018
S. Messa nella Giornata del Malato

Roma, Ospedale Militare del Celio, 8 febbraio 2018 Carissimi fratelli e sorelle, è una tappa importante, quella di oggi. La Celebrazione della Giornata Mondiale del Malato, che la Chiesa ha voluto istituire proprio per ricordare come le persone sofferenti, nel corpo e nello spirito, siano al centro della sua cura e debbano stare sempre al centro della comunità, di ogni comunità. Siamo in una struttura importantissima per la comunità militare e qui tale centralità si respira. È il segno, l’Ospedale del Celio, di una famiglia che si prende cura dei suoi membri afflitti da sofferenza e malattia, che ad essi dedica risorse economiche, personale specializzato, ricerche e strumenti, vicinanza umana. Vi porto un saluto pieno di stima, affetto, gratitudine, per quanto operate per tanti militari, per tutti noi. È un grande servizio quello che fate, rendendo questo un luogo che appartiene a tutti; ed è una grande prova di come le scelte a servizio del bene comune, che è poi il bene di ciascuno e di tutti, siano sempre a vantaggio della collettività.    Il grado di civiltà di un popolo, in fondo, si misura proprio dalla cura che esso riserva ai membri più deboli, nella consapevolezza che la persona umana, ogni persona umana, è sempre il patrimonio più intangibile e prezioso.   E proprio la centralità della persona ha bisogno oggi di essere riaffermata, per un approccio sanitario che sia a servizio della salute integrale dell’uomo. È l’approccio di Gesù nel Vangelo (Mc 7,24-30): la guarigione della bimba «posseduta da uno spirito impuro»; ed è quello che Gesù sempre fa. Egli – scrive il Papa nel Messaggio per questa Giornata – «ha incontrato molte persone malate nello spirito, perché piene di orgoglio, e malate nel corpo. A tutti Egli ha donato misericordia e perdono, e ai malati anche guarigione fisica, segno della vita abbondante del Regno, dove ogni lacrima viene asciugata»[1]. Senza alcuna retorica, occorre che sappiate sempre più guardare così alla vostra missione: come a una strada per asciugare le lacrime. E proprio una tale prospettiva permette – il Papa lo sottolinea – «che la persona del malato venga rispettata nella sua dignità e mantenuta sempre al centro del processo di cura». Certo, questo induce a scelte coraggiose e illuminate «ad esempio – continua il Messaggio di Francesco -, a preservare gli ospedali cattolici dal rischio dell’aziendalismo, che in tutto il mondo cerca di far entrare la cura della salute nell’ambito del mercato, finendo per scartare i poveri. […]. E questi orientamenti devono essere propri anche dei cristiani che operano nelle strutture pubbliche e che con il loro servizio sono chiamati a dare buona testimonianza del Vangelo»[2].   Nel racconto evangelico, chi viene guarita è la figlioletta di «una donna di lingua greca e di origine siro-fenicia»; una straniera, il cui bisogno, preso in considerazione – questo è interessante -, la fa sentire «figlia» agli occhi di Gesù. Sì. È con occhi, con cuore di madre che, come Chiesa, siamo chiamati a guardare ai nostri fratelli sofferenti, siano essi italiani o stranieri, poveri o scartati… a farlo, come il Papa suggerisce, con «la vocazione materna di Maria, la vocazione di cura per i suoi figli»[3] che, sotto la Croce di Gesù, Giovanni accoglie a nome della Chiesa. Pensando al prezioso servizio di questo Ospedale, penso anche a tutta la Sanità Militare, impegnata in compiti delicati e di alta competenza in diverse parti del nostro Paese e del mondo intero, anche in luoghi di guerre e di calamità. Potrei applicare a voi le parole con cui Papa Francesco ricorda che, anche «nei Paesi dove i sistemi sanitari sono insufficienti o inesistenti, la Chiesa lavora per offrire alla gente quanto più è possibile per la cura della salute, per eliminare la mortalità infantile e debellare alcune malattie a larga diffusione. Ovunque essa cerca di curare, anche quando non è in grado di guarire. L’immagine della Chiesa come “ospedale da campo”, accogliente per tutti quanti sono feriti dalla vita, è una realtà molto concreta»[4]. E chi più di voi può comprendere e incarnare la realtà dell’ospedale da campo, i tanti servizi effettuati nelle diverse periferie geografiche ed esistenziali? Come Chiesa, sento di dirvi ancora tutta la stima e vicinanza, e anche la gratitudine per il concreto aiuto che portate in situazioni dove altri non riescono, non possono o non vogliono giungere, anche a rischio della salute e della vita.   Ma, come Chiesa, sento di affidarvi anche un’atra sfida accorata, che colgo dal Messaggio di Francesco, dal riferimento all’importanza di svolgere la «ricerca scientifica nel rispetto della vita e dei valori morali cristiani», ma allargo a includere la preoccupazione per il pericolo della moderna deriva verso la medicina dei desideri e dell’autodeterminazione, che assolutizza il concetto di qualità della vita a scapito di quello di dignità della vita. La scienza medica, l’arte medica, necessita oggi di attingere alle sorgenti più profonde della sua origine – e ogni medico alle sorgenti più profonde della sua coscienza – per resistere alla tentazione di soccombere al tecnicismo pragmatico indotto da certa cultura e, purtroppo, anche da leggi più recenti, e di riscoprirsi come reale strumento a servizio della vita. Della vita sempre, dal suo primo inizio con il concepimento sino alla sua morte naturale. E se oggi al termine «naturale» viene tolto ogni valore – quando non se ne sentenzi addirittura l’impronunciabilità -, stupisce che sia spesso la scienza medica a non rendersi conto di quanto pericoloso un tale processo sia. È nella natura che la medicina trova le leggi a cui ispirarsi, il disegno da ristabilire e, non lo dimentichiamo, anche i segreti di tanti medicamenti che possono curare e prevenire le stesse malattie.   Carissimi, siate fieri del vostro materno compito di asciugare le lacrime e portatelo avanti senza lasciarvi scoraggiare: nelle situazioni ordinarie e nelle terapie straordinarie, nei successi e nei fallimenti delle cure che, comunque, lasciano sempre aperto lo spazio alla possibilità del prendersi cura. Prendetevi cura della vita, di ogni vita, non lasciando che la soppressione della vita non nata o malformata, la sempre più diffusa deriva eutanasica, la manipolazione o il rifiuto della natura trovino adesione in voi militari, chiamati a porre la vostra esistenza a servizio della vita altrui. Alla Vergine di Lourdes, dai militari venerata in modo particolare, chiediamo in dono, per ciascuno di voi, quella tenerezza che può far sentire figli coloro che, come la bimba del Vangelo, hanno bisogno delle vostre cure e ai quali voi consacrate, con gioia, speranza e competenza, le vostre forze, la vostra intelligenza e la vostra stessa vita. Grazie di cuore. E così sia!X Santo Marcianò


[1] Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale del Malato, 11 febbraio 2018
[2] Ibidem
[3] Ibidem
[4] Ibidem