Omelia alla Celebrazione per la festa di San Matteo, Patrono della Guardia di Finanza Roma, Basilica S. Maria Maggiore, 21 settembre 2021

21-09-2021

Carissimi fratelli e sorelle,

celebriamo insieme la Festa di San Matteo, Patrono della Guardia di Finanza, nella splendida cornice della Basilica di Santa Maria Maggiore.

Il Vangelo che ogni anno ascoltiamo in questa Festa, offre due scorci fotografici, quasi corrispettivo di due dimensioni interiori. Da una parte il mare, nel quale si inserisce la dimensione personale; dall’altra la casa, che ci aiuta a rileggere la dimensione comunitaria.

 

La scena inizia sul mare, il Lago di Tiberiade al quale Gesù era giunto, come documentano i versetti immediatamente precedenti il nostro brano.

Sappiamo come il mare, nella simbologia biblica, rappresenti il mondo: il mondo del male, del pericolo, dell’abisso del cuore, per noi sempre imperscrutabile; il mondo degli uomini, il mondo di oggi, impastato di sentimenti e scelte, nostri e di coloro che ci stanno accanto. Il mare è il contesto nel quale viviamo, che alterna fasi di calma a tempeste improvvise, come accade spesso proprio nel Mare di Galilea; è fatto di acque trasparenti e zone torbide, sporche, inquinate.

Gesù cammina lungo quelle rive, dinanzi a questo mare… non lo evita, non lo fugge, non sta lontano. Sa di doverlo attraversare: come noi, con noi, per noi.

In alcuni momenti Egli interviene direttamene, raggiungendo i discepoli sulla barca e placando le acque e i venti… Ma il Signore sa che il mare, il mondo, l’abisso del cuore è affidato pure agli uomini; sa che c’è un “ordinario”, nel quale spetta a noi affrontare le acque e risanarle, ripulirle dai vari inquinamenti, riportarle alla trasparenza delle origini, quando il mondo è uscito pulito dalle Mani di Dio.

Così, Gesù chiama. Chiama Matteo. Chiama un uomo che viene dal mondo, viene dal “mare” potremmo dire, incarnandone peraltro i risvolti peggiori. Matteo è un gabelliere, riscuote denaro secondo i propri interessi; è disonesto, avaro e c’è in lui un tocco di presunzione. Il Vangelo lo mostra seduto, in un atteggiamento tipico di chi insegna. Con disinvoltura, Matteo imbroglia e si fa maestro dell’imbroglio!

Non è difficile attualizzare la categoria e rintracciare i tanti maestri dell’imbroglio che oggi inquinano la società e si presentano come esempi scintillanti e appetibili, specie per le nuove generazioni.

C’è da sradicare la mentalità del tornaconto individuale, della notorietà a tutti i costi, della ricchezza che permette e promette una vita comoda, disimpegnata, scevra da sacrifici e poggiata su quegli eccessi e lussi che, prima o poi, si rivelano contenitori vuoti, portatori di isolamento e disperazione. Ricchezze fatue e pericolose che, a partire da piccole disonestà, da compromessi privati, aprono alla logica dell’illegalità e approdano alle rive ancor più drammatiche della truffa, del commercio di morte, della violenza, della criminalità organizzata…

Ecco. Gesù sa che, per sanare questo mondo corrotto, bisogna sanare il cuore umano.

Per questo chiama Matteo. Per questo continua a chiamare giusti e peccatori. Chiama e, chiamando, guarisce quelle malattie che, come Egli stesso dirà, hanno bisogno del medico; quei lacci che spesso ci imprigionano e dai quali non ci si riesce a liberare da soli… Gesù chiama e lo fa guardandoci negli occhi. Chiama dal mondo e chiama per il mondo.

Voi, cari fratelli e sorelle della Guardia di Finanza, avete di questo piena consapevolezza. Il mondo in cui viviamo non è ideale; il mare che, ogni giorno, siamo chiamati ad attraversare, non è privo di contraddizioni, tentazioni, abissi nei quali la mano dell’uomo è intervenuta con potenza distruttiva.

Per questo siete qui. Per questo avete accolto con coraggio l’invito ad “alzarvi”, come ha fatto Matteo.

È un verbo interessante: egli lascia una posizione di falso magistero, come abbiamo detto. Ma egli anche cambia vita, prende una direzione nuova; addirittura “risorge”, potremmo dire traducendo il termine greco.

Per noi, per voi, alzarsi significa abbandonare posizioni comode, mettersi in gioco personalmente, affrontando stanchezze, pericoli, rischi; lasciarsi inquietare dal “mare”, dalla realtà a volte malata, per contribuire a bonificare il mondo con la testimonianza della propria vita e del proprio impegno. E se tutto questo si svolge sotto lo sguardo di Gesù, se si porta avanti per Suo amore e con la Sua forza, non si tratta soltanto di assolvere un compito ma, come per Matteo, di rispondere a una vocazione.

 

Ogni vocazione è personale e comunitaria. Realizza l’uomo nel bene e ne compie la dimensione relazionale, producendo il bene per tutti.

La casa nella quale Matteo accoglie Gesù è simbolo di questa essenza comunitaria e comunionale dell’essere umano ed è, altresì, criterio di ogni forma di vita in comune, di ogni organizzazione sociale: dalla famiglia, alle comunità sociali e lavorative, all’organizzazione civile e politica.

Nella casa di Matteo c’è un banchetto. C’è un pasto, ovvero qualcosa di necessario per tutti, che diventa una festa, in un certo senso un evento pubblico.

Il vero concetto di comunità è inclusivo; in ogni comunità familiare, ecclesiale, cittadina, nazionale, nonché nella scena più ampia della comunità umana, nessuno dovrebbe sentirsi escluso, scartato.

Non si tratta di concetti teorici. Una tale visione comunitaria e comunionale dell’essere umano riconosce, a fondamento della società, una seria antropologia capace di impregnare anche il diritto e l’economia, preservandone le finalità di servizio al «bene comune» e alla dignità di ogni persona, al valore sacro di ogni vita umana. Papa Francesco l’ha riassunta ancora una volta all’Angelus di domenica scorsa: «Il valore di una persona non dipende dal ruolo che ricopre, dal successo che ha, dal lavoro che svolge, dai soldi in banca; no, no, non dipende da quello; la grandezza e la riuscita, agli occhi di Dio, hanno un metro diverso: si misurano sul servizio. Non su quello che si ha, ma su quello che si dà. Vuoi primeggiare? Servi. Questa è la strada»[1].

È per assicurare, restaurare, promuovere e difendere tali fondamenta della città dell’uomo che voi svolgete il vostro servizio; e lo fate non solo come singoli, come persone chiamate a un compito, destinatarie di una insostituibile vocazione; lo fate come comunità, famiglia della Guardia di Finanza, nel mosaico di diverse competenze e ruoli e in un clima di sinergia e rispetto. Lo fate mantenendo quella cura educativa che vi contraddistingue e coniuga l’insegnamento tecnico e competente con la trasmissione di valori indispensabili a vincere l’inquinamento e la corruzione che siete chiamati a combattere.

La mensa alla quale Gesù ci invita è dunque mensa di tutti. Ed è prezioso il servizio di chi, attraverso la promozione di un’economia solidale, di una finanza giusta e di una giustizia fraterna, può contribuire a restituire legalità e a contagiare con la logica della trasparenza anche l’intero mondo delle Istituzioni.

Dopo essersi alzato, dopo essere uscito dalla sua autoreferenzialità, Matteo siede a mensa con Gesù e, con lui, «molti pubblicani e peccatori»: una folla immensa di poveri, esclusi, ignorati dalla storia ma che fanno la storia, perché sono l’anima della comunità, del nostro Paese, del nostro mondo interconnesso e globalizzato, che rischia di dimenticare i bisogni primari. Ma solo se tutti sono ammessi e trattati come persone, il bisogno primario del mangiare si trasformerà in un banchetto di festa!

 

Cari amici, oggi è festa e la festa è tale solo se condivisa. E la condivisione promette una gioia non vuota, ma quella che Gesù definisce con un termine complesso e rivoluzionario: «misericordia». Mi piace pensare che sia “l’economia della misericordia” quella che voi promuovete: ovvero la logica della giustizia e del gratuito, della cura e della solidarietà fraterna. Del servizio al bene integrale dell’uomo, visto per quello che “è”, non per quello che “ha”. Visto con gli occhi di Dio, con cui Gesù guarda Matteo e ciascuno di noi.

Il Signore vi conceda questo sguardo. E così sia!

Santo Marcianò

Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia

[1] Francesco, Angelus, Piazza San Pietro, 19 settembre 2021