Omelia Domenica della Divina Misericordia

19-04-2020

 

Carissimi,

«Siete ricolmi di gioia… esultate di gioia…».

La seconda Lettura (1Pt 1,3-9) introduce oggi una Liturgia di gioia che, dopo otto giorni, sembra quasi portare a compimento la gioia della Pasqua; è come se questa gioia non possa essere colta in un solo giorno, ma abbia bisogno di una settimana ancora, quasi il tempo della Creazione. Gioia creata, ricreata; gioia che ha il Nome stesso di Dio: Misericordia!

Oggi è Festa della Divina Misericordia, istituita da San Giovanni Paolo II e chiesta dal Signore a un’umile suora, Santa Faustina Kowalska, vissuta in Polonia nella prima metà del secolo scorso.

Gioia – misericordia: ecco il binomio!

E come il Messaggio della Divina Misericordia si presentava in tempo di guerra e totalitarismi, così il messaggio della gioia si presenta nel tempo sofferto della pandemia. Pietro ci vede «afflitti», da prove che «purificano» la fede, ma la sua non è esortazione è costatazione: sa che «siamo» nella gioia, che abbiamo celebrato la Pasqua e abbiamo fede nel Risorto.

Fede purificata, gioia purificata, che non ha nulla di moralistico né di spensierato, ma è, potremmo dire, “lavata” dalla terribile prova che stiamo vivendo, come da tante altre prove; e se c’è un simbolo della Domenica in albis è proprio l’acqua che lava: l’acqua, memoria del Battesimo che, nella Chiesa delle origini, nella notte di Pasqua veniva dato ai catecumeni; l’acqua che sgorga dal costato di Cristo, assieme al sangue, e che contempliamo nell’Icona di Gesù Misericordioso.

Vorrei vedere in quest’acqua e in questo sangue tutte le lacrime e le sofferenze del nostro tempo: le lacrime versate da chi piange – per la malattia, la paura, il lutto – e da chi sa piangere con chi piange; il sangue versato da chi ha sofferto fino alla morte e di chi ha lottato contro la morte, fino a dare la propria vita.

La gioia di cui parla Pietro – indicibile, inesprimibile, portatrice di gloria – scaturisce da questa acqua e da questo sangue. Non è una sorta di distrazione dal dolore e neppure un’alternativa ad esso; non è altra cosa rispetto alla pandemia ma nasce dalla sofferenza, dal costato di Gesù Crocifisso per amore.

Dolore trasfigurato dall’amore: questa è la gioia!

La spiega bene il verbo greco – agalliào – usato da Pietro e pure nel Magnificat, che descrive il sorriso luminoso del volto: una radiosità che, in Maria lo contempliamo bene, parte dal grembo, dalle “viscere” del suo amore materno. Sono le viscere-splancé della misericordia, ovvero dell’amore paterno-materno di Dio.

Di tale gioia parla nel Vangelo (Gv 20,19-31) Giovanni il quale, avendo poggiato il capo sul Suo petto, l’aveva imparata dal Cuore del Signore.

Da una parte la gioia dei discepoli: è la «pace» che Gesù porta quando entra nel luogo dove essi erano chiusi per la paura, quasi come noi; e quante famiglie, quante comunità oggi stanno facendo l’esperienza di passare dalla costrizione di essere chiusi, alla pace gioiosa di riscoprire le relazioni, soprattutto di lasciar entrare Gesù Risorto nelle proprie paure e chiusure!

Dall’altra parte la gioia di Tommaso, che non era con gli altri e non si lascia subito contagiare dalla loro gioia; ma la sua incredulità ci aiuta perché è la nostra, l’incredulità concreta che viviamo oggi.

È l’incredulità di chi soffre la malattia o il lutto, di chi opera con turni massacranti o compiti dolorosissimi – come il trasporto delle salme -, di chi studia instancabilmente o si adopera per organizzare e ordinare la comunità, di chi sente le viscere fremere di misericordia e si sente insufficiente di fronte a tanto dolore, pensando di non poterlo mai dimenticare…

Anche Tommaso non può dimenticare le piaghe del Signore; la sua mente e il suo cuore, fermi alla sofferenza, non riescono ad allontanare l’immagine di quei chiodi, di quel sangue, di quella morte cruenta; per questo non riesce a credere alla Risurrezione. Ma proprio a lui sarà concesso il dono di andare più in profondità, di cogliere quella gioia che non si prova fino a quando non si toccano le ferite e, attraverso di esse, non si giunge a toccare il Cuore di Cristo, Sorgente della Misericordia.

 

Cari amici, non lo dimenticate: il Gesù Misericordioso apparso a Santa Faustina è il Crocifisso Risorto del quale Tommaso ha toccato le piaghe!

Come umanità, oggi, stiamo facendo esperienza di vedere e toccare queste piaghe; di sentire, insieme alla sofferenza estenuante, la gioia nuova di poterle condividere e alleviare, di potervi versare sopra l’olio della consolazione e il vino della speranza; di sentirci lavati e purificati, nelle nostre vite, troppo spesso spese nella ricerca del benessere e dell’effimero, consumate entro un orizzonte individualista a livello personale, socio-economico, politico, internazionale.

La gioia può nascere e rinascere da queste piaghe che tutti dobbiamo toccare, da queste lacrime dalle quali dobbiamo lasciarci lavare, inondare. Così, come Noè nel diluvio, potremo intravedere l’arcobaleno che tanti bimbi disegnano, segno di speranza ma anche promessa di un Dio che entra in questa nostra storia attraverso le porte chiuse dalla paura e dai divieti, che varca i confini bloccati dalla guerra e dall’odio, che irrompe nei cuori serrati nell’egoismo e nel peccato e li spalanca con la forza della misericordia.

La misericordia è gioia purificata dall’amore, resa splendente come l’oro ma molto più preziosa; addirittura una «eredità», dice Pietro, da custodire, da non disperdere: eredità che ci lasciano questi giorni duri, bui, eppure straordinariamente risplendenti della Luce che il Cristo, Crocifisso e Risorto, vuole riversare sul mondo.

«Desidero che questa misericordia si riversi sul mondo intero tramite il tuo cuore – dice Gesù a Santa Faustina -. Chiunque si avvicina a te, non parta senza la fiducia nella Mia Misericordia»[1]. E’ un vero e proprio mandato per ciascuno di noi.

Chiediamo a Gesù che conceda a tutti un cuore così e il mondo, come in una nuova creazione, anche dopo questa pandemia potrà rinascere nell’unico modo possibile: nella fiducia e nella pace, nella misericordia e nella gioia.

E così sia!

Santo Marcianò

 

[1] S. Maria Faustina Kowalska, Diario, VI Quaderno, 1777