Omelia Festa S. Caterina da Siena Patrona del Corpo delle infermiere volontarie della Croce Rossa

29-04-2021

Chiesa S. Caterina a Magnanapoli 29 aprile 2021

 

Carissime sorelle, cari fratelli, vi accolgo con grande affetto, oggi, nell’Eucaristia che celebriamo nella Festa di Santa Caterina da Siena. Siamo quasi commossi al ritrovarci qui quest’anno, solo pensando alla situazione di un anno fa, che ci vedeva completamente chiusi, distanti.

Siamo commossi ma ancora preoccupati. Per certi versi «stanchi e oppressi», proprio come afferma oggi il Vangelo (Mt 11,25-30); affaticati, letteralmente «gravati da un peso».

«Lo scorso anno eravamo più angosciati, ora siamo più provati», ha affermato tempo fa Papa Francesco che, con una delle sue espressioni sintetiche e pregnanti, è riuscito a descrivere lo stato d’animo di molti di noi, la sofferenza per la pandemia che si prolunga e continua a mietere vittime, soprattutto nei Paesi più poveri, tra i soggetti più fragili…

C’è una stanchezza generalizzata; c’è, a volte, anche una stanchezza dovuta a motivi più futili. Ma c’è una stanchezza che è la fatica fisica, psicologica, mentale e spirituale che state sperimentando voi, carissime sorelle infermiere volontarie della Croce Rossa.

Presenti oggi, nel vivo dell’emergenza Coronavirus, come in ogni emergenza e calamità naturale; presenti a fianco dei nostri militari, che sostenete con l’impegno sanitario e la delicatezza della vostra vicinanza, capace di illuminare e riscaldare. «Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna» abbiamo ascoltato dalla prima Lettura (1Gv 1,5 – 2,2). La vostra è, ed è stata in questi mesi, presenza di luce, in grado di rispondere a bisogni primari, di rischiarare angosce nascoste, di riscaldare tante solitudini.

Dalla presenza in prima linea negli ospedali più colpiti dalla prima ondata del contagio, come la zona del bergamasco, all’organizzazione degli aiuti per la spesa e il sostegno in alcune necessità concrete, da voi assicurata in tutte le periferie del nostro territorio. Siete vicine alla gente, in questa pandemia come nell’epidemia della spagnola dei primi del Novecento, come nelle guerre e nelle calamità… Grazie, sorelle, a tutte e a ciascuna! In particolare, alla vostra cara Ispettrice, sorella Scarcella, vera guida nel dare l’esempio e nel testimoniare dedizione e abnegazione.

È una stanchezza beata, quella che sentite; una stanchezza che fa tanto bene al Paese e alla quale Dio promette «ristoro», riposo, accogliendo in modo speciale proprio chi è gravato da un peso straordinario come quello che ha gravato su voi quest’anno: «Venite a me, voi che siete stanche e oppresse». È stanchezza beata, non fatica qualsiasi!

Gesù ci spiega chi sono le persone gravate da una tale stanchezza; e lo fa ponendoli, anzitutto, accanto ai piccoli, agli ultimi; a coloro ai quali viene rivelato, dal Padre, qualcosa di straordinario.

C’è una fatica che attraversa i piccoli del mondo, coloro che subiscono le conseguenze della storia, con le sue ingiustizie, discriminazioni, esclusioni. C’è una fatica che attraversa chi soffre ogni sorta di malattie e dolori; c’è un peso che grava sulle vittime della povertà, della violenza, della guerra, delle disparità e della corruzione, sui più deboli e fragili, fino quasi a schiacciarli; un peso che, in questo tempo, abbiamo visto concretizzarsi anche in una malattia inedita che a molti ha tolto il respiro della vita e la vicinanza di coloro che li amano; ricacciandoli in una solitudine mai sperimentata prima, a livello globale!

Ecco, carissime sorelle. Voi siete stanche di queste stanchezze dei piccoli, siete gravate dal loro peso. Siete stanche perché, dice Gesù, portate il loro giogo!

È una stanchezza diversa; è, potremmo dire, una stanchezza materna. È la stanchezza instancabile dell’amore. Caterina da Siena l’ha sperimentata perché donna di grande carità, donna che molti riconoscevano, consideravano madre. Il bellissimo dipinto, che oggi vi è donato, la ritrae in preghiera, con in mano il velo delle infermiere volontarie: quasi un lascito, per voi.

Questo lascito trova senso nell’esperienza che Caterina fece del Cristo. E Gesù, nel Vangelo, ci rivela come il segreto della stanchezza stia nel fatto che questo peso sia il Suo «giogo».

Sì, care sorelle, il peso che voi portate, il peso degli altri, è il peso stesso di Gesù. È il Suo «giogo», e non è indifferente che lui lo chiami così. Il giogo, come sappiamo, unisce i buoi, frenando ciascuno dal prendere una via diversa da quella comune.

Il giogo, potremmo dire, è quel peso che può essere portato solo insieme!

Portando il giogo dei fratelli, facciamo esperienza del giogo stesso di Gesù. E più questo peso ci unisce al prossimo, più ci unisce a Lui. Più ci fa camminare in comunione con i fratelli, più ci assicura che siamo sulla strada giusta, stiamo seguendo la Sua direzione.

Ma il giogo, se ci pensiamo bene, non si condivide solo con chi abbia bisogno di noi: si condivide tra noi, tra chi offre il proprio aiuto, tra chi deve pensare e, in certo senso, dare anche risposte organizzate ai bisogni degli altri, soprattutto in tornanti difficili della storia, come quello attuale.

Mi piace, pertanto, pensare che il “giogo” sia un peso che condividete anzitutto tra voi, come “Corpo” delle infermiere volontarie della Croce Rossa. Mi piace pensare che questa comunione sia la strada in cui Cristo ci indica di camminare, se non vogliamo che lo stesso dolore degli altri diventi peso insopportabile, in grado persino di schiacciarci.

È preziosa la comunione che vi lega! È la vostra forza, la vostra creatività, la vostra possibilità di giungere ovunque e di far sentire la vostra presenza anche alle sorelle più lontane, che si trovano in luoghi difficili e impervi. Così, la vostra è un’esperienza straordinaria di fraternità, esempio e testimonianza per tutte le comunità umane: per il mondo, per le famiglie, per la stessa Chiesa. Una fraternità che Papa Francesco non si stanca di additare alla Chiesa e al mondo e che può rendere più accessibile il senso della paternità, il Mistero stesso di Dio Padre.

«Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro».

Il Padre è Colui nel quale i  piccoli del mondo, stanchi e oppressi, trovano ristoro, perché Egli li predilige. Il Padre è Colui nel quale trova ristoro chi, come voi, vive la stanchezza dei piccoli, porta i loro pesi. E riposare in Lui significa fare di Lui l’esperienza che fanno i piccoli, perché ai piccoli Dio Padre si rivela, dice Gesù. Riposare in Dio Padre significa conoscere il Padre; imparare, come i piccoli, a percepire il Suo stesso rivelarsi.

Il Padre si fa conoscere e conoscere il Padre è un’arte dei piccoli: significa, infatti, riconoscerlo come Padre. Significa entrare nella «benevolenza» con la quale Egli decide di rivelarsi ai piccoli. La parola greca è bellissima: eudochìa. È quella benevolenza che è poi la Sua volontà di bene, il Suo disegno di misericordia, l’armonia che regge il mondo… la bellezza del progetto d’amore di Dio. E l’amore non è sentimentalismo, è volontà di bene. «Siete tenuti ad amare il prossimo come voi stessi – scrive Santa Caterina da Siena -; amandolo, dovete sovvenire spiritualmente con l’orazione e con la parola, consigliandolo e aiutandolo spiritualmente e materialmente, secondo le sue necessità, o almeno col desiderio della volontà, quando non c’è altro»[1].

Care sorelle, c’è una volontà di bene, una bellezza anche nel vostro servizio. Basta solo la vostra splendida divisa, con la sua sobria bellezza, a portare una luce di speranza e amore, nei teatri di guerra e nei luoghi della sofferenza, negli ospedali militari e nelle case dei poveri… e la Croce rossa sul vostro abito bianco è il segno di Colui nel quale e per il quale potete portare il «giogo»; è segno di quel Sangue di Cristo al quale Caterina fu particolarmente devota, contemplandovi la volontà d’Amore di Dio per i piccoli e gli ultimi.

C’è in voi, care sorelle, un ordine che non è solo disciplina ma è armonia, regola, ritmo attraverso cui la volontà d’amore si concretizza. In questo ordine è il ristoro, il riposo; in questo ordine, potremmo dire, è la vera pace. Quella di cui, come Corpo militare, siete a servizio, supportando tutte le Forze Armate, che ve ne sono infinitamente grate, assieme a tutti i cittadini italiani e ai piccoli del mondo.

Santa Caterina interceda perché possiate esserlo sempre più. E il Signore vi benedica.

Grazie! E così sia!

Santo Marcianò
Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia

 

[1] Caterina da Siena, Dialogo della Divina Provvidenza, cap. 6