Omelia nella festa S. Giovanni XXIII, patrono dell’Esercito Italiano

11-10-2021

Roma, Basilica S. Maria in Ara Coeli, lunedì 11 ottobre 2021

 

Carissimi fratelli e sorelle,

l’immagine che la Parola di Dio oggi offre è quella del pastore. E noi ci mettiamo nella prospettiva del Salmista (Salmo 22 [23]), che segue il pastore e ne sperimenta la vicinanza: «Tu sei con me», esclama; quale consapevolezza sarebbe più consolante?

Angelo Roncalli ha sperimentato questa vicinanza di Cristo Pastore in tutte le fasi della vita, come documenta il suo Diario, il Giornale dell’anima, con pagine di intima e forte spiritualità. L’ha sperimentata nell’infanzia povera ma serena, grazie a un calore familiare mai dimenticato, la cui forza ha saputo tradurre in tutte le relazioni; nella formazione in Seminario e nei primi anni di vita sacerdotale; nel tempo della guerra e nel compito di cappellano militare; nel ministero episcopale e petrino. È questa vicinanza, del Cristo Pastore e al Cristo Pastore, che ha fatto di lui un vero pastore. Così, le parole della Liturgia di oggi ben si addicono a descrivere la sua figura, portandoci ad accoglierne il messaggio.

Il percorso che, nelle Letture, il pastore propone è un percorso che chiamerei di “unificazione”. E come non leggere, in questo, l’appello coerente e continuo di Giovanni XXIII a «cercare ciò che unisce»? Ma come non leggervi pure quella via che oggi Papa Francesco indica alla Chiesa e che, per certi versi, Papa Giovanni ha quasi anticipato, ovvero la “sinodalità”?

Avremo modo di riflettere sul Sinodo che si è aperto ieri e che, come Chiesa, inaugureremo tra qualche giorno ad Assisi, durante il Convegno dei Cappellani Militari. Ma già la Parola di Dio oggi ce ne indica il senso, riprendendo tre parole con le quali Papa Francesco ha riassunto il significato del Sinodo stesso: «comunione, partecipazione, missione»[1].

«Io passerò in rassegna le mie pecore», dice il Signore nella prima Lettura (Ez 34,11-16), con un linguaggio che un po’ ricorda quello utilizzato da voi militari. Le passa in rassegna «Lui stesso», senza delegare; lo fa perché è importante che ci siano tutte.

Sì, la “partecipazione” di tutti, nella Chiesa, non è questione opzionale, ma «un impegno ecclesiale irrinunciabile», afferma il Papa, spiegando come sia il Battesimo a conferire «l’uguale dignità dei figli di Dio, pur nella differenza di ministeri e carismi»[2].

Ed è proprio la differenza, se ci pensiamo bene, che ci rende indispensabili nella nostra irripetibile unicità. Questo il Pastore lo capisce e chiunque sia alla guida di una comunità – ecclesiale o civile – dovrebbe capirlo. Passare in rassegna non significa solo contare, calcolare i presenti e gli assenti. Significa guardare negli occhi, verificare la condizione delle persone, cogliere i loro doni specifici come pure i disagi e le sofferenze… In una parola, «conoscere le pecore», dice Gesù nel Vangelo (Gv 10,11-16).

Chiunque avvicinasse Papa Giovanni faceva l’esperienza di sentirsi conosciuto, guardato negli occhi, scrutato nel cuore. Questa esperienza dovrebbe fare chi ci incontra: sentirsi passato in rassegna non per “essere contato” come numero, ma perché “conta” qualcosa, “conta” tanto. Su tale pietra miliare si può riscoprire il senso di «partecipazione», necessario non solo alla Chiesa ma alla comunità civile.

Per essere “sinodale”, la partecipazione si caratterizza come «comunione», ovvero, ricorda il Papa, «intima unione della famiglia umana con Dio»[3]. Si parla di umanità unita come «famiglia»; famiglia, a sua volta, unita al Padre del Cielo. Il riferimento, dunque, è alla forza delle relazioni, dei vincoli che ci uniscono.

Paolo, nella seconda Lettura (Ef 4,1-7.11-13), indica il «vincolo» attraverso cui «conservare l’unità»; un vincolo che interpella particolarmente voi, militari dell’Esercito Italiano: è «il vincolo della pace», che ci fa «un solo corpo e un solo spirito».

Come tutte le Forze Armate, voi sperimentate un forte spirito di “corpo” e lo testimoniate anche nel servizio. Come non pensare, solo come esempio, al vostro insostituibile impegno nei tempi duri della pandemia? Un servizio che si è svolto, e continua a svolgersi, con spirito di corpo e consapevoli di servire un unico corpo, un’umanità che ci pone «nella stessa barca».

Siamo un solo corpo! Senza tale consapevolezza si perde il senso di appartenenza a una comunità, a una realtà sociale o politica. Si tratta di un gravissimo male del nostro tempo, causa di individualismo e dell’isolamento che smarrisce e intristisce molti cuori.

Sì, siamo un solo corpo e abbiamo bisogno di sentirlo! Ma per essere «un solo corpo», dice San Paolo con chiarezza, bisogna essere «un solo spirito».

Cari amici, quando si perdono o si rifiutano le radici spirituali di una famiglia, di un popolo, di una Nazione, si minano le fondamenta del senso dell’unità e ci si affanna a costruire sul vuoto, sull’effimero, sul relativo. Non è un caso che Benedetto XVI continui, anche negli ultimi scritti, ad auspicare una riscoperta delle radici cristiane dell’Europa, esortando i cristiani ad essere portatori di quel senso di trascendenza che amplia la ragione e offre il fondamento alla libertà racchiusa nei diritti riaffermati nell’epoca moderna.

Il segreto della pace, dunque, è la comunione, l’unione spirituale. Papa Giovanni XXIII lo grida a chiare lettere nell’Enciclica Pacem in Terris. «La convivenza umana», scrive, «va considerata anzitutto come un fatto spirituale: quale comunicazione di conoscenze nella luce del vero; esercizio di diritti e adempimento di doveri; impulso e richiamo al bene morale; e come nobile comune godimento del bello in tutte le sue legittime espressioni; permanente disposizione ad effondere gli uni negli altri il meglio di se stessi; anelito ad una mutua e sempre più ricca assimilazione di valori spirituali: valori nei quali trovano la loro perenne vivificazione e il loro orientamento di fondo le espressioni culturali, il mondo economico, le istituzioni sociali, i movimenti e i regimi politici, gli ordinamenti giuridici e tutti gli altri elementi esteriori, in cui si articola e si esprime la convivenza nel suo evolversi incessante»[4].

Ecco, questa unità complessa e articolata, ma con radici profonde e forti, nel Vangelo diventa, in certo senso, la «missione», la direzione del cammino. Diventare «un solo gregge» dietro «un solo pastore» significa infatti intraprendere strade comuni, percorsi condivisi; percorsi che, peraltro, devono essere “in uscita”. Si tratta, dice Papa Francesco, di una «conversione pastorale e anche ecumenica»[5]. Si tratta, potremmo dire, di ritrovare sempre e comunque le vie per raggiungere coloro che hanno bisogno di noi… Per voi queste non sono parole. Ma per crescere in una simile attitudine e, farlo “insieme”, bisogna «ascoltare la sua voce», come dice Gesù nel Vangelo. È, cari militari, l’invito a una crescita personale e comune nell’ascolto della Parola di Dio, aiutata anche dall’assistenza spirituale che la nostra Chiesa dell’Ordinariato Militare vi assicura, con il prezioso ministero dei cappellani militari che ringrazio di cuore. È l’invito a mettersi in ascolto della “parola” che Dio affida al “grido” dei poveri, al “grido” della terra: nell’emergenza della fame e della sofferenza che scuotono il pianeta, della crisi ecologica che devasta la casa comune, degli attentati alla vita umana che minacciano la dignità intangibile di ogni persona, specie nelle fasi più fragili dell’esistenza. La missione ci conduce in questa direzione e ci spinge ad ascoltare i fratelli, in un clima di dialogo e collaborazione con gli uomini e le donne di buona volontà.

Cari amici, continuiamo il cammino di comunione, con l’aiuto e l’esempio di San Giovanni XXIII, Patrono dell’Esercito Italiano, Papa che ha fatto dell’unità e della pace la sua missione. Egli interceda, vi benedica e vi renda lievito di sinodalità nella Chiesa, semi di pace e giustizia nella grande famiglia umana. E così sia!

Santo Marcianò

 

[1] Francesco, Discorso in occasione del Momento di Riflessione per l’inizio del Percorso Sinodale, Aula Nuova del Sinodo, 9 ottobre 2021

[2] Ibidem

[3] Ibidem

[4] Giovanni XXIII, Lettera Enciclica Pacem in Terris, 19

[5] Francesco, Discorso in occasione del Momento di Riflessione per l’inizio del Percorso Sinodale, Aula Nuova del Sinodo, 9 ottobre 2021