Omelia nella IV Domenica di Quaresima

22-03-2020

Carissimi, in questo tempo, sembra di cogliere un grido sulle labbra di tanti: “siamo nel buio!” Un buio che ha avvolto le cose all’improvviso, come se qualcuno avesse spento un interruttore.

Un buio vero, fitto, che non ci fa vedere e comprendere, come il cieco del Vangelo (Gv 9,1-41). Lui era cieco dalla nascita e non sapeva cosa fosse la luce; noi, invece, sentiamo che qualcosa ci è stato tolto. Tolta la possibilità di una vita normale, di vedere le persone e fare le cose di ogni giorno, la cui preziosità forse non coglievamo ma alle quali il buio sembra restituire un valore luminoso; soprattutto, tolta la serenità, a motivo di questa pandemia che ci angoscia, dinanzi alla quale sembra difficile lottare.

Sì, noi siamo nel buio e non vediamo. Ma Dio, dice la Parola di oggi, Dio «vede»! È quasi un contrasto nel quale, forse, possiamo cercare la speranza, in questo momento di grande smarrimento e tenebra.

Cosa vede Dio nel buio?

«Gesù vide un uomo cieco». Gesù vede la nostra cecità. Vede, paradossalmente, il nostro buio.

La storia della tenebra straziante che stanno sperimentando tanti malati, le loro famiglie e coloro che li curano, la nostra Nazione che conta i suoi morti e il mondo intero, è vista da Dio, è sotto il Suo sguardo. E mentre ci sentiamo abbandonati, soli, con tanta difficoltà a vivere e a sperare, vogliamo lasciarci avvolgere da questo sguardo. Uno sguardo che oggi il Vangelo ci invita a cogliere come “sanante”.

Gesù vede il cieco e gli toglie la cecità. Lo guarisce e, guarendolo, gli dona qualcosa in più rispetto a quanto prima egli aveva. Lo ricostituisce nella sua umanità piena. Lo fa rinascere fisicamente e spiritualmente. Il fango che spalma sui suoi occhi richiama la polvere con la quale, nella Genesi, Dio crea l’uomo dal suolo; il gesto dello spalmare è descritto in greco con un verbo che significa “ungere” e fa pensare all’olio, al crisma che, come sappiamo, è segno del Battesimo ma anche dell’unzione dei malati: per questo rinnova e rafforza, consola e fa sentire la presenza di Cristo.

«Io credo!», esclamerà il cieco vedendo per la prima volta Gesù. E anche noi vogliamo dirlo.

In questo buio che ci ha reso improvvisamente ciechi e sembra infinito, con il cuore colmo di dolore ma anche di speranza, vogliamo dirTi, Signore, che crediamo che Tu vedi le ferite devastanti provocate in tanti modi dal Coronavirus, le ungi con il Tuo crisma e lenisci il dolore, fai sentire la Tua presenza, guarisci e fai rinascere. Crediamo che vedi la sofferenza delle famiglie, l’angoscia dei bambini, la solitudine di tanti anziani, e che sei Luce anche per chi soffre e muore in solitudine per questa terribile malattia. Vogliamo dirti che crediamo che, dopo il tunnel buio di questa pandemia, vedremo tutti la luce, una luce nuova, che prima non conoscevamo, come non la conosceva il cieco nato; crediamo che rinasceremo come nuove persone e come umanità nuova.

Quanto “essenziale” questi giorni ci stanno insegnando!

Quanti gesti di solidarietà sembrano, nel buio, luci timide di un’aurora che presagisce questa rinascita!

Quanta ricerca della Tua presenza, Signore, nella preghiera, fiamma piccola ma crescente nel profondo dei cuori, e che possiamo pure condividere, grazie ai moderni mezzi di comunicazione!

Rinasceremo non come individui ma come un «noi», ha detto qualche giorno fa Papa Francesco. E vogliamo davvero sentirci così nell’Eucaristia di oggi nella quale, idealmente, vorrei inserire tutte le Messe di precetto che in questa Quaresima, per la prima volta, non abbiamo potuto celebrare. Sentiamoci un «noi», una comunità. Una famiglia alla quale il Signore sta guardando. E vorrei pensare, in particolare, alla famiglia delle forze armate e di tutti gli uomini e donne in divisa.

Perché il Signore, dice la prima Lettura (1Sam 16,1b.4.6-7.10-1), «vede il cuore».

Sì! Dio vede cosa sta accadendo in tanti cuori umani. Vede quante luci, apparentemente flebili ma decisive, voi, uomini e donne delle Forze Armate, accendete in questo buio così fitto; vede che vi state comportando «come figli della luce» (Ef 5,8-14) e vede lo stato d’animo, il cuore con cui portate avanti la missione.

Nel mio cuore di padre custodisco tante testimonianze raccolte dalle vostre accorate telefonate: Dio le vede!

Dio vede la dedizione assoluta e commovente di chi è in prima linea da medico, da infermiere, da operatore sanitario, e lavora strenuamente, fino a quel dono della vita per il quale voi militari siete sempre pronti. Vede l’impegno di chi porta avanti la ricerca scientifica – penso ad esempio ai nostri laboratori farmaceutici – o la generosità esemplare di tanti volontari, come la Croce Rossa e le Infermiere Volontarie. Vede la coscienza di quanti, in ambito istituzionale, prendono decisioni importanti per il Paese o l’abnegazione di chi opera in missioni estere. Vede la serietà di chi effettua controlli di sicurezza nelle città o di chi trasporta malati e persone in difficoltà; vede il coraggio e l’amore di voi chiamati a guidare i mezzi militari che portano via le salme – le immagini di quanto accaduto a Bergamo resteranno indelebili negli occhi del mondo – e vi dona forza per poter essere voi a vegliare nell’ultimo viaggio questi Suoi figli, che a nessuno dei loro cari è concesso di accompagnare e che li strazia, gli lacera il cuore

Cari amici, nel viaggio che l’umanità sta compiendo nella «valle oscura» di cui parla il Salmo 22 (23), Dio vede e Dio accompagna: Lui è il Pastore che si prende cura delle pecore, che per loro e con loro si impiglia nelle spine della vita, lasciando che il Suo Corpo Crocifisso e il Suo Cuore innamorato dell’uomo sanguinino.

Forse non vediamo il Suo Volto, perché è buio, ma possiamo sentire la Sua Presenza anche in coloro che si prendono cura di questo buio del mondo, come voi.

Grazie, militari carissimi, grazie uomini e donne in divisa per quanto fate, per ciò che siete, per come vi donate! Sentite con forza il grazie della nostra Chiesa, il grazie della gente, il grazie stesso di Dio che, con voi, può accompagnare molti.

Per intercessione della Madonna, di San Giuseppe e dei nostri Santi protettori, con grande affetto vi affido a Lui perché vi sostenga, vi illumini, vi ricompensi.

Andate avanti con coraggio e amore, tutti ne abbiamo bisogno! E state certi che le piaghe, le ferite che le spine di questa pandemia lasciano e lasceranno, nei vostri corpi e nei vostri cuori, sono i solchi nei quali l’Amore del Cristo Crocifisso e Risorto sta piantando i germi di un’umanità nuova; sono gli spiragli di speranza dai quali, pian piano, torneremo insieme a vedere risplendere la Luce della Pasqua.

Il Signore vi benedica e benedica tutti.

E così sia!

Santo Marcianò