Omelia nella Messa in occasione del Raduno dell’Associazione Nazionale Carabinieri

26-07-2016
 Milano – 18 giugno 2016

 Carissimi, l’immagine che la Liturgia della Parola ci offre è quella della battaglia, della lotta, del conflitto. È un’immagine alla quale siamo, in un certo senso, abituati: abituati ai conflitti non perché gente in conflitto ma perché chiamati a sedare i conflitti, a risolverli, a entrare nel conflitto per portarne la logica della riconciliazione e della pace. Lo sono i militari, strumenti di riconciliazione e pace: il Concilio Vaticano II lo ha sottolineato e anche Papa Francesco lo ha ribadito recentemente, all’Udienza Giubilare. In particolare, lo sono i carabinieri italiani, quella Forza Armata che è tanto vicina alla gente e che si trova a intervenire in vicende semplici, quotidiane, come pure in conflitti di grande portata. E voi, Associazione Nazionale dei Carabinieri, difendete questa identità che si lega strettamente all’appartenenza all’Arma, vissuta con grande orgoglio e concretezza.   Il combattimento, illustrato dalla prima Lettura (Ap 12,1-5.7-10b), parla di una lotta tra gli angeli e un drago. Sappiamo che nella Sacra Scrittura spesso le immagini hanno valore simbolico, tanto più nell’Apocalisse, l’ultimo Libro della Bibbia. Il senso dell’Apocalisse non è il fragore dei tuoni, dei cataclismi, dei prodigi o delle immagini spaventose e tantomeno il rumore della battaglia; Apocalisse significa il destino, il fine della storia, alla luce del quale leggere tutta la vicenda dell’uomo. Forse anche per tale ragione questo libro è così “figurato”: perché la fine non è decifrabile. Di una cosa siamo sicuri, però: la vita è nelle mani di Dio! Dio si prende cura della vita umana, di ogni vita, anche di quella appena uscita dal grembo della donna, alla quale l’immagine biblica rimanda; anche di quella che sta silenziosamente crescendo nel grembo della donna o che sta silenziosamente ritornando alla Casa del Padre. La vita vince ma è continuamente in pericolo: un «drago» la attende per «divorarla». Per questo, dice l’Apocalisse, si scatena letteralmente «una guerra» in cielo: gli angeli contro il drago. È la lotta per difendere la vita.   Giovanni Paolo II, nell’Enciclica Evangelium Vitae, ha meditato questo brano per dire che, oggi, la realtà non è molto lontana da quelle immagini spaventose. «La vita – egli scrive – è sempre al centro di una grande lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre. Il drago vuole divorare “il bambino appena nato” (Ap 12,4), figura di Cristo […] ma, in qualche modo, anche figura di ogni uomo, di ogni bambino, specie di ogni creatura debole e minacciata, perché, come ricorda il Concilio, “con la sua incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo” […] così che il rifiuto della vita è rifiuto di Cristo. È questa – conclude il Papa – la verità affascinante e assieme esigente che Cristo ci svela e che la sua Chiesa ripropone incessantemente: “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio accoglie me” (Mt 18,5) e “ogni volta che avrete fatto queto a uno solo dei miei fratelli più piccoli, l’avrete fatto a me” (Mt 25,40)»[1]. C’è, dunque, il mondo del male che attenta alla vita, a ogni forma di vita, specie quella innocente e debole, per divorarla, per sopprimerla. C’è il mondo del bene che tenta in ogni modo di difendere, proteggere la vita: lo fa lottando direttamente contro il male, come Michele e gli angeli; lo fa accogliendo tutti, anche un solo bambino; e lo fa per custodire la grande dignità di ogni cretura umana, immagine di Dio, con lo stesso amore con il quale custodisce Lui. È la missione della Chiesa, questa: essere, come Maria, «Madre della Vita». È questa la missione dei carabinieri! Chi, più dei militari, entra così intensamente nelle lotte, nei conflitti, per difendere la vita, a costo di pagare con la propria? Chi, oggi, in concreto, esercita l’accoglienza a nome di tutta la nostra Nazione, ad esempio nel lavoro di soccorso agli stranieri che arrivano. Chi garantisce l’ordine e la sicurezza favorendo un clima di serenità e di civile convivenza? Ma c’è qualcosa di più che la Parola di Dio ci indica e che può essere un risvolto importantissimo della vostra missione: fare tutto questo non solo per dovere e obbedienza, per senso di equità e giustizia – che già è tanto – ma per una ragione di «misericordia». Farlo con il cuore, con lo stesso amore con il quale anche noi siamo stati amati da Dio e che cerchiamo di portare agli altri. Farlo, mi verrebbe di dire, con quel “più” di misericordia che fa di ogni gesto di difesa e protezione della vita umana una «carezza». È quello che con il Giubileo Straordinario della Misericordia il Papa ci ha voluto ricordare e su questo anch’io ho voluto scrivervi una Lettera Pastorale che ho intitolato proprio: «Date una carezza!»[2]. Gesù dice che i misericordiosi sono «beati», sono felici: e io ho cercato di individuare le «beatitudini» che possono sgorgare dal vivere come «opere di misericordia» alcuni compiti propri del mondo militare. Cari amici Carabinieri, e anche voi membri dell’Associazione, voi siete «beati» quando, ad esempio, sapete accogliere e non escludere o respingere, proteggere l’essere umano da ogni forma di violenza e il creato dagli abusi e dalle contraffazioni, difendere i cittadini e rispettare la dignità di ogni uomo, anche dei peggiori criminali, sperando sempre nella possibilità di conversione… Credere nell’uomo è necessario per difendere e servire la vita.   Per fare tutto questo, però, la strada è faticosa e ci obbliga sempre a qualche rinuncia. Maria, nel Vangelo (Lc 1,39-50) ce la indica, recandosi, come dice il testo, «in una reginone montuosa», cioè affrontando la fatica del viaggio per portare aiuto a una donna anziana rimasta incinta. Difendere la vita, cari amici, è un «servizio» che implica un «viaggio», quello che ci fa uscire da noi stessi per accorrere ovunque qualcuno abbia bisogno di noi. È il viaggio di Maria, è il vostro viaggio. È la missione di voi, carabinieri in servizio, spesso costretti a lasciare la vostra casa, a separarvi per periodi anche lunghi dalla famiglia per raggiungere, in Italia e all’estero, luoghi che richiedono la vostra presenza e la vostra opera: che richiedono la vostra misericordia. È la missione del grande mondo del volontariato della vostra Associazione, che vi vede attenti a tante necessità nascoste, a tante sofferenze profonde, che solo il cuore di chi viva la gratuità sa scorgere e soccorrere con amore. È, in una parola, la vostra vocazione alla solidarietà in tutte le sue forme: nei confronti di chi abbia difficoltà economiche o disagi lavorativi, come pure verso coloro che la vita ha reso soli: penso alle mogli e ai figli dei vostri colleghi, caduti per aver vissuto fino in fondo l’ideale della solidarietà, lo spirito del servizio e, anche se forse inconsapevolmente, la via della misericordia. Li ricordiamo oggi tutti, con gratitudine e affetto.   Carissimi fratelli e sorelle, la difesa della vita è il senso profondo della vostra Associazione. E difesa della vita signifca, lo abbiamo ascoltato dalla seconda Lettura (1Cor 15,22-26.28), credere nella Risurrezione; dire, con la vita, che «l’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte». Per fare questo, però, non basta l’uomo, ci vuole Dio. Ci vuole la Sua forza e il Suo amore, ci vuole la Sua misericordia. Perchè la vita non è solo un valore sacro e intangibile: la Vita è Cristo. Non dimenticatelo e, lottando per gli altri, lottate sempre con Lui, per Lui e in Lui! Per intercessione della Madre della Vita, Egli vi benedica e vi dica oggi il mio grazie e il grazie della Chiesa, per quello che fate e quello che siete. X Santo Marcianò

Arcivescovo
[1] Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium Vitae, 104
[2] Santo Marcianò, «Date una carezza!». Lettera Pastorale per il Giubileo della Misericordia, Ancora, Milano 2016