Omelia nella Messa in preparazione alla S. Pasqua e Giubileo dei militari

18-07-2016
Milano, Chiesa Beato don Carlo Gnocchi – 15 marzo 2016

 Carissimi, è con grande gioia che vi incontro dentro il mistero dell’Eucaristia, in questa Quaresima dell’Anno Giubilare che ci prepara in modo speciale al dono della Pasqua. Una Quaresima e una Pasqua Giubilari, cioè segnate in modo speciale dalla Misericordia. L’Eucaristia ci mette dinanzi a Gesù, «Volto della Misericordia del Padre»[1]. E, nella Parola di Dio di oggi, noi tocchiamo il mistero della misericordia, con una grande apertura alla speranza. Sì, la speranza è un dono che si accoglie assieme al mistero della misericordia. Chi fa esperienza di misericordia diventa uomo o donna di speranza. È il messaggio di vita e santità che raccogliamo in questa Chiesa giubilare del Beato Carlo Gnocchi, celebrando con il suo calice. Un’emozione profonda, anche perché è la prima volta che qui si svolge una Celebrazione del mondo militare; soprattutto, un segno forte che noi raccogliamo dalla sua testimonianza di uomo che ha portato misericordia e speranza, in particolare nel ministero di cappellano militare.   La prima Lettura (Gen 45,2-20) mostra la significativa figura di Giuseppe, anch’egli uomo che non smetteva di sperare, persino dinanzi a situazioni che lo vedevano esposto fino al rischio della vita. Giuseppe è venduto e fatto schiavo ad opera dei suoi stessi fratelli, perché figlio amato dal padre. Ed è proprio così, anche nel nostro tempo: chi schiavizza gli esseri umani con lo sfruttamento, le dipendenze, il denaro, chi adesca bambini, chi pratica la violenza e uccide, chi non tende le mani ai migranti e ai profughi che cercano di toccare le nostre coste, lasciandoli annegare nel mare della schiavitù e dell’indifferenza… sono fratelli nei confronti di altri fratelli in umanità. Vedete, la schiavitù è un legame malato che sostituisce i legami sani, costitutivi dell’essere umano. Se ci pensiamo bene, la libertà serve proprio a questo: a creare legami liberi, pieni, autentici; l’identità della persona, infatti, è quella di “essere in relazione”. I fratelli di Giuseppe avevano rotto il legame con il fratello, quasi – dicevamo – sentendone l’invidia per il suo essere figlio amato dal padre, fino al punto di farlo schiavo, fino al punto di volerlo uccidere. Ma come pensare che il padre non amasse anche loro? Il punto è proprio qui: è il rifiuto del fratello che oscura l’amore del padre, rende incapaci di accorgersi che quel Padre, in realtà, ama ciascuno di noi con lo stesso amore, con la stessa misericordia. Nel Vangelo (Gv 6,63b-71) Gesù annuncia il tradimento di Giuda e anche questo è un attacco alla paternità. Il mistero della misericordia, al contrario, ci rimanda al mistero della fraternità. Ogni peccato contro la misericordia è un peccato contro la fraternità e, dunque, contro quel Padre che ci ha voluto fratelli, che ci chiede di diventare “prossimo” per i nostri fratelli, liberandoli da ogni forma di schiavitù.   È quello che fa Giuseppe. Egli ritrova e accoglie, apre le braccia ai fratelli che lo avevano venduto e reso schiavo ed è, per loro, fonte di perdono, liberazione, misericordia. È quello che fa Gesù con Giuda, con Pietro, con ciascuno di noi: accogliere, liberare, avere misericordia di chi lo ha tradito, rinnegato, rifiutato. Ricordando don Gnocchi non possiamo non pensare a come questi siano atteggiamenti che costruiscono, nel quotidiano, una vera cultura della pace, una vera pace! Una cultura, questa, che voi militari potete e dovete far crescere, nella nostra società e nel mondo intero, facendovi portatori di fraternità. Lo fate, so che lo fate. E lo fate con amore! Lo vedo con i miei occhi, lo ascolto dalle vostre esperienze, visitandovi nella quotidinità della vostra missione come pure nei luoghi in cui è viva la guerra. Voi, ovunque, combattete un’altra guerra: quella contro l’ingiustizia, l’illegalità, la corruzione, la violenza, l’indifferenza; per questo non potete usare le stesse armi che la guerra mette in campo, perché non sono armi che portano alla vittoria ma alla disfatta, al protrarsi della logica della guerra. Una logica che non pervade solo i grandi conflitti ma che è alla base di ogni disordine, contro cui voi lottate, soffrite, anche semplicemente quello delle nostre città. E soffrire per la guerra significa anche soffrire per le sue cause, prossime e remote. «Chi soffre per la guerra – scriveva don Gnocchi – è la vittima che paga per tutti, rappacifica gli uomini con Dio e riconquista la pace e l’ordine ai propri fratelli»[2].   C’è sempre un prezzo da pagare per voi, cari militari e forze di sicurezza. Un prezzo che inizia dal servizio e arriva fino al dono di sé, talora fino al dono della vita. In questa Eucaristia, confortati dalla preghiera di un “cappellano” come don Gnocchi, vogliamo ricordare in modo speciale tutti quei militari che hanno trovato la morte nello svolgimento del proprio dovere di cura, difesa, protezione, custodia della vita umana, della vita dei fratelli. La logica della guerra si combatte non distruggendo la vita altrui ma offrendo la propria vita, per riportare nel cuore dell’uomo l’amore Dio che ha dato il proprio Figlio per ciascuno di noi. «La guerra è un temporaneo distacco dell’uomo da Dio»[3] scrive ancora don Gnocchi. La guerra, ogni guerra e ogni violenza, invocano ancora più forte il bisogno di Dio; anche e soprattutto le guerre che si combattono oggi, spesso in nome di intolleranze religiose, spesso arrivando a terribili abomini, come il moltiplicarsi del fenomeno aberrante dei bambini-soldato, la violenza alle donne, la costrizione del popolo alla fuga.   Sì. Anche la guerra grida che l’uomo ha bisogno di un Padre! Di questo rapporto con Dio Padre, Gesù è testimone, è portatore «Nessuno può venire a me se non gli è concesso dal Padre», egli dice, mentre invita i suoi discepoli a scegliere se restare o meno con Lui. «Da chi andremo, Signore? Tu solo hai parole di vita!». La risposta di Pietro, invita anche noi a fare l’esperienza dell’unione con Dio, ad ascoltare la Sua voce; a chiedere umilmente quella misericordia che è liberazione dal male e dal peccato; a lasciarci liberare per poter liberare. Il Giubileo della Misericordia, in particolare il tempo della Quaresima, richiama a un cammino di conversione e chiede che, con passo sincero e sereno, sappiamo intraprendere la via del “ritorno a casa”, come il “figliol prodigo” della famosa parabola (Lc 15,11-32), perché lì troviamo le braccia misericordiose e gioiose di un Padre che, come ripete il Papa, «mai si stanca di perdonare». È l’esperienza della Riconciliazione, la riscoperta del Sacramento della Confessione, come dono che Dio ci fa ma anche come dono, regalo che noi possiamo fare a Lui, per donarGli, dopo ogni nostra caduta, la gioia di poterci rialzare, accogliere, abbracciare. Sì, la gioia. Ho voluto ricordarvelo con una piccola “Lettera” inviata per la Quaresima: la Misericordia è «gioia di Dio»[4] ed è per noi esperienza di gioia sempre nuova e sempre piena, soprattutto quando riusciamo ad accostarci al grande e stupendo sacramento della Riconciliazione.   Cari amici, con un paragone piuttosto audace, don Gnocchi diceva che «il soldato è un piccolo e umano redentore – dico redentore pensando al Cristo – perché la legge in forza della quale il soldato soffre e muoreè la stessa per cui il Cristo porta e sale la croce: per gli uomini e per la loro salvezza»[5]. Sì, per gli uomini! È il senso della missione di misericordia e speranza affidata anche a voi, Forze Armate e Forze dell’Ordine. A nome della Chiesa, vi dico grazie, perché lo fate e, facendo questo, voi aiutate anche la Chiesa a essere, come Gesù, «Volto della Misericordia del Padre»[6]. X Santo Marcianò

Arcivescovo
 
 

   

 
 

 

 
 

    


[1] Francesco, Misericordiae Vultus. Bolla di indizione del Giubileo della Misericordia, 1
[2] Carlo Gnocchi, Cristo con gli alpini, Mursia, Milano 2008, p. 72
[3] Ibidem
[4] Santo Marcianò, La Misericordia, gioia di Dio. Piccolo percorso per celebrare il sacramento della Riconciliazione. Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2016
[5] Carlo Gnocchi, Cristo con gli alpini, Mursia, Milano 2008, p. 72
[6] Francesco, Misericordiae Vultus. Bolla di indizione del Giubileo della Misericordia, 1