Omelia Pellegrinaggio a Torino per Ostensione della Sindone

23-06-2015
L’Amore più grande!
Carissimi fratelli e sorelle delle Forze Armate,
siamo insieme qui, ai piedi della Sacra Sindone, per contemplare questo Amore e per farci contemplare da Lui.
È un grande dono, quello che stasera il Signore ci fa. Un grande privilegio. Essere qui, in questa penombra splendente della Luce della Sindone, in questo silenzio solenne che parla al cuore. Noi siamo qui pellegrini alla ricerca di un Volto, consapevoli che la ricerca di questo Volto segna il pellegrinaggio di tutta una vita. Vi saluto tuttiringraziando di cuore ciascuno di voi.
Sì, noi cerchiamo il Tuo Volto, Signore. Lo cerchiamo in questa suggestiva e intensa Celebrazione Eucaristica nella quale, come in ogni Eucaristia, il Tuo Volto è sempre presente, è il Volto di un Uomo segnato dalla Croce, straziato da dolori autentici che Ti fanno incredibilmente vicino a tutti gli strazi e i dolori dell’uomo di ieri, di oggi, di sempre; che Ti fanno vicino ai nostri dolori personali e a quelli delle persone più care a noi, a tutti quei dolori che oggi portiamo qui.
Ma quel Volto è Vivo, è il Volto del Risorto; noi lo percepiamo con la forza della fede e il calore dell’amore. Se siamo qui, cari amici, lo siamo a motivo di questo Amore che chiama, ama e manda. Il messaggio che la Sindone grida è tutto qui!
 
Un amore che chiama.
Questa è una Tela della quale si interessano in molti, molti ne sono attratti. Basti pensare ai tanti studi scientifici, ai dibattitti sulla sua autenticità, alla storia; basti pensare a cosa c’è dietro una semplice stoffa: le mani che l’hanno tessuta, la provenienza delle fibre di cui è composta… In casi come questi, ad esempio, anche alcuni tra voi potrebbero essere chiamati a compiere verifiche.
Noi, però, oggi non siamo animati dalla curiosità di sapere. Noi, dicevamo, siamo pellegrini, pellegrini come Abramo il quale – lo abbiamo ascoltato dalla prima Lettura (Gen 12,1-9) – fu mandato fuori dalla sua terra, a raggiungere il luogo che il Signore aveva pensato di dare al Suo popolo. E mentre Abramo compie un viaggio difficilissimo, pieno di pericoli, caratterizzato da momenti di scoraggiamento, di dubbio, di morte, Dio gli appare e gli promette una discendenza alla quale dare la terra.
Il nostro è un Dio che appare! Non è un Dio che ama stare tra le nubi, nascosto agli occhi dell’uomo, reggendo dall’alto le sorti dell’universo. Dio appare! Dio entra nella storia e nei cuori, nel vivo delle vicende umane. E la Sindone lo dimostra.
Abramo Lo vede, questo Dio, e continua il pellegrinaggio verso la terra promessa con maggiore forza, motivazione, gratitudine. Egli, dice la Bibbia, sente il bisogno di costruire un altare al Signore che appare. Sente il bisogno, di incidere, per così dire, la propria gratitudine con un segno che esprima come tutto viene da Dio e a Dio ritorna.
L’altar: segno dell’offerta, del Trascendente, della preghiera.
 
Un amore che ama.
Dinanzi a questo altare sgorga oggi la preghiera e, con il versetto alleluiatico, ci rivolgiamo a Dio: «Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore».
Come ad Abramo nel lungo e difficile pellegrinaggio della vita, anche a noi, contemplando la Sindone, Dio oggi appare! E non ci sembri esagerato. L’apparizione di Dio non è, come forse siamo abituati a credere, un evento sensazionale con cui Egli vuole essere visto meglio.
Dio appare per dire che ci ama, per guardarci, per scrutarci. E noi siamo qui con la fatica del pellegrinaggio della vita ma anche con la commozione di sentirci attesi da Lui, commozione che riecheggia in questa Cattedrale dove solo ieri Papa Francesco ha pregato, venerando la Sindone.
La Sindone interpella l’intelligenza, la scienza, la ragione umana: e ci si potrebbe fermare lì. Ma, oggi lo tocchiamo con mano, la Sindone interpella la vita. E la interpella con l’Amore più grande!
Più grande dell’indifferenza, del dolore, della morte. Sì, più grande; e per ciascuno di noi.
Pensiamoci bene: chi può dire che un amore è grande? Solo chi si senta amato, chi si lasci amare.
«Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore». L’amore non è una teoria, è un’esperienza. Siamo chiamati a viverla, ad accoglierla questa sera. L’esperienza di «un amore fedele, che non delude, che non viene mai meno… che non si stanca mai di volerci bene», come ha detto ieri qui Papa Francesco; amore «che ricrea tutto, fa nuove tutte le cose»; e il nome di questo amore – ha aggiunto il Papa – è «perdono». Il perdono di Dio viene donato sempre, solo che lo chiediamo. Facciamolo, questa sera, e impariamo a farlo sempre. Tutti siamo sempre bisognosi di perdono!
Se ci pensiamo bene, c’è un legame profondo tra l’Ostensione della Sindone e il Giubileo della Misericordia, perché la grandezza dell’amore si misura, prima di tutto, da questa misericordia che ci scruta, ci guarisce e ci dona una missione nella nostra missione.
 
Un amore che manda.
Come militari, siamo abituati alla missione come a un essere inviati di luogo in luogo, a volte per ordini eseguiti contro voglia, senza comprendere il senso. La missione che Dio ci dona non chiede tanto di capire “dove” siamo mandati: Abramo non conosce la Terra Promessa e certamente ne ha paura, come spesso capita a voi, a tutti noi. L’amore, invece, ci fa capire “come” siamo mandati.
Dinanzi all’Amore più grande, riecheggiano con un’eco struggente le parole del Vangelo di oggi (Mt 7,1-5): «Con la misura con la quale misurate sarete misurati».
La missione di voi militari è talora smisurata: sono smisurate le forze che impegnate, il sacrificio che vi è richiesto, il rischio che correte, la dedizione che offrite. Lo testimoniano anche le vite donate dei tanti nostri caduti che oggi, dinanzia alla Sindone, vogliamo ricordare.
Il Volto che oggi contempliamo aggiunge un “di più” al quale non si può resistere. La Sindone è Volto e misura dell’amore. E dell’amore senza misura!
È proprio vero, il Volto è impresso in questo Telo così come è impresso nel volto di coloro che voi servite: nel volto dei cittadini italiani che chiedono aiuto, così come nel volto dei fratelli stranieri che qualcuno, nonostante tutto, continua a chiedere di scartare.
La Sindone grida ancora contro lo scandalo del rifuto degli uomini: siano essi i poveri o i piccoli, i bambini nel grembo materno o i sofferenti in una malattia senza speranza; gli affamati e i profughi, le vittime della guerra, della finanza ingiusta e dell’antropologia individualista contro cui Papa Francesco grida anche nella sua Enciclica “Laudato Sì”, ricordando come l’ecologia abbia una «radice umana».
Sì. La Sindone, Icona di un Volto Scartato, è un grido ed è una provocazione contro ogni scarto!
Voi militari, però, non siete abituati a questo scarto. Voi – e di questo, come pastore, non finisco di dire il mio grazie a nome della Chiesa – sapete misurare gli altri con la misura dell’accoglienza, della fratellanza, della custodia, dell’amore senza misura. Non dimenticatelo mai: soprattutto nei momenti della fragilità, della sofferenza, del dolore, della morte, è questa la misura con la quale tutti vorremmo fosse a noi misurato. Tutti vorremmo avere un amore che ci avvolge.
 
Carissimi fratelli e sorelle, la Sindone è Icona di questo Amore di cui tutti sentiamo il bisogno, anche Gesù Uomo! Un telo di lino ha avvolto il Corpo di Cristo deposto dalla Croce. Siate anche voi così, mi verrebbe di dire. Siate anche voi come la Sindone. Siate braccia che, oltre a soccorrere, avvolgono i dolori di coloro che avvicinate, imprimendo nel vostro cuore le loro ferite e imprimendo nel loro volto il Volto Crocifisso e Risorto, Icona di sofferenza e speranza. Icona dell’Amore più grande.
E così sia! 
X Santo Marcianò