S. Messa nella III domenica di Pasqua

26-04-2020

Carissimi fratelli e sorelle, ci ritroviamo ancora a partecipare all’Eucaristia attraverso i media. Dopo tante settimane, si inizia a guardare avanti, seppur con smarrimento, quasi ricominciando a camminare dopo lunga immobilità. E ricominciare significa non disperdere l’essenziale ritrovato ma ritrovare l’essenziale che è mancato.

Assieme a Gesù Risorto, che cammina con noi come con i discepoli di Emmaus che il Vangelo invita ancora a contemplare, vorrei chiedermi: «Cosa è mancato di più in questo tempo?». Il cardinale Van Thuan ha spesso raccontato che nei terribili 13 anni trascorsi in prigione, di cui 9 in isolamento, riuscì a sopravvivere grazie all’Eucaristica celebrata con tre gocce di vino e una di acqua, unica cosa di cui disponeva. Facendomi portavoce dei desideri di tanti di voi, dico: ci è mancata la Messa! Lo abbiamo capito meglio: senza l’Eucaristia non possiamo vivere!

Vogliamo dunque contemplare questo noto racconto evangelico come un’Eucaristia celebrata da Gesù, per ritrovare il valore di un sacramento che, ha detto il Papa, non si può «viralizzare», vivere on line.

 

Gesù in persona convoca la comunità

«Gesù in persona si avvicina e cammina con loro». Gesù «in Persona»: questa è la Messa! È Lui che convoca; come i discepoli di Emmaus Lo accolgono, noi rispondiamo al Suo invito al «convito pasquale nel quale si riceve Cristo», dice il Concilio (SC, 47-48); e «la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori ma partecipino all’azione sacra consapevolmente, piamente, attivamente». La Messa è memoria viva del sacrificio, della morte e risurrezione di Gesù, che ci salva camminando con noi, condividendo il cammino.

Da una parte il cammino della Croce: alla Messa siamo convocati da un Dio Crocifisso e Risorto per noi, che entra nelle nostre croci trasfigurandole, e noi vi portiamo le nostre croci, le croci di chi ci sta a cuore, di chi si aspetta, come i discepoli di Emmaus, un Dio trionfante, che magari risolve i problemi ma non li fa suoi.

Dall’altra parte il cammino della comunità. La Messa non è solo convocazione, è invocazione: «Resta con noi, Signore», resta sulle tante croci che accomunano l’umanità, anche in tempo di Coronavirus. La Croce sempre accomuna l’umanità, accomuna Dio e l’uomo. E Gesù cammina con questa umanità, con i due di Emmaus, che assieme sono comunità, Chiesa, popolo.

 

Gesù parla e ci aiuta a leggere le vicende della vita

Ma il Vangelo della Croce è difficile da capire, per i discepoli come per noi. Allora Gesù fa un’omelia, «spiega» il senso delle Scritture. Sempre l’uomo ha bisogno di dare un senso; e Lui ricorda che il senso di tutto, della “pandemia”, va cercato nella Sua Parola.

La prima parte della Messa è proprio la Liturgia della Parola. La Parola, incarnata nella singola Eucaristia per opera dello Spirito Santo, ci aiuta a leggere la nostra vita in quel preciso momento e alla Presenza di Cristo Risorto; a leggere, attraverso il messaggio della Croce, la potenza dell’Amore e della Risurrezione.

Nel Vangelo, abbiamo ascoltato che Gesù «spiegò in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui». Non ha certo spiegato tutto l’Antico Testamento in una serata, ma ha spiegato tutto perché quel messaggio di Amore è racchiuso in ogni Parola della Bibbia; e perché in Lui, che è la Parola stessa di Dio – scrive San Giovanni della Croce – il Padre ha detto «tutto».

Gesù è Parola che arriva al «cuore» e lo fa ardere!

 

Gesù accoglie il nostro invito e ci trasforma

Non basta, infatti, la spiegazione ricevuta: i discepoli sono consapevoli di come sia quello sconosciuto in persona a far loro ardere il cuore; sentono sciogliere la delusione, la tristezza, la solitudine: si sentono trasformati da Lui che parla e Lo invitano a entrare.

Nella preghiera dei fedeli ci rivolgiamo a Gesù, nella Preghiera Eucaristica Gli chiediamo di venire sull’altare, come nella casa a Emmaus, ma non senza offrirGli la nostra casa, ciò che abbiamo e che siamo: i nostri doni, impegni, le nostre gioie, i frutti del lavoro…; le prove, le sofferenze, le angosce; i limiti, i peccati, le miserie…

Nel “grande offertorio”, impariamo che la Messa è profonda esperienza di verità, trasparenza, generosità, umiltà: è credere che la misericordia del Signore ci accoglie, ci libera dai peccati se Gli chiediamo perdono, trasforma la nostra vita se la doniamo a Lui, come trasforma in Se stesso il pane e il vino che Gli offriamo. Lo crediamo, dunque, e gridiamo: «Vieni, resta con noi»!

 

Gesù resta ma poi scompare

E Gesù viene, nel momento della Consacrazione, e resta con noi e in noi attraverso il misterioso incontro della comunione. Sì, rimane perché si fa vita dentro di noi, si lascia assimilare dal nostro corpo e dalla nostra anima, cresce in noi e noi cresciamo in Lui.

Gesù resta perché si fa Pane spezzato, prende dimora dei nostri cuori, spezzati dalla pandemia e da altre tragedie, egoismi, individualismi che frammentano l’umanità, nei conflitti personali e nei conflitti armati.

Lui si spezza per riunirci, per far sì che noi non ci lasciamo spezzare dal peccato, smembrare dal demonio che divide. Assieme ai discepoli, sentiamo anche noi come Egli ci «scalda il cuore», cioè fonde insieme i pezzi di ogni cuore spezzato dal dolore o dalla tristezza, frammentato dal peccato o dall’odio. Ci unifica interiormente, così diventiamo capaci di riconoscere Colui che, spezzandosi, si dona a noi.

Il nostro diventa un «cuore che vede» l’invisibile, l’amore; un cuore trasformato dall’amore. Con la Comunione, Gesù sparisce dalla vista ma rimane nel cuore: come custodirLo?

 

I discepoli andarono

È l’ultima parte della Messa, che inizia quando si esce da Chiesa. Il Signore, che ci ha riunificato il cuore, ci chiede di spezzarlo di nuovo ma nel modo in cui lo ha fatto Lui: nell’amore, nella carità eucaristica. È ciò di cui c’è e ci sarà sempre bisogno, ciò di cui c’è bisogno per ricostruire, rinascere dopo la pandemia.

La rinascita di oggi verrà da cuori che si spezzano per amore, capaci di vedere e donarsi ai tanti cuori spezzati dal dolore della malattia o della separazione, come pure dalla povertà crescente e allarmante; verrà da cuori resi eucaristici dalla presenza di Gesù.

 

Cari amici, l’Eucaristia, «fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione» (PO,5); è ora necessaria più che mai. E mentre chiedo a Dio e ai responsabili che riprenda presto, vorrei che rendessimo grazie al Signore, questo significa la parola eucaristia, per tutte le volte che Lo abbiamo incontrato, ascoltato e “mangiato”, forse senza accorgerci, come a Emmaus, che nella Messa Gesù è con noi, si offre per noi, resta in noi.

E così sia!

Santo Marcianò