Quando la preghiera per la pace viaggia sulle onde di Radio Vaticana

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(16-10-2025) Pubblichiamo in appresso la bella testimonianza di don Vincenzo Venuti che, in occasione del rosario in piazza San Pietro voluto dal Santo Padre, è stato inviato da S.E. l’Arcivescovo Gian Franco Saba alla Radio Vaticana, per il commento radiofonico dell’evento in affiancamento al cronista. Il significativo invito è stato rivolto all’Ordinario, direttamente dal Capo Redattore del canale italiano della Radio Vaticana, il giornalista Luca Collodi, da sempre attento con tutta la redazione alle attività della diocesi castrense.

In occasione della Giornata di Preghie­ra per la Pace promossa dal Santo Pa­dre, ho avuto la gioia e la responsabi­lità di prestare un servizio presso Radio Vaticana, su invito dell’Ordinario Militare per l’Italia, Mons. Gianfranco Saba. È sta­ta un’esperienza intensa, profonda e, in un certo senso, commovente: un modo per accompagnare la preghiera del Papa e della Chiesa universale anche attraver­so la voce, le parole e il si­lenzio condiviso dell’etere.

Il Santo Padre ha voluto un Rosario e un’Adorazione Eucaristica per la pace, unendo le voci del mondo intero in un’unica supplica. L’Ordinariato Militare è stato chiamato a parte­cipare, riconoscendo nel cappellano militare una figura che vive quotidianamente accanto a chi o­pera nei luoghi più fragili e segnati dai conflitti, testimone della speranza e custode della pace.

Durante la trasmissione, guidata dal giornalista Luca Collodi, abbiamo cercato di accompagnare la preghiera di chi era in viaggio, a casa o al lavoro, impos­sibilitato a trovarsi fisicamente in Piazza San Pietro. Su quelle onde radio si è intes­suto un ponte invisibile tra cuori e popoli, un piccolo ma sincero contributo al gran­de coro che implorava il dono della pace.

Nella parte introduttiva ho potuto riflet­tere sul significato della pace nel Magiste­ro della Chiesa e sul particolare impegno dell’Ordinariato Militare in questo ambi­to. La data era densa di significati: si cele­brava infatti la memoria liturgica di San Giovanni XXIII, patrono dell’Esercito e del nostro Seminario. Con naturalezza è tornato alla mente il suo storico docu­mento Pacem in terris, con i suoi quattro pilastri – verità, giustizia, amore e libertà – che restano ancora oggi la grammatica essenziale della pace.

Nello stesso giorno ricorreva anche l’an­niversario dell’apertura del Concilio Vati­cano II e il celebre discorso Gaudet Mater Ecclesia, in cui Giovanni XXIII invitava la Chiesa a guardare al mondo non con ti­more ma con fiducia, scegliendo il lin­guaggio della misericordia piuttosto che quello della condanna. È lo stesso spiri­to che continua ad animare la nostra mis­sione come cappellani militari: essere se­gni di prossimità, consolazione e dialogo.

Nel corso della preghiera sono emersi an­che i drammi e le ferite del nostro tempo – in particolare il conflitto in Terra Santa – e la domanda che attraversa ogni epoca: la pace è un’utopia o una possibilità re­ale? La fede ci insegna che, nella poten­za di Dio, essa è possibile, e che non pos­siamo arrenderci dinanzi agli orrori del­la guerra. Ogni gesto di preghiera, ogni voce che si eleva a Dio, diventa un frammento di pace seminato nella storia.

Particolarmente toc­cante è stato il mo­mento della proces­sione della statua del­la Madonna di Fatima, la stessa che Giovan­ni Paolo II volle ringra­ziare dopo l’attentato del 1981. Nella corona che cinge il capo della Vergine è incastonata, da quarantatré anni, la pallottola che avrebbe potuto uccidere il Pa­pa. Un simbolo poten­tissimo: la violenza che si trasforma in segno di grazia, la morte che diventa vita.

Ho concluso l’intervento ricordando che solo il Signore può trasformare la morte in vita, le tenebre in luce, il lutto in gioia e la guerra in pace.

E questa preghiera, partita da Roma, si è fatta coro universale, giungendo – ne sia­mo certi – alle grandi orecchie di Dio, il Principe della Pace.

Don Vincenzo Venuti