I piccoli segni cristiani che sopravvivono a Istanbul

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(09-08-2025) «Quando la sagoma di Istanbul è apparsa all’orizzonte, dal ponte di volo di Nave San Giusto, non potevo fare a meno di pensare a quanta fede sia passata per quelle acque» racconta don Marco Falcone, cappellano militare. In questi giorni è imbarcato per seguire la campagna addestrativa degli allievi del Corso Okeanos dell’Accademia Navale di Livorno, e la rotta lo ha condotto a sfiorare la città che fu Costantinopoli. «È strano — continua — vedere svettare minareti là dove un tempo le cupole annunziavano la gloria cristiana. Ma basta saper guardare: i segni di Cristo sono ancora qui, anche se più piccoli, più discreti. E sono segni vivi».

Istanbul è una città sospesa tra continenti e secoli, dove il richiamo del muezzin si intreccia con il rintocco discreto di qualche campana. Qui, un tempo, il cuore del mondo cristiano pulsava nella maestosa Costantinopoli, capitale dell’Impero bizantino e sede del Patriarcato ecumenico. Per quasi un millennio, la Basilica di Santa Sofia fu il faro spirituale della cristianità orientale, simbolo di fede. La conquista ottomana trasformò radicalmente il volto della città, e molte chiese divennero moschee. Tuttavia, nei vicoli stretti e nei quartieri in particolare in prossimità della Torre di Galata, sopravvivono ancora segni minuti ma vivi della presenza cristiana, custoditi con cura dai Francescani e dal Vicariato Apostolico Latino.

Oggi i cattolici a Istanbul sono una piccola comunità — poche migliaia di fedeli in una metropoli di oltre sedici milioni di abitanti. Vivono dispersi, ma trovano unità attorno a parrocchie storiche, scuole e centri culturali. Le liturgie si celebrano in più lingue, a testimoniare la natura internazionale della comunità: italiano, francese, turco, inglese. Nonostante le sfide — dalla scarsità di sacerdoti alla necessità di preservare spazi e tradizioni in un contesto largamente musulmano — i cattolici di Istanbul mantengono una vitalità fatta di accoglienza, servizio e discrezione anche per i più poveri, la Caritas non aiuta soltanto i Cattolici, ma chiunque ha bisogno.

Santa Maria Draperis: una chiesa che rinasce dalle ceneri

Situata nel cuore di Beyoğlu, lungo la vivace Istiklal Caddesi, la chiesa di Santa Maria Draperis è una delle più antiche chiese cattoliche di Istanbul. La sua storia è segnata dalla resilienza: fondata nel XVI secolo da una nobildonna genovese, è stata distrutta più volte da incendi e terremoti, ma sempre ricostruita. L’attuale edificio, risalente al XIX secolo, custodisce un’icona miracolosa della Madonna portata da Genova. Entrando, il rumore della strada svanisce: restano solo il profumo d’incenso e il silenzio raccolto di una comunità che prega. Attualmente la chiesa è retta dai frati francescani che dipendono dalla Custodia di Terra Santa.

Sant’Antonio da Padova: un faro sulla via principale

Proseguendo lungo Istiklal, ci si imbatte nella basilica di Sant’Antonio da Padova, la più grande chiesa cattolica di Istanbul. Costruita in stile neogotico agli inizi del Novecento dai padri francescani italiani, è oggi uno dei punti di riferimento più visibili per i cristiani della città. Le sue porte sono sempre aperte, e non è raro vedere turisti e passanti fermarsi qualche minuto in preghiera o curiosità. L’interno, con le alte vetrate colorate e le statue dei santi, offre uno spazio di bellezza e raccoglimento che contrasta con il frenetico ritmo cittadino. Ho potuto colloquiare con Padre Alessandro, frate Minore Conventuale che cura la liturgia nella Basilica di Sant’Antonio, riferisce don Marco.

In una città che ha cambiato volto innumerevoli volte, i segni cristiani sopravvissuti non sono reliquie di un passato svanito, ma tracce vive di una storia che continua. Nelle messe domenicali, nei canti liturgici che riecheggiano in più lingue, Istanbul conserva un’anima cristiana che, seppur piccola, brilla ancora. Sono presenze che non cercano clamore, ma che ricordano che la fede, come certe pietre antiche tipo i mosaici di Aya Sofia, sanno resistere al tempo.