Camera dei Deputati – Sala della Regina, 13.02.2025
Ringrazio dell’invito e sono onorato di partecipare alla Presentazione di questo importante Progetto Editoriale, che vuole ripercorrere e proporre all’attenzione del pubblico la “scelta giusta” fatta da quei “poliziotti” che aderirono alla Resistenza.
Mi colpisce considerare che questa iniziativa cade a pochi giorni dalla Celebrazione di un grande evento: il Giubileo delle Forze Armate, di Polizia e di Sicurezza. Assieme a donne e uomini provenienti da tanti Paesi del mondo, abbiamo potuto ribadire l’impegno dei Militari e delle forze di Polizia a servizio della sicurezza e della pace. Usando una metafora evangelica, Papa Francesco ha messo in luce come «le divise… la disciplina… il coraggio… il giuramento… ricordano quanto sia importante non soltanto vedere il male per denunciarlo, ma anche salire sulla barca in tempesta e impegnarsi perché non faccia naufragio, con una missione al servizio del bene, della libertà, e della giustizia»[1].
Un’immagine suggestiva, che potrebbe anche descrivere il contributo di coloro i quali, con la dedizione e con il dono della vita, hanno costruito la rete di Resistenza che ha permesso di liberare l’Italia dalla vergognosa violenza nazifascita, organizzandosi in quella che un uomo di pace come don Milani spiegava come una «guerra… l’unica che non fosse offesa delle altrui Patrie, ma difesa della nostra: la guerra partigiana»[2].
Non una vera guerra, naturalmente, ma una lotta che voleva opporsi alla guerra, portata avanti – come questo Lavoro ha il merito di avere messo in luce – anzitutto da coloro che erano preposti alla sicurezza del Paese e cha hanno operato una difesa che non solo è lecita ma è addirittura necessaria qualora vengano lesi i diritti degli innocenti e la libertà, o sia esercitata violenza e prevaricazione in nome di interessi personali o discriminazioni religiose, politiche, razziali. Coloro che per questi valori hanno combattuto, lo hanno fatto nella certezza di difendere la libertà e la dignità umana, di difendere l’identità di un popolo al quale li legava un profondo senso di appartenenza, un autentico senso di Patria. Sono valori che nel dopoguerra hanno fatto da fondamento per le nostre Istituzioni, e molti di coloro che “hanno fatto la scelta giusta” hanno attinto proprio all’esperienza cristiana, come documentato nell’opera che oggi presentiamo.
Pensiamo all’esempio del questore Giovanni Palatucci, sostenuto, nel suo eroico impegno, dalla sua vita di fede; pensiamo al dono di sé nel sacerdozio, vissuto da don Pietro Pappagallo e da Mons. Nobels; alla testimonianza dei fratelli Paolino e Tarcisio Beltrame-Quattrocchi, straordinarie figure di cappellani militari, il cui ricordo è ancora vivo in questa città di Roma, che ha dato loro i natali in una famiglia di “santi” (i genitori, Luigi e Maria sono stati i primi sposi ad essere beatificati come coppia, il 21 ottobre 2001 da San Giovanni Paolo II) . È sorprendente e commovente leggere come, all’attività clandestina dei due fratelli, non furono estranei i genitori e la sorella, nella cui abitazione – a pochi metri dall’Ufficio di Kappler – trovavano rifugio militari in clandestinità, esponenti dei servizi segreti badogliani e alleati, resistenti, ebrei, ex prigionieri alleati che poi, con i documenti contraffatti e le tonache provenienti da Subiaco, potevano raggiungere il Monastero dove venivano nascosti.
Quanto importante è stata l’opera silenziosa e rischiosa di tanti religiosi e religiose nel difendere e nascondere ebrei o partigiani! E quanto prezioso il ministero di tanti cappellani nel fornire assistenza e sostegno ai militari protagonisti nell’organizzare la resistenza, oltre che condividendo anche la tragica sorte dei 600.000 militari internati o accompagnando i reduci di guerra; un’esperienza che trova una sintesi nelle parole di don Peppino Tedeschi, anch’egli vittima della persecuzione fascista che lo costrinse a vivere in clandestinità: «L’esperienza che ho fatto degli uomini e delle cose nessuno avrebbe potuto insegnarmela. Se mi domandassero qual è la parte migliore della mia vita, dovrei proprio rispondere senza esitazione: questa!»[3]
Il Progetto editoriale che presentiamo evidenzia tutto questo. E questo concreto accompagnare, ieri come oggi – ha sottolineato ancora il Papa -, supporta le Forze Armate e di Polizia nello svolgere i diversi incarichi e a «non perdere di vista il fine» del loro servizio: «promuovere la vita, salvare la vita, difendere la vita sempre», vigilando «contro la tentazione di coltivare uno spirito di guerra», di essere «sedotti dal mito della forza e dal rumore delle armi», di venire «contaminati dal veleno della propaganda dell’odio»[4].
Le storie che il Progetto Editoriale narra vanno in questa direzione. Si tratta pertanto di una narrazione preziosa e necessaria affinché, oltre gli orrori della guerra, rimanga traccia del grande bene seminato: della “scelta giusta” fatta in nome di quei valori che animavano coloro che hanno combattuto perché la guerra fosse vinta, permettendo a noi di vivere un futuro di pace.
Santo Marcianò
Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia
[1] Francesco, Omelia nella Messa per il Giubileo delle Forze Armate, di Polizia e di Sicurezza, Piazza San Pietro, 9 febbraio 2025
[2]Lorenzo Milani, L’obbedienza non è più una virtù, LEF, p. 31
[3] P. Tedeschi, Memorie di un prigioniero di guerra, Scholé, 271.
[4] Francesco, Omelia nella Messa per il Giubileo delle Forze Armate, di Polizia e di Sicurezza, Piazza San Pietro, 9 febbraio 2025