La Messa alla grotta di Massabielle

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(20-05-2017) Con Maria, e come lei, siamo chiamati ad entrare nell’infinito del rapporto con Dio. Lei è la via. È iniziato con questo riferimento a Maria, l’omelia della Santa Messa dei pellegrini italiani insieme alla delegazione svizzera, presieduta da S.E. Santo Marcianò e concelebrata da alcuni vescovi ospiti e da tutti i cappellani italiani, presso la Grotta di Massabielle.
Maria, Regina della Pace, in questo pellegrinaggio condotto dal tema “Dona Nobis Pacem”, ci fa comprendere che per poter realizzare la pace bisogna mettere Dio al centro della nostra esistenza come ha fatto lei. Il canto del Magnificat è proprio questo: una lode che “magnifica” (rende grande) Dio per le cose grandi che ha fatto in lei. In una realtà attuale della nostra società dove non ci stupisce più niente, bisogna lasciarsi stupire da Dio perché solo così potremo accorgersi della sua esistenza. Dei suoi doni in noi e scoprire così che la nostra vocazione, la nostra passione, è in Dio. Cosi come ci insegna Maria.
In particolare, rivolto ai ragazzi delle accademie e delle scuole militari, che si preparano alla professione militare, il nostro arcivescovo esortava a mettere Dio al centro della passione per il nostro mestiere: solo cosi potremo “edificare il mondo come costruttori di pace”. Altrimenti subentrano altre passioni e altri idoli che mettono in ombra Dio. E se Dio non esiste tutto è permesso.
Ricordando poi S. Madre Teresa di Calcutta la quale diceva che “se una donna uccide un bambino nel grembo, come ci meravigliamo della guerra” rivolgendosi anche alle tante famiglie presenti che hanno rinnovato le promesse di matrimonio, la riflessione del vescovo metteva in evidenza che solo Dio promuove la vita, altre ideologie piuttosto la distruggono o teorizzano su ciò che Dio ha già fatto.
Il passo del Vangelo che è stato proclamato dà poi la chiave di lettura per comprendere come riuscire a realizzare ciò: essere come i tralci attaccati alla vite. Ovvero essere discepoli di Cristo in tutte le vocazioni della vita: il lavoro, la famiglia, la consacrazione. Rimanere in lui vuol dire essere suoi discepoli, perché lui possa agire attraverso di noi. Vivere cioè la comunione con Lui e tra noi.
E allora la modalità per attualizzare ciò è la fraternità. Se rimanere in Lui vuol dire comprendere tutti i doni che Dio ha fatto a noi e riconoscere che noi siamo nulla senza di Lui, bisogna anche imparare a condividere con i fratelli come se facessimo tutto per Dio. Cioè “vivere per”: dare tutto per i fratelli per ridare i doni ricevuti a Dio. Anche le sofferenze. La morte e la sofferenza non sono da Dio, ma Dio le ha assunte in sé nel Figlio, perché anche noi offrissimo come Lui la nostra sofferenza a Dio a beneficio dei fratelli. A servizio dei fratelli. (Mauro Medaglini)