La “fiamma ecumenica” vicina ai militari

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(26-11-2021) La Beata Suor Liduina Meneguzzi (delle suore Salesie di Padova, salita al cielo il 2 dicembre del 1941) nel 1937 era stata inviata come infermiera in Etiopia, a Dire-Dawa. Per il suo impegno rivolto indistintamente a musulmani, cattolici e copti, le fu attribuito il titolo di “fiamma ecumenica”. Con lo scoppio della guerra l’ospedale dove operava suor Liduina divenne militare. Ammalatasi, morì quarantenne. Venne sepolta nel cimitero di Dire-Dawa tra i soldati italiani.

Il suo ricordo ci porta a quel senso di gratitudine che nasce dal ripensare gli ultimi mesi della vita della Santa con i nostri militari italiani a Dire-Dawa, in Etiopia, proprio durante il secondo conflitto mondiale. Sono gli anni ’40 del secolo scorso. Tempi difficili legati a scelte superiori molto spesso discutibili. Ma sono anche gli anni dell’entusiasmo, degli ideali, del ‘partire’ e del bisogno di ‘esserci’ e di ‘donarsi’.

Solo in quest’ottica si comprende la scelta di molti missionari e missionarie che partirono e ancor oggi partono dalla loro terra per andare là… là dove il Signore li chiama a ‘donare’ la loro vita.

Scelta sicuramente non facile se non è accompagnata da una vita di fede e da tanta preghiera.

Questo atteggiamento è richiesto anche a suor Liduina quando nel 1937, prima di fare la domanda per partire per le missioni chiese alla maestra del noviziato: “Dice madre, che possa fare la domanda per andare in missione? Sono tanto poca, sono proprio niente. Ci sarà da fare anche pulizia, farò quella io”.

La sua domanda fu accolta e suor Liduina assieme ad altre consorelle vennero inviate in Etiopia.

Lì inizia la sua avventura senza via di ritorno, – come tanti nostri militari – lì dovrà scontrarsi con la sofferenza e il martirio. Non mancano momenti di incomprensione e umiliazione proprio da chi lei serve senza guardare l’orologio e a qualsiasi ora del giorno e condizione.

Di fronte a molte testimonianze di riconoscimento di una vita spesa a servire gli ultimi, gli ammalati, i sofferenti fa quasi rabbia pensare che ci possa essere stato anche chi avesse un atteggiamento ostile e freddo nei suoi confronti. E accanirsi verso una donna, una suora forse poteva sembrare la soddisfazione maggiore in quel momento.

Ma suor Liduina resiste, anzi proprio lì si concentrano le sue attenzioni e il suo amore. È una sfida non al più potente ma a ‘morire in Cristo’ come il chicco di grano caduto a terra che se non muore non può portare frutto. E il suo frutto lo porta, eccome se lo porta!

La grandezza di questa ‘piccola’ donna la si comprende solo alla luce del Vangelo, del suo amore per Cristo e per i fratelli. Che non è solo sua ma di tante altre consorelle che vivono la stessa esperienza con lei.

Tutto a tutti, nella carità’ era solito dire San Francesco di Sales e la beata lo sapeva bene. Non lo aveva solo imparato ma fatto suo, incarnato.

Ancor oggi con le parole di san Paolo sembra suggerirci: ‘Per me vivere è Cristo e il morire un guadagno…’.

Per suor Liduina questo traguardo avverrà il 2 dicembre 1941.

Una morte prematura ma in una vita piena. Coronando la sua esistenza da missionaria e offrendo la sua vita a Cristo per il bene e la salvezza di tante anime.

Possiamo sintetizzare nelle parole del prof. Giuseppe Toffanin il programma di vita che caratterizzò suor Liduina quando scrisse: “La Meneguzzi era una santa perché era una donna di fede; credeva e… viveva come credeva”. Suor Liduina uno splendido esempio di servizio, di vita piena e matura!