Omelia dell’Ordinario per l’apertura del Sinodo

19-10-2021

Assisi, 19 ottobre 2021

 

Carissimi Cappellani Militari, Rappresentanti delle Forze Armate e del PASFA, cari fratelli e sorelle,

con questa Solenne Celebrazione Eucaristica apriamo, in Diocesi, il Sinodo indetto da Papa Francesco: il Sinodo sulla sinodalità. Lo facciamo con trepidazione e convinzione, affidandoci allo Spirito Santo, del quale celebriamo la Messa votiva, consapevoli che invocare Lui è il primo atto del Sinodo.

La prima Lettura (At 2,1-11) mostra quella che potremmo definire la prima esperienza di “Sinodo” nella storia della Chiesa: è il giorno di Pentecoste e viene effuso il dono dello Spirito Santo.

Lo Spirito è protagonista degli inizi. Lo è all’inizio della Creazione, quando aleggia sulle acque; lo è all’inizio dell’Incarnazione del Figlio, quando avvolge Maria con la Sua ombra e ne feconda il Grembo; lo è all’inizio dell’esistenza di ogni creatura umana, come Soffio divino che rende l’uomo un essere vivente; lo è all’inizio della Chiesa e dimostra che la Chiesa è, per sua natura “sinodale”.

Lo Spirito Santo, è il Protagonista del Sinodo, nelle tre espressioni: comunione, partecipazione, missione.

La scena degli Atti degli Apostoli dice che si trovano «tutti insieme» ed è questo che rende possibile la discesa dello Spirito; poi, «la folla si radunò».

C’è, potremmo dire, una partecipazione globale.

Il Sinodo, incoraggiando la presenza attiva di tutti, richiede la «partecipazione». E la prima cosa che lo Spirito Santo chiede, a noi presbiteri soprattutto, è la capacità, la creatività, la sollecitudine di pastori che “radunino” il gregge. Occorre trovare vie concrete di coinvolgimento, rendere consapevoli i militari che, senza la partecipazione di tutti, non c’è vero Sinodo.

Leggiamo con attenzione il testo, vediamo che la folla si raduna da una parte per il radunarsi degli apostoli; dall’altra, a motivo di un «rumore» che si ode.

Mi piace leggere qui l’importanza della comunione presbiterale, della comunione tra il vescovo e i suoi presbiteri, come nucleo promotore della comunione nel popolo di Dio. E penso sia un dono che l’inizio del nostro Sinodo avvenga proprio “dentro” il Convegno dei Cappellani Militari che, ben più che un semplice convegno, è proprio “il” momento annuale in cui la nostra comunione cresce anche con il concreto incontro, più difficile in altri tempi.

Ecco, oggi siamo insieme e, attorno a noi, ci sono i rappresentanti del nostro popolo, che troveremo il modo di radunare nelle diverse zone pastorali, lasciando agire e “parlare” lo Spirito; mettendo tutti in grado di sentire quel «rumore» con cui, nel Suo primo manifestarsi, Egli si rende udibile da tutti gli abitanti di Gerusalemme, provenienti, peraltro, da «ogni nazione che è sotto il cielo». Una prospettiva universale espressa, nella nostra Chiesa, anche con la presenza dei militari operanti in altri Paesi, nelle diverse Missioni internazionali per la Pace.

A Gerusalemme, immagine della Chiesa di tutti i luoghi e di tutti i tempi, tutte le nazioni sono presenti e tutti, nella diversità, parlano la stessa lingua, si capiscono grazie all’azione dello Spirito. Germogliano cioè tra loro sentimenti di accoglienza, di condivisione, di compassione; di apertura del cuore a chi è diverso, lontano, estraneo, straniero. Il linguaggio, strumento di relazione, supera la dimensione sensibile e strettamente umana della comunicazione e diventa uno straordinario e soprannaturale veicolo di «comunione». Che responsabilità! Sant’Agostino ci ricorda che “il cuore cattivo fa la lingua cattiva”, impedisce cioè la relazione, la comunione. Il Sinodo sarà l’occasione per rieducare le relazioni (come ci ricorda la presidenza della CEI).

 

L’Icona di tale comunione si contempla nella seconda Lettura (1 Cor 12,12-31): è un’unione, un’unità che, come il «corpo», ha caratteristiche specifiche.

È, anzitutto, unità viva e dinamica. Ciò che dice la vita di un organismo sono proprio le relazioni tra le parti e la capacità di crescita. Dunque, il corpo è un’unita in relazione e in crescita, che si trasforma, ma mantenendo l’identità.

È unità armonica e ordinata tra parti completamente diverse, con funzioni completamente diverse, le quali, proprio nella diversità e per la diversità, possono mettersi a servizio le une delle altre. La logica del funzionamento armonico è proprio il servizio; ed è bello “radunare” cercando di far percepire a ciascuno come la propria unicità irripetibile, nonché lo spirito di servizio che i militari dimostrano, sia un tesoro importante non solo per il Paese ma per la Chiesa.

Come corpo, la Chiesa è unità che ha bisogno di ogni parte, anche di quelle invisibili, per funzionare. Ma l’energia vitale che lo muove è lo Spirito.

L’unità del corpo è sempre resa possibile dall’unità dello Spirito, perché è lo Spirito che da la vita. E lo stesso Spirito è all’inizio dell’incorporazione di ciascuno, nella Chiesa, per mezzo del Battesimo. Il Battesimo ci libera dai peccati, ci fa rinascere a nuova vita e, ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica, «ci fa membra del Corpo di Cristo» e «incorpora alla Chiesa. Dai fonti battesimali nasce l’unico popolo di Dio della Nuova Alleanza, che supera tutti i limiti naturali o umani» (CCC 1267) e rende «partecipi del sacerdozio di Cristo» nonché «partecipi del sacerdozio comune dei fedeli» (CCC 1268).

Cari amici, la partecipazione e la comunione che il Sinodo sottolinea sono un prezioso e urgente invito a riscoprire il senso di “appartenenza” ecclesiale. Ma, spesso, lo scarso senso di appartenenza ecclesiale si radica proprio in una scarsa coscienza battesimale.

Ecco, allora, che all’inizio del Sinodo ci raggiunge l’invito a riscoprire il tesoro prezioso del nostro Battesimo, a rinnovare una coscienza battesimale troppo spesso data per scontata o, addirittura, tradita. Mi piace vedere in quel «rumore» che attrae tutti i popoli e li raduna attorno agli apostoli, come prima Chiesa di Gerusalemme, l’eco di una sorta di “catechesi battesimale” che forse dovremmo trovare il modo di proporre nelle diverse comunità. Nel riscoprire l’appartenenza a cui il Battesimo ci consegna e il “carattere” definitivo con cui ci segna, potremo ritrovare la «partecipazione» e la «comunione» non come attività ma come identità.

 

L’identità battesimale abilita i fedeli «a partecipare all’attività apostolica e missionaria del Popolo di Dio» (CCC 1270), aggiunge il Catechismo. Da questa identità, cioè, sgorga l’azione missionaria della Chiesa che non è un fare, ma vivere alla luce dello Spirito, camminare mossi dallo Spirito e, per questo, annunciare con la forza dello Spirito.

Lo Spirito, «prende del mio», dice Gesù nel Vangelo (Gv 16,12-15), e «lo annuncia». È bellissimo!

Se, come Chiesa, noi lasciamo vivere e agire lo Spirito, possiamo «prendere» del Suo e annunciarlo. Possiamo dire e dare Gesù stesso: è questo l’annuncio a cui il Battesimo ci abilita, abilita tutti, in virtù del fatto che quel «corpo» che noi tutti insieme siamo non è altro che il Corpo stesso di Cristo, dal quale «prendiamo» per «annunciare» Lui, per donare Lui.

Questo ci fa vivere, fa vivere la Chiesa. Il corpo, infatti, è un’unità che si raccorda per mettersi in relazione con l’esterno. E il corpo comunica attraverso lo Spirito e comunica le cose dello Spirito: di queste gli uomini e le donne hanno bisogno, anche nel nostro tempo, anche se non ne sono consapevoli.

Il linguaggio dello Spirito, che gli apostoli per primi imparano a Pentecoste e che tutti noi siamo sfidati a reimparare nel tempo di grazia del Sinodo, si esprime nel Corpo, in noi Corpo: in quel Corpo che è la nostra Chiesa e la Chiesa universale che noi, oggi, rappresentiamo. E l’apprendimento di questo linguaggio, lo vedremo domani, richiede anzitutto l’ascolto.

 

Cari amici, «tutti erano stupefatti e si chiedevano l’un l’altro: che cosa significa questo?». Si conclude così la narrazione della Pentecoste. E io vorrei lasciarvi con questa domanda, vorrei porre all’inizio del nostro cammino sinodale questa domanda.

«Che cosa significa questo?».

Chiediamocelo l’un l’altro, come a Gerusalemme, e chiediamolo allo Spirito, in un atteggiamento di gratitudine, disponibilità, stupore e, come il Salmista (Salmo 104), benedicendo il Signore per il dono del Sinodo. A tutti buon cammino.

Santo Marcianò