Carissimi fratelli e sorelle, ogni anniversario è motivo di memoria, gratitudine, speranza. Ogni anniversario porta ad rivedere il cammino fatto e a scrutare quello che ci si schiude dinanzi. La vita è un cammino e nulla più dei sentieri di montagna lo ricorda. Cammino pieno di pericoli, certamente, ma anche spalancato su paesaggi meravigliosi, che rappresentano, da una parte, prospettive affidate alla contemplazione, dall’altra mete da raggiungere e per le quali siamo sempre alla ricerca delle strade giuste. Mi piace pensarlo così, il Bosco delle Penne Mozze di cui celebriamo il cinquantesimo anniversario.
È un cammino, dentro il quale si snodano sentieri ricchi di memoria: una memoria vivente, di persone vive e che hanno dato la vita, i nostri alpini caduti. Una memoria che, nel tempo, si è dilatata, facendo spazio non solo agli alpini trevigiani, come all’inizio, ma a quelli di tutto il Paese e del mondo. A partire dal 2001 quando, su una stele monumentale che raffigura simbolicamente un albero, nel Bosco si iniziarono a ospitare le “foglie” (targhe) di altre Sezioni alpine d’Italia. Anche oggi vengono scoperte 23 “foglie” di Sezioni italiane e quella di Vancouver, in Canada.
La memoria non è atto nostalgico o isolato, lo dice la Liturgia Eucaristica, memoria della morte e Risurrezione di Cristo ma anche momento di grande comunione, in cui ci ritroviamo come popolo e popolo di alpini. Un popolo che, potremmo dire, ha sue leggi, sue regole, un suo stile, una testimonianza tramandata di generazione in generazione.
Nella prima Lettura (Dt 4,1-2.6-8), Mosè consegna la Legge di Dio, assicurando al popolo di Israele che, in essa, si trova il benessere, la crescita, la possibilità di trovare il “luogo” dove vivere con serenità sulla terra.
Di questo, voi siete consapevoli. Voi sapete che ci sono norme scritte, come del resto norme non scritte, che non solo sono alla base del vivere civile ma assicurano il “di più”, il senso profondo dell’esistenza: accorgersi dell’altro, ritenere preziosa la sua vita, riconoscerne la dignità. Quando si dimentica di osservare leggi di questo genere, oppure quando alcune leggi, anche dello Stato, perdono il riferimento alla dignità straordinaria di ogni creatura umana, non si pratica la giustizia, non si assicura la crescita del popolo, non si apre la strada alla felicità.
Non è raro che rivendicazioni di alcuni diritti arrivino a esprimere comportamenti irresponsabili da parte dei cittadini nei confronti della legge – basti pensare a determinate posizioni emerse durante la pandemia – o, d’altra parte, possano portare a promulgare leggi irrispettose della vita, come, ad esempio, nelle attuali proposte relative all’eutanasia o al suicidio assistito…
Quanto contrasto con il sacrificio di chi, come quegli alpini che oggi ricordiamo, offre la vita per la vita dell’altro, perché l’altro viva fino alla fine!
Ecco, un sacrificio del genere è oggetto della nostra gratitudine e contemplazione.
Nella contemplazione della bellezza del paesaggio di questo Bosco, ciò che ricordiamo sembra vivo. E noi siamo grati perché ricordiamo non semplicemente dei defunti ma persone vive, diventate “dono”. La pianta vive ma viene dal dono di un seme che muore. Come spesso accade, la bellezza di questo Bosco nasce dal sacrificio di altri, da un dolore come quello delle doglie del parto, ovvero dal dono di vita.
Contemplare, cari amici, significa saper vedere tutto come un dono – ci esorta la seconda Lettura (Gc 1,17-18.21b-22.27) – un regalo che viene «dall’alto». Non sempre, però, siamo adeguatamente consapevoli di aver contratto un debito con la vita, con quanto ci è stato dato, con l’esempio di chi di chi ci ha preceduto e di chi, anche oggi, si impegna con incondizionata dedizione a servizio degli altri e del bene comune.
Un impegno che contraddistingue voi Alpini, assieme alle nostre Forze Armate, e regala alla comunità frutti fecondi, non da ultimo nel difficile frangente dell’attuale pandemia e campagna vaccinale. Un impegno che diventa anche appello alla responsabilità dei cittadini.
Tale impegno, cari amici, conferma come l’ultima parola sia sempre la speranza, che muove ad agire.
Questi nostri fratelli alpini hanno dato la vita nelle guerre. Oggi la guerra continua, seppure in modalità differenti. Non stiamo forse assistendo attoniti, assieme alla comunità internazionale, al dramma dell’Afghanistan, per la cui popolazione tanti nostri militari italiani hanno lottato a lungo, per assicurare la difesa della vita, promuovere il rispetto della dignità umana, salvaguardare la libertà civile e religiosa?
È terribile, ora, vedere tanto orrore, con il rischio di ricadere presto nell’indifferenza!
Il male ci colpisce, ci sorprende, ci fa paura; e ci deve far paura, per non lasciarci indifferenti. Il male viene «dal di dentro» dell’uomo, dice Gesù nel Vangelo (Mc 7,1-8.14-15.21-23), e la guerra, la violenza, altro non sono che questo: male dell’uomo contro l’uomo.
È terribile! Come sperare, allora?
La risposta della Parola di Dio sembra indicare questo Bosco. Se ci pensiamo bene, infatti, dal di dentro non viene solo il male ma il bene, la tanta bontà dimostrata dagli alpini qui sepolti.
La capacità di bene, racchiusa nel cuore umano, alla fine vince sempre sul male, traducendosi in azione. Per questo, ricordando e contemplando le imprese delle care “Penne Mozze”, noi siamo aiutati a trovare il sentiero per giungere alla meta. E la meta è la pace fra i popoli, la salvaguardia della bellezza del creato, la carità fraterna, la difesa della vita, in qualunque fase e situazione si trovi.
È un sentiero bellissimo, ma da non percorrere da soli; occorre rimanere uniti: come Corpo degli Alpini, come Patria, come comunità militare, come Chiesa.
Soprattutto, è una strada che ha un centro, il Bosco lo dimostra, perché tutto si snoda attorno a Gesù, il “Cristo degli Alpini”. Tutto ruota attorno a Lui e Lui è con noi, dice Mosè: «Infatti quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?».
InvochiamoLo dunque, assieme alla cara “Madonna delle Penne Mozze”. Sarà il modo migliore di celebrare un anniversario: onorando la memoria dei caduti, esprimendo gratitudine ai nostri alpini di ieri e di oggi, rinnovando la speranza per ogni granello di bene seminato nei solchi della storia, che fa fiorire luoghi fecondi e splendidi come questo Bosco.
Il Signore lo benedica e vi benedica. E così sia!
Santo Marcianò