Nella Solennità dell’Epifania, l’Ordinario raggiunge i militari italiani in Libano

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail
Com’è noto, i nostri militari sono coinvolti – peraltro anche con importanti ruoli di comando – nella Missione Unifil che, sotto l’egida dell’ONU, custodisce quella Nazione e protegge in modo significativo la “linea blu”, demarcazione del confine con Israele.

Dichiarazione dell’Arcivescovo Se i focolai di quella che il Papa ha più volte definito una «terza guerra Mondiale combattuta a pezzi» ci preoccupano tutti, in modo particolare desta preoccupazione l’aerea del Medio Oriente, per la forza e la diffusione dei conflitti in atto e, soprattutto, per il paradossale coinvolgimento della dimensione religiosa. La missione UNIFIL, che vede una massiccia partecipazione italiana, ha avuto negli anni un ruolo fondamentale nel mantenimento della pace tra Libano e Israele. Si è trattato di mettere in atto quella «responsabilità di proteggere» indispensabile – come ha ricordato il Segretario di Stato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre scorso – affinché «un’unione di Stati, creata con l’obiettivo fondamentale di salvare le generazioni dall’orrore della guerra», non resti «passiva dinanzi alle ostilità subite da popolazioni indifese». La Chiesa deve sostenere con convinzione il lavoro di «compassione» portato avanti dai militari e deve riconoscerne l’importanza per la promozione e il mantenimento della pace, alla cui diffusione essa lavora incessantemente. La mia presenza in Libano è il segno di tale convinto sostegno nonché della profonda gratitudine verso i militari italiani, i quali, assieme ai loro colleghi di altre nazionalità, portano avanti la missione loro affidata con una dedizione e spirito di sacrificio che vanno ben oltre il senso del dovere; essi rispecchiano il volto dell’Italia bella evocato anche dal Presidente della Repubblica nel Messaggio di fine anno. La Chiesa, chiamata ad educare alla pace, deve incessantemente pregare invocandola, quale dono, da Dio. «Alla radice dalla pace c’è la preghiera», ha ricordato Papa Francesco nell’Angelus di domenica 4 gennaio. Sarà proprio questa preghiera a caratterizzare la Messa per la pace che celebrerò con i militari nel giorno dell’Epifania, per la quale anche il Santo Padre ha voluto far pervenire, con un telegramma, la Sua affettuosa vicinanza e la Sua Benedizione, esortando all’«impegno comune di istituzioni civili, militari e religiose per il dialogo e la fratellanza tra i popoli». A pochi passi dai luoghi dove oggi operano i nostri militari, la Stella cometa guidò i Magi, sapienti e potenti, a inchinarsi al Bambino Gesù; anche oggi è necessario che siano illuminate le coscienze dei singoli, dei popoli, dei responsabili delle nazioni, dei leaders religiosi, perché si comprenda che adorare Dio significa inchinarsi alle esigenze dei più piccoli e dei più poveri, e non manipolarli a fini di dominio e violenza. Significa inchinarsi alla grande dignità di ogni uomo, rispettando e non eliminandone la vita e la libertà umana, civile e religiosa. Questa preghiera deve continuare. E come il Papa, che durante il Pellegrinaggio in Terra Santa nel maggio scorso ha annunciato che avrebbe ospitato nella sua casa in Vaticano i Presidenti di Israele e Palestina per pregare insieme, così la Chiesa dell’Ordinariato Militare, presente qui in Libano come in altri luoghi di guerra, vuole essere casa di comunione e di preghiera. Vuole essere una comunità, una famiglia dove si ritrovano a pregare i militari, perché la preghiera, che raggiunge il Cuore di Dio e tocca i cuori umani, è la forza che può fermare definitivamente i conflitti. E vuole essere casa di tutti, perché, sempre più, tutti si sentano uniti a pregare e lavorare per la pace.                                                          X Santo Marcianò Ordinario Militare per l’Italia