Omelia dell’Ordinario Militare nella S. Messa con il Corpo delle Volontarie della Croce Rossa nella festa di Santa Caterina da Siena

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«Dio è luce»!

Le parole intense e brevi raccolte dalla prima Lettura (1 Gv 1,5-2,2) riempiono di speranza e di novità questa sera e quasi trapassano la storia, ci attraversano. «Dio è luce»! Lo sentiamo con le orecchie e con il cuore, perciò possiamo «annunciarlo». È invito che sento rivolto a voi, carissime sorelle infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana; e, mentre vi accolgo in questa Celebrazione – la prima in cui solennizziamo insieme la festa di S. Caterina vostra Patrona -, desidero esprimervi stima e ammirazione, unitamente alla profonda convinzione che le vostre siano realmente opere di luce.  «Dio è luce»! Nella tradizione Giovannea e in tutto l’insegnamento biblico il tema della luce è decisivo. La luce è la prima «creatura» che Dio introduce nell’universo al momento della Creazione ponendola, per così dire, a servizio di tutte le altre creature; se ci pensiamo bene, infatti, i capolavori creati, come la bellezza del mondo e del volto dell’uomo, si possono vedere solo se c’è luce. La luce è sinonimo di verità, giustizia, pace, carità; di tutto ciò che contrasta la menzogna e la cattiveria, la falsità e l’inganno, l’odio e la violenza. La luce è trasparenza che l’anima attinge alla purezza dell’amore, luminosità di un sorriso che infonde speranza, certezza generata dalla profondità della fede. La Luce, infine, è Gesù: Luce che splende nelle tenebre e le tenebre non possono vincerla. Anche oggi, come al momento della Creazione e al tempo della venuta di Cristo, tante sono le tenebre da vincere: le tenebre del nulla, del peccato, del rifiuto dell’altro, del rifiuto di Dio. E anche oggi la luce – che è in Dio, è da Dio, è Dio – risplende nel mondo e nel cuore dell’uomo. Ecco, penso alla luce, a questa luce quando penso a voi, Corpo delle Infermiere volontarie della Croce Rossa, che, come recita il vostro Statuto, «si adopera per prevenire e lenire in ogni circostanza le sofferenze degli uomini, per far rispettare la persona umana e proteggerne la vita e la salute, favorisce la comprensione reciproca, l’amicizia, la cooperazione e la pace duratura fra tutti i popoli». Voi ci siete per lottare contro le tenebre e dire che esse non possono vincere; per essere, come la luce, a servizio delle creature, assumendo il principio luminoso e intangibile del valore assoluto della vita e della dignità della persona umana. E, oggi, non c’è servizio più urgente e luminoso che si possa fare! È nella luce di un tale servizio che risplendono tutte le vostre attività, irradiate in vari ambiti e settori. Penso anzitutto all’ambito della salute, in cui svolgete un compito insostituibile a tutela e protezione della vita umana, soprattutto nelle condizioni di malattia e sofferenza; penso all’opera di supporto e inclusione sociale; penso soprattutto al grande settore dell’emergenza in cui, con la vostra preparazione e disponibilità, siete strumenti di luce in disastri, calamità naturali, conflitti, guerre e urgenze di ogni genere. E penso a come tutto questo agire diventi “cultura”, capace di portare non solo aiuto e soccorso ma anche sviluppo e educazione. Un agire illuminato da principi e valori fondati sul diritto internazionale umanitario e aperto alla cooperazione internazionale: siete una struttura capillare, efficace e trasparente, in grado di raggiungere tutti i luoghi e le situazioni, quelle che Papa Francesco chiama «periferie geografiche ed esistenziali»; lo fate – questo è straordinario – valorizzando il volontariato che, in una società edonista e mossa da produttività, dimostra quanto afferma il Concilio nella Costituzione Gaudium et Spes: «l’uomo è la sola creatura in terra che Dio ha voluto per se stessa e non può realizzarsi se non attraverso un dono sincero di sé» (n. 24).  Il Vangelo (Mt 11,25-30) oggi illumina il criterio del vostro servizio, riferendosi a quella che si può chiamare la «sapienza dei piccoli». La «sapienza» evangelica, in realtà, non è nozionismo o conseguimento di titoli e carriere accademiche: è «luce» che raggiunge mente e cuore, rivelando all’uomo il senso dell’esistenza. Sì, i «piccoli», per rivelazione divina, colgono il senso della vita, la sua intangibile sacralità, e lo insegnano a tutti. I «piccoli» sono le creature con le quali voi, quasi come sorelle e madri, avete a che fare ogni giorno: i malati e gli oppressi, le vittime della violenza e della guerra, i poveri e i dimenticati, gli afflitti dalle tragedie climatiche e dallo sfruttamento umano, i tanti uomini, donne e bambini che bussano alle porte della nostra Nazione e dell’Europa. In questa Eucaristia li ricordiamo tutti, in particolare i fratelli colpiti dal terribile terremoto del Nepal. E ricordiamo i fratelli migranti, a pochi giorni da una delle più grandi stragi dei nostri tempi, contemplandoli così: «piccoli» perché soli, maltrattati, venduti o morti nel disperato tentativo di fuggire da guerre, violenza, persecuzione, fame, povertà; «piccoli» perché costretti a fuggire dal proprio Paese, dalla terra cui tutti siamo legati da vincoli di sangue, affetto, ricordi: terra che, da madre, cioè datrice di vita, si trasforma in datrice di morte. Dinanzi alla tragedia di questi «piccoli», c’è però un’altra grande tragedia: è l’indifferenza, quasi la rabbia che essi suscitano a livello mondiale, europeo e, da parte di certe correnti politiche e culturali, anche nella nostra Italia. Non la rabbia giusta e legittima che dovrebbe puntare il dito e portare a reagire contro i responsabili e contro la “vergogna” cui stiamo assistendo, ma la rabbia che si scaglia esattamente contro gli stranieri, così come contro ogni genere di poveri, arrivando a voler giustificare atteggiamenti di “difesa” dall’”invasione” di cui questi fratelli sarebbero responsabili. Ma la difesa è un’altra cosa! Non è difesa di confini, ricchezze, egoismi, potere, tranquillità. La difesa è difesa degli esseri umani, di quelle che, come ha ricordato il Papa, sono «persone come noi», come noi e i nostri cari, i nostri bambini. Come noi in cerca di speranza, come noi in cerca di quella «felicità» che – dovremmo ricordarlo tutti – mai si può ottenere cancellando l’altro. Questo significa “difesa”! Voi lo sapete bene e lo dimostrate assieme ai nostri militari, affiancandoli sempre con fattiva e disponibile collaborazione. Per questo, voi siete la nostra Chiesa! E sento di dover dire a tutti il mio “grazie” perché è anche grazie a voi che questa nostra Chiesa può soccorrere i poveri e trattarli come creature da proteggere, esseri umani affidati alle nostre cure, dipendenti dal nostro intervento e dalle nostre decisioni: dunque come figli, come «piccoli»!   Per far questo, però, c’è un prezzo da pagare, lo dice la prima Lettura (1Gv 1,5-2,2) e ogni madre lo sa: è il dono della vita, che include e supera il semplice volontariato; è «il sangue». Davanti al sangue versato da tanti innocenti, c’è il «sangue di Gesù»: un sangue che «purifica da ogni peccato», che viene donato con libertà e con amore. Sì, ci vuole l’amore per raggiungere la sapienza dei piccoli e per renderci capaci di servire i piccoli con la libertà e la sapienza della croce. Nel vostro simbolo, nella vostra “Croce Rossa”, è in fondo scritto il segreto dell’amore che si dona a tutti e si dona totalmente, cioè fino al sangue. E questo amore si fa Misericordia, Papa Francesco lo ha voluto gridare con forza indicendo l’Anno Santo.   Cari amici, carissime sorelle, il vostro cuore di donne, il cuore della Croce Rossa batte di Misericordia! Mi commuove ricordarlo in questa splendida Cattedrale intitolata a Santa Caterina e nel giorno della Sua festa. Mi piace pensare che questa grande Santa, che amo profondamente, è vostra Patrona ed è Patrona d’Italia anche per il Suo cuore grande, ricco di quella misericordia che la nostra cultura attinge alle sue radici cristiane, che i nostri padri e le nostre madri ci hanno insegnato. Da Santa Caterina viene oggi per tutti noi italiani, per voi sorelle della Croce Rossa, un invito a diventare sempre testimoni di misericordia. Non lo dimenticate: è questo il cuore del vostro servizio; un cuore che dovete, come il Vangelo dice e come lei ha fatto, attingere al Cuore stesso di Gesù, «mite e umile di cuore». Riposate in Lui con la preghiera, soprattutto quando l’impegno vi stanca, vi opprime, vi scoraggia; imparate da Lui quando siete tentate di reagire con il male al male; affidatevi a Lui e affidateGli coloro che Lui vi affida. Così, portando Misericordia, porterete la luce e, in tutte le vostre opere, potrà risplendere la bellezza del mondo e del volto dell’uomo, di ogni uomo, di ogni «piccolo». E così sia!   X Santo Marcianò