Giornata del ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace

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Omelia dell’Arcivescovo Ordinario Militare – Basilica S. Maria in Ara Coeli (Roma), 12 novembre 2015

Carissimi, è sempre un dono prezioso poter celebrare questa Eucaristia nel ricordo dei nostri amati militari caduti nelle Missioni di sostegno alla Pace. Accogliendovi in questa Basilica saluto di cuore e con commozione ciascuno di voi: le famiglie dei caduti, i loro compagni, le autorità civili e militari e tutti i militari presenti Il Vangelo di oggi (Lc 17,20-25) ci parla di un «regno», cioè di qualcosa che deve ordinare e servire il mondo. Un principio di organizzazione della città terrena, di difesa dell’ordine pubblico, di promozione della vita sociale, di salvaguardia della dignità umana, necessario perché la vita si svolga nella sicurezza, nella stabilità, nella pace. Capita spesso, tuttavia, che il regno sia svilito, interpretato non come servizio agli uomini ma come potere di un monarca assoluto o di persone assetate di possesso e successo, incuranti del bene comune, in particolare delle sorti dei più deboli e poveri. Quando ciò accade, il regno va ristabilito, ricostruito su altre basi, con un re autentico, cioè con un re-servo. Per questo Gesù viene sulla terra: per regnare servendo i poveri, i piccoli, coloro che sono scartati dai regni umani, dai regni del male, e includerli nel regno dei cieli, cioè nel Regno di Dio. «Il regno di Dio è in mezzo a voi!», Egli risponde alla domanda circa l’avvento del regno. Ed è un’affermazione scomoda, non solo per i farisei del tempo di Cristo ma anche per la nostra civiltà, per la nostra cultura, per la nostra vita sociale. Nel mondo non esistono solo i potenti, i sovrani ingiusti, cioè coloro che gestiscono la cosa pubblica come fosse privata; nel mondo esistono anche quei «poveri» ai quali, nelle beatitudini, Gesù dirà che «appartiene il regno dei cieli». Appartiene, non apparterrà! Perché il regno di Dio non è semplicemente una ricompensa futura promessa: è un dono e un compito che il Signore affida a uomini e donne di buona volontà affinché, vivendo nel mondo, possano cambiarlo, sovvertendo i meccanismi dei regni del male. Sì, il regno di Dio c’è e deve farsi sentire: è, potremmo dire, un “principio di governo” diverso, che Dio riversa sul mondo attraverso i cosiddetti «poveri in spirito», cioè coloro i quali rifiutano lo spirito della prevaricazione, della violenza, del terrore, della ricchezza, e si lasciano riempire dallo spirito di «sapienza». È la «sapienza», infatti, che «governa a meraviglia l’universo», afferma la prima Lettura (Sap. 7,22 – 8,1). L’immagine che il testo biblico offre è carica di splendide sfumature di luminosità e pervasività: la sapienza «è effluvio della potenza di Dio… è riflesso della luce perenne… è più radiosa del sole»; «nella sapienza c’è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice… stabile, sicuro, tranquillo… che può tutto e tutto controlla, che penetra attraverso tutti gli spiriti». È proprio così: la sapienza è il principio di governo che serve per assicurare stabilità, sicurezza e tranquillità; in una parola, per costruire quella pace che trionfa assieme al bene comune, per un mondo dominato dalla giustizia e impregnato di solidarietà. «Nelle condizioni attuali della società mondiale, dove si riscontrano tante iniquità e sono sempre più numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti umani fondamentali, il principio del bene comune si trasforma immediatamente, come logica e ineludibile conseguenza, in un appello alla solidarietà e in una opzione preferenziale per i più poveri», scrive il Papa nell’Enciclica Laudato si’, ricordando come questo esiga «di contemplare prima di tutto l’immensa dignità del povero alla luce delle più profonde convinzioni di fede»[1]. È con questa sapienza, con questa contemplazione della dignità umana, che i nostri fratelli caduti hanno servito la causa della pace, pagandola di persona con la propria vita e la propria morte. Pagando di persona! Intuendo, cioè, che, come la guerra, anche la pace non è fatta solo di grandi sistemi, di trattati internazionali, di equilibri strategici. È fatta prima di tutto di persone che scelgono o di piegarsi al regno dei potenti di questo mondo oppure di servire il regno dei poveri. Sono «poveri», sono ancora oggi fra i poveri coloro i quali, senza possibilità di scelta, diventano vittime innocenti di una violenza decisa da altri. Ed è nella solidarietà a tale povertà che i nostri militari ancora oggi operano nelle Missioni di sostegno alla Pace. Lo fanno con «sapienza», dicevamo. E «nella sapienza», incalza la Parola di Dio, «c’è uno spirito inoffensivo e amante del bene». Sì, uno spirito «inoffensivo» cioè che non risponde all’offesa con l’offesa; una mitezza capace di rispondere con «il bene» a ogni male, anche al male della guerra. Non si tratta di una semplificazione né, semplicemente, del frutto di un addestramento: si tratta di uno stile di vita, di una vita spesa a cercare di compiere e di portare il bene attraverso la difesa della popolazione, la promozione sociale, l’integrazione; soprattutto, attraverso la presenza, segno di una comunità internazionale che non abbandona, che non dimentica, che ritrova la vocazione propria di ogni «comunità», cioè la capacità di «farsi carico», come ricordava anche il nostro Presidente della Repubblica Italiana qualche giorno fa, dinanzi all’ennesima tragedia delle morti in mare di tanti nostri fratelli migranti: uomini, donne e molti bambini[2]. Cari amici: la presenza costa, il farsi carico costa. Costa la preparazione dello studio; costa il sacrificio di una vita trascorsa nel pericolo, lontano dagli affetti più cari; costa lo sperimentare il senso di impotenza, talora il fallimento, anche se spesso accompagnato dalla gratitudine dei piccoli, che non ha eguali e non ha prezzo. Ed è questo prezzo che hanno pagato i nostri cari che ricordiamo. Assieme a loro, lo avete pagato voi, care famiglie: madri e padri; mogli e mariti; figlie e figli; parenti e amici… Vi diciamo grazie per loro e a nome loro, perché avete saputo pagare con loro e per loro, innestati in quello spirito di «sapienza» che, dice ancora la Parola ascoltata, «attraverso i secoli, passando nelle anime sante, prepara amici di Dio e profeti». Guardateli, guardiamoli così i nostri cari caduti: persone inserite, ieri e ancora di più oggi, in quell’amicizia con il Signore che è il bene più prezioso; veri «profeti» del Regno di Dio che è regno di pace, giustizia, amore. Questo regno «non attira l’attenzione», dice Gesù, ma già c’è, mescolato agli orrori dell’umanità che sceglie la violenza, alla corruzione dei poteri istituzionali che troppo spesso non si aprono al bene comune … C’è, questo regno, esempio silenzioso e luminoso della «sapienza» contro la quale «la malvagità non prevale» e che ha saputo dare ai nostri caduti la forza di vivere e di morire.   X Santo Marcianò


[1] Francesco, Lettera Enciclica Laudato si’, 158
[2] Cfr. Sergio Mattarella, Discorso al Sermig, 29 ottobre 2015