Virgo Fidelis – Omelia dell’Ordinario nella celebrazione a Incisa Scapaccino (AT), 21 novembre 2016

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Carissimi fratelli e sorelle,

oggi è il giorno dedicato a Maria, il giorno che l’Arma dei Carabinieri dedica a Lei. E la Celebrazione di quest’anno si svolge in un contesto particolare: una Chiesa dedicata alla Virgo Fidelis, che si vorrebbe diventasse un vero e proprio Santuario nazionale. Le celebrazioni, come sappiamo, ci pongono in stretto contatto con la memoria e la storia: sono motivo per ricordare e, nel ricordo, ripercorrere il corso degli eventi, per rendere grazie nel presente e cercare sentieri da percorrere nel futuro. Oggi facciamo memoria di Maria, la Vergine Fedele, Madre di tutti e, in particolare di voi, cari carabinieri. Una Madre che non smette di accompagnarvi, inserendovi, potremmo dire, nella Sua fedeltà e insegnandovela. Sì, perché Maria è fedele non solo al mandato di Madre che Ella ebbe nei confronti del Figlio ma anche al mandato che il Figlio stesso le ha consegnato dalla Croce: essere Madre della Chiesa, del mondo; di tutti quei figli per i quali Egli era venuto e aveva dato completamente la Sua vita. Essere Madre significa essere fedele e quello della fedeltà è un mandato, una missione nella missione, che sempre, peraltro, si arricchisce di nuovi figli da generare, custodire, difendere, proteggere. Quanto è presente questa sfumatura materna-paterna nei carabinieri italiani! Penso alla grande opera per gli orfani, segno di un amore che l’Arma vive e testimonia nei fatti. In fondo maternità e paternità, se ci pensiamo bene, hanno un unico senso: partecipare all’opera creativa di Dio, collaborare al Suo progetto sul mondo e sulla storia. «Beata sei tu, o Vergine Maria… si è adempiuta in te la parola del Signore» (cfr. Lc 1,45). Il versetto alleluiatico indica proprio una tale partecipazione: dare compimento alla Parola di Dio significa rendere viva questa Parola che, di per se stessa, è Creatrice. Non lo dimentichiamo, nel Libro della Genesi Dio crea parlando: in Lui, Parola, volontà e azione sono un’unica realtà. Nel Vangelo (Mc 3,31-35), Gesù ribadisce il senso di questa fedeltà: «Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre». Fedeltà alla Parola e alla storia, fedeltà alla volontà e al Progetto di Dio, dunque. E, tutto questo, attraverso la fedeltà alla propria missione. Ecco il carabiniere! Ecco il carabiniere italiano! Ecco il carabiniere cristiano! Una missione, direi una vocazione, che si è delineata meglio anche grazie a uomini come Scapaccino, perché sono gli uomini che fanno le Istituzioni e la Nazione; sono gli uomini che fanno anche la Chiesa. E sono gli uomini che fanno la storia. Questo luogo porta il nome di un uomo, un carabiniere. Nella Bibbia, dare un nome significa esercitare una certa autorità sul mondo per come lo vuole Dio, agire in collaborazione con Lui. Chi da un nome ha una certa autorità; un’autorità che, però, non è arbitrale ma ministeriale, cioè riconosce un’autorità superiore, alla quale tutto si riferisce. Spesso, noi vorremmo lasciare il nostro nome alla storia a partire dalla fama acquisita, dai benefici ricevuti, dalle opere che portano la nostra firma… Tuttavia, non è il nostro nome che siamo chiamati a dare alla cose, ma il nome che è loro proprio. È una visione stupenda del mondo; una visione armonica, dentro la quale da una parte si valorizza al massimo l’apporto di ogni singola persona, dall’altra si richiede un profondo senso di appartenenza, che ben si lega alla realtà di “Corpo”, da sempre testimoniata e difesa dall’Arma. Il carabiniere – potremmo dire – non è un isolato: l’Arma ne costituisce la famiglia, il contesto di vita, la realtà che gli dona l’identità. Per questo è così importante il senso di appartenenza; quel senso di appartenenza la cui carenza mette in crisi il senso della Patria e dello Stato, della Chiesa e della stessa famiglia, nonché della grande famiglia umana, che necessita di vincoli di fraternità per sopravvivere in armonia e pace. E voi insegnate questo senso di appartenenza, questa fedeltà. Dare un nome, dunque: ecco la fedeltà! Anche Maria, lo sappiamo bene, fu chiamata a dare un nome a Gesù. E quanto dovette sembrarLe grande, sproporzionato, questo compito che l’angelo, all’Annunciazione, Le donava da parte di Dio! Attraverso la Vergine, Dio entra nella storia umana; Dio – è sorprendente – si mette nelle mani dell’uomo, ricevendo quel nome che gli uomini avrebbero riconosciuto e invocato per sempre nella storia. Dio si mette nelle mani di Maria, nelle nostre mani, confermando la collaborazione di ogni persona alla storia che Egli stesso guida e salva. Nel senso profondo di appartenenza che ci lega alla famiglia umana, infatti, si riconosce l’importanza della vocazione personale, con la quale il Signore chiama tutti noi. Paolo, nella seconda Lettura (Ef 1,3-6.11-12), ricorda che ciascuno è scelto «prima della creazione del mondo». Ed è proprio così: ogni persona è necessaria a scrivere nel mondo quella storia attraverso cui la creazione continua. Non c’è creatura che sfugga a questo meraviglioso mistero come, d’altra parte, non c’è storia dove non vi siano esseri umani. Uomini come Scapaccino, come Salvo D’Acquisto, come tanti di voi carabinieri, hanno contribuito e contribuiscono a scrivere la storia dell’Arma, delineandone sempre più il profilo di un servizio vero, perché fedele alla storia per come è stata pensata da Dio. Questa storia, Paolo lo spiega bene, tende alla «carità»: è una storia d’amore, iniziata dal pensiero di Dio che si fa Parola e si fa azione creativa. Questa storia giunge alla pienezza grazie alla fedeltà di Maria; con Lei, come dicevamo, Dio stesso si è messo nelle mani dell’uomo, per insegnarci che la fedeltà alla storia è fedeltà a quell’amore che costruisce la città dell’uomo, che garantisce la pace, che aggiunge ciò che manca alla giustizia umana, sempre insufficiente a colmare ogni esigenza profonda delle persone e della società. Per insegnare questo, Dio si è messo nelle mani dell’uomo: si è fatto fratello da amare, debole e povero da servire, uomo che riceve un nome…   Cari amici, carissimi carabinieri, è Lui, in realtà, che voi servite nel debole da difendere, nello straniero da accogliere, nei bambini e negli innocenti da proteggere, nella vita da salvaguardare, nella dignità umana da affermare… È al Suo progetto creativo che collaborate con la difesa della giustizia, l’applicazione di raffinati sistemi di indagine, la custodia del creato, il contributo alla bellezza offerto con il recupero di beni artistici e la tutela del patrimonio culturale: un apporto alla storia, questo, che oggi ricordiamo in modo particolare. In Maria, Vergine Fedele, comprendete sempre più in che modo vivere tali aspetti della vostra chiamata. È Lei che si fa Maestra, Sorella, e Madre della giustizia verso tutte le creature, della custodia della Bellezza del creato, della difesa della vita umana. È Lei, Madre di Misericordia, che insegna la lezione perenne della carità, per rendervi padri e madri di quel Dio che si è messo, si mette nelle nostre mani. Il Giubileo si è concluso ieri ma la misericordia non finisce, anzi è la pietra miliare nella costruzione di una storia per come è stata pensata da Dio, è la qualità che ci accompagnerà per la vita e, potremmo dire, ci accompagnerà fino alle porte del Cielo. Grazie, carissimi carabinieri, perché la vivete, nella fedeltà al servizio e nella fedeltà all’uomo, immagine del Dio che, in Maria, si è messo nelle vostre mani, per farvi collaborare, con competenza e amore, al Suo Progetto creativo e salvifico sulla storia umana. X  Santo Marcianò