Pellegrinaggio a piedi al Divino Amore

“Generatori di vite nuove”

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(21-09-2025) Promosso dalla decima zona pastorale dell’Ordinariato Militare e coordinato dal cappellano della Legione Carabinieri Lazio, don Donato Palminteri, si è svolto nella nottata tra venerdì e sabato il pellegrinaggio a piedi al Santuario del Divino Amore. “Pellegrini di Speranza per invocare il dono della Pace”, questo il tema.

Vi hanno preso parte militari, loro familiari e amici. A presiederlo l’Ordinario Militare per l’Italia Gian Franco Saba.

Il corteo si è snodato dallo slargo antistante il piazzale della Fao. Lo stesso don Palminteri, nel breve intervento introduttivo al cammino ha spiegato: “viviamo tempi segnati da ferite e incertezze, ma lo Spirito Santo ci raduna come Chiesa Ordinariato Militare, popolo in cammino per chiedere con fede: pace per le terre lacerate dalla guerra, pace per i nostri cuori inquieti, pace per la custodia della Casa comune, dono che Dio ha affidato all’uomo (cf. Gen 2,15). Il pellegrinaggio di quest’anno è reso ancora più prezioso dall’Anno Giubilare, tempo di grazia e di misericordia (cf. Lv 25). La Provvidenza ci dona la presenza del nostro nuovo Arcivescovo, Mons. Gian Franco Saba, che da alcuni mesi guida i nostri passi: a lui va il nostro affettuoso augurio, poiché oggi celebra anche il dono della vita”.

Un primo pensiero è stato porto proprio dall’Arcivescovo durante la tappa iniziale nella chiesa dei santi Nereo e Achilleo. Poi l’itinerario è stato percorso in un clima di preghiera e raccoglimento.

Giunti al santuario, alle 5.30 l’Arcivescovo castrense ha presieduto l’eucarestia, concelebrata dal vescovo emerito di Cefalù, nonché cappellano collaboratore, Vincenzo Manzella e da alcuni cappellani militari.

Così nell’omelia l’Ordinario Saba, riprendendo il Santo Padre: “noi oggi attraversiamo una tappa della storia molto difficile. Indubbiamente – ha aggiunto Saba – con il pensiero ai conflitti in corso, alle situazioni di instabilità. Ogni qualvolta noi togliamo Dio dalla nostra vita rischiamo di compiere un grande danno. L’assenza di questa fede ci conduce ad una spropositata accentuazione del nostro io, con tutte le conseguenze che ne derivano.  La guerra – ha continuato – in fondo è l’esito di una contrapposizione dove non vi è spazio per una visione ultraterrena, dove Dio non ha uno spazio autentico. Il male della guerra è comunque sempre il frutto di una vita che non sa guardare oltre, è un campo non fecondato dalla grazia di Dio”.

Che ognuno possa essere – l’auspicio finale del presule – “generatore di vita nuova”, diventando “terreno fecondo”, sul modello di “Maria che è stata un grembo fecondo, un grembo pronto per la vita nuova”.