Omelia nella celebrazione esequiale per S.E. Mons. Giovanni Marra

25-07-2018

Roma, Chiesa di Santo Spirito in Sassia, 13 luglio 2018

Celebrazione esequiale per S.E. Mons. Giovanni Marra

  Uomo di Dio: dunque, uomo di tutti! Uomo di tutti: dunque, uomo di Dio! È il modo in cui monsignor Giovanni Marra ha dato vita alle parole di Paolo (Rm 14,7-12): «Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore».   Sì. Monsignor Marra ha vissuto «”per” il Signore»! È stato profondamente unito al suo Signore, la cui sequela intraprese da ragazzo, frequentando il Seminario minore di Mileto e proseguendo la sua formazione a Reggio Calabria, infine completando a Roma gli studi di Scienze Sociali presso l’Università Gregoriana e di Diritto Canonico alla Lateranense. Una preparazione culturale che ha affinato e ampliato in lui una particolare intelligenza della fede, arricchita dal coraggio della preghiera e della carità. Io stesso l’ho conosciuto e stimato così, da giovane prete, ammirando, assieme alla sua innata correttezza, un’intelligenza che gli consentiva di guardare dentro le cose scorgendovi i segni di Dio. È l’intelligenza di chi, convinto che tutto appartiene al Signore, scopre sempre più la propria appartenenza a Lui: «Siamo “del” Signore»¸ dice Paolo. È l’intelligenza del pastore il quale, proprio in virtù di tale appartenenza profonda a Cristo, può appartenere a tutte le persone e situazioni alle quali il Signore lo invia. In una parola, può «non vivere per se stesso». È il mistero della vita cristiana, in particolare del ministero sacerdotale ed episcopale, esercitato  da Monsignor Marra in tante e diverse realtà: la Diocesi di Roma, che lo ha visto dapprima giovane prete e collaboratore parrocchiale, poi Vescovo ausiliare; i diversi Uffici della Santa Sede, ove ha collaborato con la Congregazione per il Clero, la Segreteria di Stato, l’APSA e, negli ultimi anni, la Congregazione dei Vescovi; l’amata Diocesi di Messina, che egli ha servito paternamente da Arcivescovo Metropolita, e la Diocesi di Orvieto, della quale è stato Amministratore apostolico. Cito da ultima la Chiesa Ordinariato Militare, ove egli ha speso energie preziose, attuando con lungimiranza, discernimento e alto senso di ecclesialità, le importanti indicazioni del Documento Sprituali Militum Curae, nel governo pastorale e nel rapporto personale con i sacerdoti e i fedeli militari, raggiunti nel loro quotidiano impegno in Italia nonché nelle delicate Missioni Internazionali di Pace. Egli ha lasciato, nella nostra Chiesa, il ricordo e la traccia indelebile del pastore che sa appartenere, con intelligenza e amore, al suo gregge e sente il suo gregge appartenergli, diventandone servo.   «Beati quei servi che il padrone troverà svegli… pronti», abbiamo ascoltato dal Vangelo (Lc 12,35-40). È la beatitudine del servizio! È il coraggio della carità! E la parola “coraggio”, che spesso interpretiamo come atteggiamento di freddezza, imperturbabilità, rimanda in realtà, anche solo etimologicamente, alla centralità del cuore (cor), alla pienezza di cuore. Monsignor Marra ha saputo appartenere a tutti, essere di tutti, perché ha educato il suo cuore a essere di Dio, leggendovi dentro i segni della vocazione all’amore che accomuna tutti gli uomini e fa il cuore del sacerdote a misura del Cuore di Cristo: nella mitezza e umiltà, compassione e tenerezza; nella santità concreta di quelli che Papa Francesco, nella Gaudete et Exultate, chiama «i piccoli particolari dell’amore»[1], dal Vescovo Giovanni sempre privilegiati e tradotti come attenzione e rispetto per ogni persona. Vivere questi piccoli particolari significa rispondere alla sete di amore, alla sete di Dio che, lo abbiamo cantato nel Salmo (Sal 41-42), è anelito di ogni cuore umano; allo stesso tempo, rispondere a quella particolare sete che Cristo stesso sperimenta sulla Croce, dove ancora oggi Egli è inchiodato in tanti poveri, esclusi, stranieri, profughi, bimbi non nati, malati, disoccupati, disperati, abbandonati… Da giovane sacerdote, don Giovanni imparava tutto ciò anche grazie al provvidenziale legame con la Santa Madre Teresa di Calcutta e le Missionarie della Carità, la cui opera egli non solo ha promosso, negli anni del suo incarico in Segretaria di Stato, ma ha curato personalmente, con una presenza attenta, dedita e gioiosa, soprattutto in “Casa Allegria”, la comunità di accoglienza delle ragazze madri con i loro bimbi. Ho raccolto io stesso commoventi testimonianze, ma tante altre potrebbero essere le testimonianze della sua coraggiosa carità: penso, ad esempio a come il segretario, monsignor Tavilla, abbia ricordato la vicinanza del vescovo ad alcuni lavoratori i quali, avendo occupato il campanile della cattedrale di Messina, furono da lui considerati ospiti. È bello oggi ripercorrere tutto questo, con commossa gratitudine, e pensare alla gratitudine di tanti piccoli e poveri, alcuni dei quali stanno certamente accogliendo e festeggiando Monsignor Marra in cielo, assieme a coloro che lo hanno conosciuto e amato.   E il Cielo egli lo ha atteso, come servo pronto che sa attendere il Signore, esprimendo il coraggio della carità pure nell’ultimo tratto del cammino terreno, il sentiero più duro della malattia e della sofferenza. Lì la beatitudine del servizio, pur inconsapevolmente, si trasforma nell’unione più intima con Dio. E chi lo ha incontrato negli ultimi tempi, nel letto di ospedale, ha certamente visto la vivace intelligenza e l’amore del pastore risplendere ancora nei suoi occhi, ma trasformati nel misterioso e luminoso silenzio della preghiera continua, grazie alla quale le grandi cose operate nel ministero rivivevano in una memoria grata e adorante. «La preghiera, proprio perché si nutre del dono di Dio che si riversa nella nostra vita dovrebbe essere ricca di memoria», leggiamo ancora nella Gaudete et Exultate; «questo alimenterà la tua consapevolezza del fatto che il Signore ti tiene nella sua memoria e non ti dimentica mai»[2].   Ci piace dirlo anche a te, caro fratello Giovanni, e dirti che anche noi non dimenticheremo mai la tua opera e la tua persona mite e forte, rispettosa e corretta, coraggiosa e piena di Dio, del cui Amore sei stato per noi strumento gioioso. Continua ad esserlo e la Benedizione del Signore, per tuo mezzo, raggiunga ancora tutti coloro che hai servito e amato e che ti hanno amato, assieme ai quali ti affidiamo per sempre al Cuore del Buon Pastore e della Madre di Dio. Grazie, carissimo Monsignor Marra! X Santo Marcianò


[1] Francesco, Esortazione Apostolica Gaudete et Exultate, 145
[2] Ivi, 153