Saluto all’incontro degli Ordinari Militare d’Europa

06-02-2025

Roma, sede del C.C.E.E. – 6 febbraio 2025

 

Carissimi confratelli nell’Episcopato, ringrazio di cuore Mons. Gintaras Grušas, Presidente del CCEE, Ordinario Militare per la Lituania, con il Segretario del CCEE don Antonio Ammirati e tutto lo staff, per avere organizzato questo convegno e per il prezioso lavoro a servizio della Chiesa d’Europa. Vi porgo il saluto a nome dell’Ordinariato Militare italiano. Benvenuti in Italia, in particolare a Roma che tutti ci accoglie come Chiesa Madre e come meta di un Pellegrinaggio Giubilare che vivremo assieme ai nostri militari di Europa e di tutti i Paesi del mondo. Credo sia significativo che questo momento di incontro tra gli Ordinari Militari Europei si svolga qui e dentro l’evento Giubilare! In questi giorni avremo modo di riflettere, confrontarci, pregare assieme; e oggi avremo modo di varcare la Porta Santa della Basilica di Santa Maria Maggiore, precedendo il passaggio che compiremo a San Pietro con tutti i cappellani e i militari.

Come sappiamo, uno dei compiti del pastore è proprio questo: precedere. Andare avanti per guidare, per verificare il percorso, per indicare il cammino: non in teoria ma iniziando a percorrerlo. Anche in questo Giubileo, pertanto, siamo chiamati a precedere il nostro popolo: a precederlo nella speranza!

Ed è significativo, in tal senso, che la nostra prima Chiesa Giubilare sia Santa Maria Maggiore. Lì ci attende la Madre del Signore, Colei che precede sempre il popolo cristiano nella speranza. Ella ci insegna a sperare rimanendo per tutti punto di riferimento e rifugio, consolazione e salvezza – è la Salus Populi Romani -, colei che i nostri militari invocano con diversi titoli. E’ lei la Regina della Pace. Ed è con Maria, mi sembra che siamo chiamati a precedere i nostri cappellani e i nostri militari nella speranza della pace. D’altra parte, nella Bolla di Indizione del Giubileo Papa Francesco ha indicato la «pace» quale primo «segno di speranza».

Ma come precedere il nostro popolo? Come farlo in questi giorni per poi continuare nella quotidianità attuale, fatta di complesse realtà sociali e politiche e, in alcuni contesti anche di conflitti e guerre?

Tante potrebbero essere le risposte e, soprattutto, tante domande ci faremo assieme in questi giorni. Io vorrei offrire solo due brevi spunti, sui quali ho riflettuto preparandomi al momento Giubilare.

Anzitutto mi sembra che siamo chiamati a rivalutare quel «vocabolario della speranza» che caratterizza il mondo militare. A rendere, cioè, i nostri militari consapevoli del loro essere segno di speranza perché operatori di pace. È speranza assicurare la difesa dei più deboli, garantire la sicurezza delle città e delle comunità sociali, il rispetto della legalità, la lotta per la giustizia e la trasparenza, anche in senso economico. È speranza la presenza dei militari in luoghi ad alto tasso di criminalità, in terre abbandonate dove si avvelena l’ambiente, in situazioni di emergenza o gravi calamità naturali, che affliggono le nostre Nazioni o altri Paesi poveri. È speranza la mano di un militare che salva i profughi dal mare o ne aiuta l’accoglienza nel proprio Paese; è speranza la presenza di tanti nostri militari, assieme, nelle Missioni Internazionali di supporto alla Pace.

Ed è speranza il ministero dei cappellani militari. Essi accompagnano concretamente i militari, vivono con loro in caserme e scuole, in missioni internazionali e in navigazione, in emergenze e in realtà istituzionali… un sacerdozio segnato da grande dedizione e dalla possibilità di creare una familiarità più immediata con i fedeli, soprattutto i giovani. In tutto il mondo, credo che le nostre siano le Chiese particolari più giovani. E il Papa lo chiede come segno dei Giubileo: «Vicinanza ai giovani, gioia e speranza della Chiesa e del mondo»!

Il secondo segno di speranza lo vedo nella nostra comunione di Vescovi.

Occasioni di incontro, formazione e preghiera comune qual è questo Convegno, rafforzano in modo bello e significativo il rapporto tra le Chiese Castrensi di Europa e ci aiutano a conoscere la realtà dei diversi Ordinariati Militari, a condividere i nostri problemi, ad imparare a confrontarci su nuove linee di pastorale e sulle possibilità di incidere nel mondo delle Istituzioni; e ci aiutano a riflettere, noi per primi, sulla domanda di speranza, ponendola ai nostri lavori e alle nostre relazioni interpersonali, ponendola al Signore e a Maria, Vergine e Porta della Speranza.

Benvenuti ancora, cari confratelli, e buon lavoro a tutti noi, nella consapevolezza che il nostro stare insieme è un segno eloquente di speranza perché è una ricchezza straordinaria che costruisce comunione e che arricchirà della gioia della comunione anche il Giubileo dei nostri Militari.

Grazie di cuore!

Santo Marcianò