Omelia in occasione della festa dell’Aeronautica

20-02-2014
Basilica S. Maria Maggiore – Roma, 10 dicembre 2013
 
 
Carissimi fratelli e sorelle,
con grande gioia saluto tutti voi, in questo primo incontro ufficiale con il Corpo dell’Aereonautica Militare che oggi festeggia la Madonna di Loreto, sua Patrona.
 
A Loreto, dove ora sorge un Santuario, secondo la tradizione fu trasportata “in volo” la Santa Casa: la casa dove Maria udì l’annuncio dell’angelo, la casa dove visse la famiglia di Nazareth, la casa dove Gesù crebbe e venne educato da Giuseppe e Maria. Dunque: l’ascolto, la famiglia, l’educazione; tre messaggi che la Madonna di Loreto oggi ci lascia.
 
Il Vangelo proclamato (Lc 1,26-38) mostra Maria che, prima di tutto, ascolta. Ella viene sorpresa, addirittura «molto turbata», dice Luca, dalle parole dell’angelo, dal suo saluto, arrivando a chiedersi «che senso» abbia.
Siamo in un tempo che sta perdendo la pazienza dell’ascolto e il richiamo del Vangelo è, in questo senso, forte ed esigente. Tutto, per la Madonna, inizia dal fermarsi dinanzi a una parola che non capisce, che la turba, che la mette in discussione. Si ferma, abbiamo visto, per chiedersi il senso.
Se è vero che oggi abbiamo perso la pazienza dell’ascolto è vero pure che abbiamo perso la capacità di interrogarci sul “senso” delle cose, delle parole. E il senso, se ci pensiamo bene, è profondamente legato al significato.
Quando l’angelo parla a Maria le dice, prima di tutto: «Rallegrati, o piena di grazia!». La gioia è il significato di questo annuncio. E questa gioia, potremmo dire, “ha senso”perché, come aggiunge l’angelo, «il Signore è con te»; perché Dio si fa vicino a Maria.
Ecco, Dio è “il senso”! È il senso della gioia, è il senso del turbamento che coglie la Vergine e che coglie anche noi dinanzi alle cose grandi della vita che, in verità, germogliano sempre dalle cose piccole. E Dio è il senso perché è Lui che da significato alle parole e alle cose!
Maria intuisce che, dietro le piccole parole dell’angelo, sono nascoste quelle «grandi cose» di Dio che Ella, di lì a poco, canterà nel Magnificat, come abbiamo anche noi cantato nel Salmo. Ma intuisce pure che di quelle grandi cose Ella non è l’artefice: è solo chiamata a riceverle, accoglierle, cercare di penetrarne e custodirne il “senso”. E, questo, cercando di cogliere il significato delle parole, che la rimandano ad un’esperienza tanto semplice quanto, per la sua condizione verginale, apparentemente impossibile: «Concepirai un Figlio, lo darai alla luce, lo chiamerai Gesù».
Quante volte è così pure per noi! Quante volte ci sembra che la nostra condizione di uomini e donne fragili dinanzi ai sentimenti, dinanzi ai tradimenti, dinanzi agli stessi nostri desideri ci renda impossibile comprendere il senso di quanto ci viene richiesto in termini di impegno coerente nel dovere quotidiano, di responsabilità nelle scelte, di fedeltà negli affetti e nei legami, di sforzo nel perdono, di rispetto assoluto per la vita… Corriamo allora il rischio di non conservare il significato delle cose, forse per giustificare le nostre scelte e il nostro stesso peccato.
Maria, invece, non stravolge il significato delle parole: trova un senso nell’obbedirvi, nel dire “sì”; anche se non tutto è chiaro, anche se non tutto sembra rispecchiare i suoi progetti e i suoi stessi sogni. È in questo obbedire – che in latino, come sappiamo, si dice “ob-audire”, cioè ascoltare – che le parole importanti acquistano il loro significato originario, quello che Dio ha dato loro, e trova senso e gioia tutta la Sua e la nostra vita.
 
Se c’è una parola che ha urgente bisogno di ritrovare il suo significato questa è proprio la famiglia. Nella seconda Lettura (Gal 4,4-7) San Paolo interpreta, se così si può dire, il senso di quanto è accaduto a Maria, inscrivendolo in un orizzonte di «pienezza», in un “tempo di grazia” che è iniziato per noi e per tutti gli uomini. Per farlo, egli utilizza proprio il vocabolario semplice della famiglia: parla di un «Figlio, nato da donna»; e parla di un «Padre»… Ecco, allora, che il significato delle parole ci indica il senso della nostra vita: essere e scoprirci «figli» di un «Padre» che ci libera dall’essere schiavi del peccato, dell’odio, della fragilità, della stessa morte, trasformando e riscattando tutta la nostra vita, per amore e con l’amore.
D’altra parte, Gesù stesso è venuto al mondo nella famiglia di Nazareth, quella famiglia che, proprio nella Santa Casa, ha vissuto santamente il suo quotidiano.
Senza entrare in sterili e dannose polemiche socio-politiche ritengo che dobbiamo, con molta serenità e onestà, riconoscere che è forse ora di fermarsi per interrogarsi sul senso celato dietro il significato che Dio stesso ha voluto dare alle parole.
Mi chiedo, ad esempio: siamo sicuri che sia proprio senza conseguenze, in termini di “senso”, sostituire il termine “genitore uno” e “genitore due” all’espressione “padre” e “madre”? Sì, abbiamo veramente bisogno di fermarci, a livello personale, ecclesiale, sociale, per ascoltare e obbedire a quel significato che, peraltro, risuona naturalmente in noi, quando diciamo parole – “padre, madre, papà, mamma…” – che, per prime, sono uscite dalle nostre labbra; che rimangono nel nostro intimo come volti ed esperienze fondamentali, segnando e anche condizionando la nostra crescita e maturazione; che, infine, illuminano la vocazione di tutti, anche di noi militari: la vocazione a essere padri e madri capaci di custodire, proteggere, difendere, promuovere la vita di coloro che ci sono affidati, arrivando anche a rigenerarla alla speranza, alla pace, alla dignità.
 
Cari amici: bisogna ascoltare e obbedire al significato per non smarrire il senso! E questo, se ci pensiamo bene, è il compito dell’educazione.
Assieme a Giuseppe, Maria, nella Santa Casa, ha educato Gesù, gli ha spiegato il significato delle parole; e mi piace pensare che Egli abbia anche imparato da Lei la parola «Padre», ritrovando il senso dell’appartenere a Colui che lo aveva amato e mandato. Una parola che noi non possiamo smarrire, anche per poter invocare Dio come «Padre, Abbà»… Papà!
Sono tra voi da pochissimo tempo: proprio oggi, infatti, celebro due mesi dalla mia Nomina a Ordinario Militare e vi ringrazio perché mi consentite di riaffidarla in modo speciale alla Madonna; dunque, non conosco ancora bene il mondo militare, ma una delle cose che da subito ho colto è il suo enorme potenziale educativo.
Voi vi lasciate educare da regole e da valori e, allo stesso tempo, educate al rispetto di regole e valori che sono alla base dell’umana convivenza; per questo, è necessario che siate uomini che hanno fatto propri i valori, scegliendoli e testimoniandoli nella vita. Ed è necessario che questi valori non siano relativi, soggettivi o, come direbbe Papa Francesco, “mondani”, ma siano assoluti, oggettivi, “alti”.
La prima Lettura (Is 11,1-5.10) ci ha offerto un piccolo elenco di questi valori, capaci di educare gli uomini allo stesso modo in cui Maria ha educato Gesù: la sapienza, la fortezza, la conoscenza; la capacità di non giudicare in fretta ma secondo giustizia; l’equità nelle decisioni, che è sempre a favore degli oppressi; la verità, che vince sulla violenza; la fedeltà, che sostiene la nostra vita nel timore del Signore, cioè nell’amore per Lui… Sono valori forse difficili, diventanti impopolari in un tempo in cui impera quella che il Papa chiama la cultura “dell’apparenza” e “dello scarto”: per questo è così necessaria l’educazione. E sono valori capaci di garantire la dignità di ogni persona umana, fondamento di quella giustizia e di quella pace a servizio delle quali la nostra missione si compie; a servizio delle quali noi abbiamo scelto di vivere.
 
Che questa Celebrazione ci ottenga il miracolo di essere quasi “trasportati” vicino al Cuore della Madonna per vivere la sua esperienza nella Santa Casa e, con il Suo esempio e la Sua intercessione, imparare ad ascoltare il significato delle parole e trovare senso nell’obbedirvi. Per trovare, così, che è Dio il senso e la gioia: delle parole, delle cose e della nostra stessa vita.
E così sia!
 
 
                                       X Santo Marcianò