Omelia nella S. Messa di Natale a Kabul

20-02-2014

Carissimi fratelli e sorelle, buon Natale! Buon Natale a tutti voi qui presenti: ai cappellani militari, ai militari provenienti da vari Paesi, alla comunità cattolica di Kabul, a tutti i presenti. Sono contento di poter celebrare con voi questa Eucaristia in un luogo, in una realtà che celebra il Natale del Signore con una speciale densità di significato. Siamo qui tutti accomunati da un desiderio che è anche il vero dono che Gesù porta a Natale: la pace. Una pace che, proprio in luoghi come questo, sembra minacciata, difficile, impossibile. Tutti insieme, però, abbiamo ascoltato dal Vangelo (Lc 2,1-14) le parole che l’angelo rivolge ai pastori: «Vi annuncio una grande gioia: oggi è nato per voi un Salvatore, Cristo Signore». Certo, se non è facile pensare alla pace, ancor meno facile è pensare alla gioia. Ma il Natale ci spiega che la «pace» e la «gioia» sono profondamente legate. –         A quale gioia si riferisce l’angelo? –         Come trovare e portare anche noi la pace e la gioia, in questo luogo e in questo tempo? Il Vangelo parla di una gioia molto grande, la nascita del Messia, del Salvatore: per capire questa gioia, dobbiamo renderci conto che tutto il popolo di Israele attendeva questa venuta. La grandezza della gioia che l’angelo annuncia sta nel fatto che essa risponde alle attese, alle speranze, ai desideri del popolo e del cuore umano. Il nostro, però, è un tempo che non insegna ad attendere: i desideri diventano bisogni da soddisfare immediatamente e le speranze, se basate su prospettive parziali, sono spesso tradite. Ma l’uomo sa che vive per qualcosa, per Qualcuno; l’uomo, nel profondo del cuore, può ascoltare la voce di Dio e questa voce, diceva la seconda Lettura (Eb 1,1-6), oggi si manifesta non in semplici parole ma in Gesù, nel Figlio: Dio ci parla per mezzo di Lui.  Per trovare la gioia, cari amici, noi dobbiamo imparare ad andare in profondità, nell’intimo del cuore: dobbiamo mettere ordine nei nostri desideri, dobbiamo chiederci cosa aspettiamo veramente; dobbiamo ascoltare la voce più interiore, la voce della coscienza, la voce di Dio che ci parla… dobbiamo incontrare Gesù che nasce in noi. Forse, però, anche i pastori, pur attendendo il Messia, nella Notte di Natale non riuscivano a trovare la gioia. L’angelo, allora, li aiuta a capire, quasi a vedere: egli dice che il «bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia» è «il segno» della gioia che essi aspettano. Cari amici, per trovare la gioia anche noi dobbiamo essere capaci di leggere i segni! E il «segno» di Betlemme è un Bambino povero, rifiutato, trascurato, perseguitato. Chi di noi non ha sperimentato la profondità della gioia che nasce dall’accorgersi e aiutare ogni bambino, ogni povero, ogni persona rifiutata, trascurata e perseguitata che richiede il nostro servizio? Sì, anche quello che voi militari fate è un segno di gioia, per voi stessi e per i fratelli, figli dello stesso Padre.  La gioia che Gesù questa Notte ci promette e ci chiede di portare, dunque, è legata alla consapevolezza che, da quando Dio si è fatto Uomo, ogni uomo sa di essere «figlio di Dio». Lo abbiamo ascoltato nella seconda Lettura: «Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato»: Dio non lo dice agli «angeli», scrive l’autore biblico, ma a Gesù e, in Lui, ad ogni uomo, a ciascuno di noi, qui ed ora! Questa gioia, infatti, ha un’altra caratteristica: è una gioia di «oggi» ed è «per tutto il popolo». È una gioia, cioè, che va vissuta e annunciata, ogni giorno e dovunque! È molto particolare il riferimento della prima Lettura (Is 52,7-10) ai «piedi del messaggero» che annuncia la pace e la gioia. I piedi ci dicono il cammino continuo, il desiderio di raggiungere ogni luogo, di arrivare agli estremi confini della terra, a quelle che Papa Francesco chiama le «periferie» geografiche ed esistenziali.  Carissimi fratelli e sorelle,oggi, in questa Eucaristia, in questa Missione di pace, in questo luogo ancora afflitto dalla guerra, Gesù Bambino ci raggiunge e, attraverso noi, vuole raggiungere coloro che qui vivono, per venire incontro ai desideri del loro cuore e non far sentire nessuno troppo lontano, trascurato, dimenticato. Ci raggiunge e ci chiede di non stancarci di vedere, in tutti gli uomini e le donne che mette sul nostro cammino, i «segni» che, se accolti e amati, ci condurranno a toccare la «grande gioia» e la «pace» che nascono oggi con il piccolo Bambino di Betlemme: la gioia e la pace di sentirsi, tutti, figli di Dio. Così sia!

E buon Natale! 
 
 
X Santo Marcianò