“Siamo chiamati da Cristo a portare agli uomini la gioia del Vangelo”

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(18-04-2016) Dopo la visita nei luoghi dove ha vissuto l’apostolo Pietro, in pullman raggiungiamo il molo dove ad attenderci c’é un battello che porterà i cappellani a rivivere l’esperienza dei discepoli con Gesù sulla barca durante la tempesta. Non incontriamo le stesse condizioni atmosferiche, ma subito appena sono stati sciolti gli ormeggi, veniamo assaliti da un senso di pace. Davvero il Signore non abbandona. È accanto a ciascuno e chiede di fidarsi di Lui. Solo in Dio, possiamo trovare ristoro alle tempeste che ogni giorno affollano la nostra vita, mettendo in grave pericolo la fiducia in Lui. 
 
Con queste premesse, dopo aver cantato l’inno nazionale italiano e issato la bandiera tricolore, il battello si ferma. Il vento soffia leggero sui volti, in attesa di ascoltare le parole del predicatore: “i pescatori vivevano di quest’acqua, del frutto di questo mare. Era questo il loro piccolo mondo. Pietro non aveva visto altro. Tanto che quando arriva a Roma la considera Babilonia la grande. Tutto ciò però è stato scelto da Dio, per compiere la rivoluzione del Vangelo, che apparentemente è insignificante per il mondo, ma per Lui è di primaria importanza. L’immagine della tempesta sedata e di Gesù che cammina sulle acque, é icona simbolica del mondo che è come un mare in tempesta. Il regno di Dio é una rete gettata nel mare. Gesù faceva queste similitudini parlando da questo posto. Pensate: il regno di Dio é come una rete che raccoglie pesci di ogni tipo. A volte pensiamo di rivolgerci soltanto ad un certo tipo di persone, facendo distinzioni buoni e cattivi. Separiamo i fratelli in base all’appartenenza religiosa o all’amicizia. Queste operazioni sono tipiche del mondo. Cristo, non è una religione. Ma una persona. La sequela significa vivere per questa persona. Il maestro non ci ha chiesto di aderire ad un regolamento, ma di andargli dietro, seguirlo. Gesù ha voluto e vuole che lo amiamo, secondo il suo comandamento: “amatevi come io vi ho amati”. Ciò significa che non ci sono muri, steccati, porte chiuse, ostacoli. Noi siamo come Cristo che porta fino ai confini della terra il Vangelo della salvezza. Il mondo aspetta la nostra gioia. Nel mondo biblico il mare rappresenta le forze ostili a Dio. È un simbolo forte: il Creatore pone un limite alle acque. Eppure sulle turbolenze, Pietro viene invitato a camminare. È la paura a farlo cadere. Nelle acque in tempesta si passa con la potenza del Vangelo. Qualunque turbolenza verrà placata dalla parola di Dio. E bastato che Gesù dicesse al mare di calmarsi, che subito è diventato come quello di cristallo descritto dal libro dell’Apocalisse: davanti al trono ci sono le forze oscure che vengono dominate per sempre da Dio. Sentiamoci portatori di questa pace. Soprattutto nel cuore degli uomini. Guai a noi se portiamo conflitto, integralismo, rigidità. Sono questi i modi con cui l’accusatore, il diavolo, ci tiene per il collo. Ma noi siamo portatori della bella notizia, che ha cambiato e continua a cambiare la storia dell’umanità. 
 
A termine della suggestiva traversata, sostiamo per il pranzo. Il prossimo luogo da “visitare” è il Monte delle Beatitudini. È alto circa 150 m sul lago di Tiberiade. Il santuario è in mezzo a un magnifico parco, circondato dal «discorso della montagna». (Mt 5,1-12). Gli scavi del padre Bagatti (1935) hanno portato alla luce una cappella del IV secolo, rifatta poi nel X sec. e successivamente distrutta, situata presso l’attuale strada di Tabgha. La chiesa sorge su una grotta che è, probabilmente, quella descritta dalla pellegrina Egeria. La chiesa, è a forma ottagonale; all’interno, su ogni lato, è indicata una delle otto beatitudini mentre sul pavimento sono rappresentati i simboli delle sette virtù: le virtù teologali (fede, speranza e carità) e le quattro virtu’ cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza). L’edificio, molto severo, è circondato, all’esterno, da un portico che offre un meraviglioso panorama sul lago e sulla pianura di Genezaret. Il sereno quasi costante del cielo, la tranquillità del paesaggio sui luoghi principali dove Gesù ha parlato e operato, il silenzio che tutto avvolge, invitano alla riflessione ed alla contemplazione.
 
È il momento di celebrare la Santa Messa. Nel commento al Vangelo, don Marco spiega: “le beatitudini segnano un momento fondamentale nella vita dei vangeli. Cosa significa la parola beati? È anzitutto un proclama di accoglienza. Il salterà inizia: “beato l’uomo che teme il Signore”. Come dire: questo libro da il benvenuto a chi teme Dio. Gesù quando pronuncia la parola beati, vuole dire per chi è il regno. Perché il tema è il regno di Dio, la sua sovranità sull’uomo e sul mondo. Il regno è la sua presenza salvifica in mezzo al popolo. Nella storia di Israele, dopo la caduta dei vari regni, Gesù parla di un altro regno che non corrisponde alle aspettative del mondo. Dio non pensa secondo gli uomini, ma usa una logica diversa. Il suo regno è il rapporto che ha con noi, cioè l’uomo che accetta la sua volontà. Dio vuole riconciliarsi con il popolo, riprendendosi il mondo attraverso la rivelazione dell’amore per ristabilire la pace. Il suo sogno è di avere la nuova Gerusalemme con le porte sempre aperte, con tutti che entrano ed escono, per avere con loro un rapporto unico, meraviglioso, in cui l’Agnello che siede sul trono, é il Re. L’innocente immolato, diventa il sovrano dell’universo. È lui che governa sul trono, dove tutto si decide. L’Agnello è l’unico che può aprire i sigilli. Gesù così da il benvenuto a coloro che possono entrare nel regno. Quelli che Dio vuole non sono i migliori economisti, i più grandi magnati del mondo, e nemmeno l’esercito più addestrato. Al contrario il Signore prende i poveri, quelli che piangono e si lamentano perché non hanno niente e non sanno a chi manifestare il dolore; i miti e non i super eroi, cioè i fessi, quelli che fanno le vittime; quanti subiscono le ingiustizie a causa della fedeltà alla giustizia. I misericordiosi, sono quelli che alla fine sono teneri; i puri di cuore, cioè gli ingenui, i semplici che non sanno fingere. Quanti operano pace, che solitamente ci rimettono sempre. I perseguitati per la giustizia, perché hanno detto la verità. Dunque il regno è composto da una banda di perdenti. Dove si può andare con questo esercito? Dio non solo cerca questa gente, ma la pone come modello a quanti vogliono entrarci. Essa è l’unica condizione per avere in eredità la terra e trovare misericordia. Matteo capisce che questa novità straordinaria, rompe gli schemi. Possedere il regno di Dio deve portare ciascuno ad armarsi di questa mitezza facendo proprio il dolore degli altri. Paolo ci ricorda di rivestirci delle armi della luce. Dio ha creato l’uomo per un giardino, dentro il quale vuole che si viva nella diversità. Chiediamo al Signore in questo luogo di essere strumenti del regno, per trascinare i fratelli ed aiutarli a superare i vizi contrari al bene. Dobbiamo saper manifestare le beatitudini, soprattutto in questo anno della misericordia voluto dal Papa. Sentiamoci portatori della misericordia, che guarisce e fa fiorire anche il deserto. Possa il Signore farci questa grazia per risplendere sempre del suo amore misericordioso. 
 
Don Salvatore Lazzara