Dal Monte Tabor a Gerico. Dal fiume Giordano al deserto di Guida

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(20-04-2016) Terminata la meditazione, che abbiamo ascoltato sotto l’abside con il mosaico della Trasfigurazione, attorniato ai lati con gli angeli in contemplazione della teofania del Cristo, l’Arcivescovo presiede l’Eucaristia concelebrata da tutti i cappellani militari. Il tempo sembra essersi fermato. Solo le campane della basilica che scandiscono il trascorrere delle ore riporta i presenti alla realtà. Siamo avvolti da questo grande mistero: il maestro chiama i discepoli per stare con lui nella contemplazione e nella preghiera. Don Marco, nell’omelia, sottolinea: “la preghiera non è un optional. Senza di essa il mondo che vediamo non sarebbe lo stesso. Pertanto dobbiamo imparare sempre più ad essere riflesso del Cristo in  mezzo agli uomini. La contemplazione non è un lusso. È invece la caratteristica fondamentale dei credenti. Se vogliamo essere credibili, dobbiamo manifestarlo nelle azioni e in ciò che contempliamo nella fede”. 

 
A termine della Messa, il pullman ci conduce verso la valle del Giordano. Nel percorso incontriamo Gerico. La famosa città più volte citata nelle Scritture. In questo posto è avvenuto l’incontro del Signore con Zaccheo. L’uomo piccolo di statura non riusciva a vederlo, così salì su un sicomoro per assicurarsi di incontrare almeno con gli occhi il Messia. Gerico è la città che Giosué, intorno al 1200 a. C., conquistò in maniera pacifica (Gs 2,1 – 4,24) grazie alle famose trombe che, nel simbolismo biblico, manifestano l’intervento divino: l’insediamento a Gerico del popolo dell’Alleanza mosaica fu un dono di Dio. In questa antichissima città, che risale a 8000 o 9000 anni fa, si situa il Tel es-Sultan, collinetta di 15 metri in cui furono effettuati degli scavi, nel 1955-56, da parte di miss. Kenyon. La città è anche il luogo evangelico in cui il Signore Gesù guarì due uomini feriti: Bartimeo, ferito nel fisico dalla cecità, e Zaccheo, ferito nell’animo dai suoi peccati (Lc 18-19). La piccola chiesa cattolica latina è dedicata a Gesù Buon Pastore: poichè, per Bartimeo e Zaccheo, Gesù fu effettivamente un vero Buon Pastore. È la chiesa parrocchiale di una piccola comunità di circa 200 cristiani arabi. A due passi si trova la chiesa ortodossa, che conta circa 250 fedeli. Due scuole cattoliche (una maschile e una femminile) riuniscono tutti i bambini delle famiglie cattoliche e ortodosse, e un buon numero di bambini musulmani; Gerico conta 25.000 abitanti arabi musulmani.
 
Dopo la visita a Gerico, è la volta della sosta presso il fiume Giordano, dove, don Marco ha benedetto l’acqua lustrale e insieme abbiamo rinnovato la rinuncia al peccato e la professione di fede. Il viaggio continua con una puntata nel deserto di Giuda. Regione arida e quasi disabitata situata tra Gerusalemme e il corso inferiore del Giordano o il Mar Morto, servì innanzitutto come rifugio a Gesù durante 40 giorni della sua permanenza, poi a profeti, monaci e re d’Israele per secoli. Questo deserto, che fiancheggia il Mar Morto e si estende a perdita d’occhio, fa perdere qualsiasi nozione di spazio. Da lontano è stato possibile vedere il Monastero di St.  George in Koztiba. Si trova a 9 chilometri circa da Gerico e a una ventina da Gerusalemme, è uno dei gioielli dell’architettura monastica di Terra Santa. Edificato nel 480 d.C, fu quasi abbandonato dopo una scorreria persiana che portò al massacro di 14 monaci. I crociati fecero qualche tentativo per il suo recupero nel 1179, ma per un restauro completo si dovette attendere il 1901, quando i lavori furono promossi dalla Chiesa ortodossa. Secondo la tradizione nel luogo dove sorge oggi la laura di Koziba avrebbero sostato sant’Elia in viaggio per il Sinai, e san Gioacchino (il marito di sant’Anna e padre della Vergine Maria) che proprio qui avrebbe ricevuto da un angelo l’annuncio dell’immacolata concezione della Madonna.

Il nome del monastero si deve a san Giorgio, nativo di Cipro. Il di lui fratello Eraclide aveva lasciato l’isola per darsi, in Palestina, alla vita monastica. Dopo la morte dei genitori, anche Giorgio volle abbracciare la vita ascetica e andò a trovare suo fratello nella laura di Calamon, sulle rive del Giordano. Ma era ancora troppo giovane per vivere la vita eremitica. Per questa ragione il fratello lo condusse alla laura di Koziba e lo introdusse alla vita cenobitica. Dopo una vita di peripezie (e dopo essere scampato alle scorrerie persiane) Giorgio tornò a Koziba per morire circondato dalla fama di santità. Ormai è sera. Riprendiamo la strada del ritorno, che questa volta ci porterà a Betlemme. Per arrivare nel luogo della nascita di Gesù, passiamo per la città santa, Gerusalemme. Cantiamo a squarcia gola i salmi dell’ascensione. Gli stessi che sono stati invocati da Re Davide e dai fedeli di ogni tempo. Anche Gesù ha recitato da buon israelita le stesse preghiere. Il cuore è in pace. Siamo nella casa di Dio. Cosa possiamo temere?
 
Don Salvatore Lazzara