Omelia dell’Ordinario, al Verano, nella Celebrazione a ricordo dei caduti

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(02-11-2016)
«Ricordati, Signore»!
E’ questo il grido che la Liturgia della Parola mette oggi sulla bocca del Salmista (Salmo 24 [25]) e che penso interpreti bene lo stato d’animo con cui siamo riuniti in questa Celebrazione Eucaristica.
 
«Ricordati, Signore»!
È questo il nostro grido dinanzi al mistero della morte che oggi ritorna al cuore con tanta forza: anzitutto il mistero della morte dei nostri caduti, sui quali invochiamo il ricordo di Dio ma che Egli non può certo dimenticare.
Sì, chiediamo a Dio di ricordare ma, in realtà, tocca a noi fare memoria. Cogliere dall’esistenza e dalla morte di tanti nostri defunti, particolarmente dai colleghi e amici morti nell’adempimento del proprio dovere, una lezione di vita, una testimonianza di servizio alla gente e al bene comune che è più forte del male contro cui essi hanno combattuto e che, dunque, può essere più forte della morte.
La Chiesa, oggi, ci invita a guardare le cose che non passano; e questo offre la forza per vivere con quelle doti di semplicità, sobrietà, onestà, generosità e solidarietà che rimangono oltre la morte e sono le stesse virtù sulle quali si costruisce una società giusta e la pace tra i popoli.
 
«Ricordati, Signore»!
È questo anche il nostro grido dinanzi al tempo che stiamo vivendo, nel quale avvertiamo la paura di tanti fratelli che spesso, proprio voi militari, vi trovate a fronteggiare per primi. Penso al clima tanto diffuso di terrore per le guerre, le violenze, il terrorismo… ma penso anche alla paura dinanzi alle calamità naturali, che stiamo toccando con mano in questi giorni con il terremoto del Centro Italia e che, forse, pensavamo di aver dimenticato.
Ci fanno quasi paura le parole di San Paolo nella seconda Lettura (Rm 8, 14-23): «La creazione è stata sottoposta alla caducità… per volontà di Colui che l’ha sottoposta». Certo, il significato di questa affermazione è molto più complesso ma non possiamo non pensare con sgomento a come il mondo nella sua bellezza, nel valore delle sue creazioni artistiche, nelle tradizioni incise nei nostri paesi, soprattutto nello splendore di ogni vita umana, sembri quasi votato alla distruzione, a quella «vanità» che sentiamo riecheggiare nell’inquietante esclamazione di Qoèlet (Qo 1,2): «Tutto è vanità»!
Ma mentre chiediamo il ricordo di Dio, è Lui che ci chiede di ricordare il valore della bellezza del mondo che noi stessi distruggiamo, dell’arte di cui disprezziamo storia e tradizione, della vita umana, così minacciata nella sua dignità, soprattutto nei momenti di maggiore fragilità.
 
«Ricordati, Signore»!
Il grido si fa dunque più forte dinanzi alla vita che muore: alle tante vittime del terremoto, delle tragedie, della guerra e di ogni violenza, delle malattie, dell’indifferenza… È il grido di chi, forse, teme che Dio si sia dimenticato dell’uomo, con il suo Silenzio e la Sua apparente assenza. Un grido che richiama quello di Gesù sulla croce e, come il Suo, non può essere una richiesta individualistica. È un grido che apre, spalanca il nostro cuore sulle necessità dei fratelli, sul dolore del mondo, che sentiamo nella nostra carne anche quando non sembra toccarci direttamente.
Noi chiediamo il ricordo di Dio ma è Dio che, nel Vangelo (Mt 25,31-46), ci chiede di ricordare coloro che hanno fame e sete, coloro che sono nudi o prigionieri, stranieri o malati… Ci chiede di renderci conto di tutte le volte che abbiamo dimenticato la dignità della vita dell’uomo opprimendo i poveri, respingendo gli stranieri, abbandonando i morenti, scartando chi ha bisogno…
 
Cari amici, dinanzi al mistero della morte, è Dio che vuole chiedere a noi di ricordare e custodire l’esistenza di ogni persona, la bellezza del mondo e della casa comune, il miracolo della solidarietà e della fraternità, l’amore che, nella vita dei singoli e di ogni comunità umana – sia essa civile, familiare, ecclesiale –, diventa germe di pace.
Per questo amore e per questa pace le vite dei nostri caduti – come le vite di tutti voi militari – si sono spese, consumate, offerte fino alla testimonianza del sacrificio.
Questo amore ci aiuta, anche dinanzi alle tragedie di oggi, ad affrontare a vincere la paura della morte: quella morte che è incontro con Dio, nel quale noi Lo riconosceremo perché ricorderemo il Suo Volto contemplato, servito, amato in chi ha fame e sete, è nudo e straniero, malato o carcerato… in tutti coloro per i quali, come i nostri fratelli caduti, anche noi avremo saputo vivere e morire.
 
 X Santo Marcianò