«Padre nell’ombra» – Lettera dell’arcivescovo ai sacerdoti

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(20-12-2021) “Il lavoro non è solo qualcosa di soggettivo, anche se tende alla realizzazione della persona. Il lavoro ha una dimensione sociale, perché costruisce la comunità. Ha una dimensione teologica, perché continua l’opera della creazione”. Lo scrive mons. Santo Marcianò, Ordinario militare per l’Italia, nella lettera inviata nei giorni scorsi ai sacerdoti, a conclusione dell’anno dedicato a San Giuseppe. “Nelle esperienze pastorali riuscite, come pure nelle difficoltà e nel fallimento, è importante, come preti, imparare questa dedizione”, l’invito, appunto, sulla scorta della figura di San Giuseppe: “Questo impegno instancabile che non è attivismo, ma che risponde alle esigenze vitali del figlio, dei figli”. “È importante, per la nostra gente, capire che il parroco sta lavorando per te, che il cappellano sta lavorando per te”, raccomanda il vescovo: “E che, senza moltiplicare le cose – il che, alle fine, farebbe perdere l’orientamento –, è instancabile nell’arrivare fin dove è necessario per te, per la comunità, per le singole persone, delle quali conosce il nome. E lo fa fino allo stremo delle forze!”. Poi un invito alla creatività pastorale: “Penso con quanta creatività, nelle diverse sofferenze della storia, non ultimo nel tempo di pandemia, tanti presbiteri hanno operato piccoli miracoli d’amore, hanno circondato il popolo loro affidato di una preghiera silenziosa e perseverante che ha impedito al mondo di cadere nella disperazione! E quanti sacerdoti hanno perso la vita per salvare gli altri, con fedeltà e carità! E penso alla bellezza di affrontare con coraggio creativo quel tempo benedetto della crisi personale e vocazionale, che potrebbe cogliere il nostro sacerdozio”. Infine, San Giuseppe come “custode”, “come protettore dei miseri, dei bisognosi, degli esuli, degli afflitti, dei poveri, dei moribondi”. “Bisogna conoscere gli ultimi, i poveri affidati alla nostra custodia”, l’appello: “Bisogna guardarli negli occhi e conoscere il loro nome”. “Prima dei progetti, la creatività pastorale è la pastorale della vicinanza del cuore, della prossimità, della compassione”, il monito di mons. Marcianò. “Non abbiamo bisogno di funzionari del sacro, ripete spesso il Papa, ma di pastori con l’odore delle pecore. Non abbiamo bisogno di riempire le chiese ma di abitare le periferie”. “Ogni pastorale è pastorale della carità”, conclude l’Ordinario militare per l’Italia: “E la carità ci rende sempre poveri: poveri perché consapevoli delle nostre periferie dell’anima; poveri perché, pur senza impegni e scadenze che affollano il calendario pastorale, ci ritroviamo ogni sera stanchi e a mani vuote, avendo dato veramente tutto”.