(30-09-2024) «Quelli che non si notano, che non si nominano, che non cercano medaglie e onori, ma che svolgono il loro lavoro, con onestà e dedizione, a servizio dello Stato e della comunità». È l’elogio dei soldati semplici, degli uomini e delle donne che, come i discepoli di Gesù di cui parla il Vangelo, seguono il Signore e prestano servizio contenti di farlo, ad annodare l’omelia dell’Arcivescovo in Duomo, nella celebrazione da lui presieduta per i 250 anni della Guardia di Finanza e per i 90 anni della proclamazione di San Matteo quale patrono del Corpo. La Cattedrale gremita dei militari delle Fiamme Gialle in uniforme, le bandiere, la reliquia di San Matteo posta in altare maggiore (verrà collocata poi nella Cappella del Comando regionale Lombardia GdF), nelle prime file schierati gli alti gradi (tra cui il comandante interregionale, generale Fabrizio Carrarini, e il comandante della Lombardia, generale Giuseppe Arbore), il questore di Milano Bruno Megale, il prefetto Claudio Sgaraglia, l’assessore comunale alle Risorse finanziarie, economiche e patrimoniali Emmanuel Conte in rappresentanza del sindaco Sala, la decana del Corpo consolare, i magistrati: tutto parla di una solennità vissuta e molto attesa.
A cui dà voce, porgendo il saluto di benvenuto, monsignor Andrea Scarabello, cappellano del Comando regionale GdF Lombardia, concelebrante con altri 7 cappellani tra cui quelli della GdF Liguria e Piemonte-Valle d’Aosta (che compongono la Gdf del Nordovest), della Polizia di Stato, dell’Esercito, della Scuola militare “Teulié” – presenti anche tanti allievi giovanissimi – e dell’Aeronautica: «Negli anni precedenti lei ha celebrato San Matteo nel nostro Comando, oggi siamo noi a raggiungerla qui, in Duomo, casa di tutti i milanesi, per esprimere il legame dei nostri militari con la Chiesa ambrosiana», dice monsignor Scarabello, ringraziando l’Arcivescovo e sottolineando la significativa coincidenza della Madonnina collocata sulla guglia maggiore del Duomo 250 anni fa – era il 30 dicembre 1774 – e la fondazione nello stesso anno della Guardia di Finanza.
«Parliamo oggi di quelli che non si notano e non si nominano, eppure che sono cosi necessari per la comunità cristiana e la società – scandisce nell’omelia monsignor Delpini -. Uomini e donne che sono a servizio dello Stato e della comunità, che hanno dentro un principio di moralità, rispondono alla propria coscienza e non hanno bisogno di essere sorvegliati o controllati per svolgere bene il loro dovere». Eppure questi stessi uomini e donne – così come, nel Vangelo, i discepoli che non si fanno notare -, sono però individuabili, portando qualche tratto che li distingue. «In divisa sono riconoscibili, per gli onesti come presenza rassicurante, per i trasgressori sono un avvertimento e contrastano l’illegalità». Anche perché ci sono sempre e non amano i primi posti.
«Questi uomini e donne sono coloro che ci sono sempre, quelli che distribuiscono il pane e raccolgono i pezzi avanzati, quelli di buon comando, quelli che portano i bambini a Gesù e si prendono il rimprovero dei discepoli importanti. Uomini e donne a servizio della comunità, sono sempre a servizio, non inseguono la visibilità, ma svolgono il loro lavoro con onestà. I discepoli che non si notano, sono quelli che non amano i primi posti, che non discutono su chi tra loro sia il più grande, non pretendono riconoscimenti, sono imbarazzati nei ringraziamenti, perché dicono: “abbiamo fatto quello che dovevamo fare, siamo qui solo per servire e già questo è un grande onore”. E infatti è quello che Gesù stesso sceglie di fare. Gli uomini e donne a servizio dello Stato e dei cittadini non vivono anzitutto per la carriera, ma per il servizio».
Al termine della celebrazione, la recita della Preghiera del Finanziere precede il ringraziamento finale del generale Carrarini: «Questa cerimonia, arricchita dalla presenza di autorità civili e militari, conferma il legame profondo che unisce noi Finanzieri e la città di Milano, le sue istituzioni e la sua gente. Storia e simboli che, come un filo invisibile, si intrecciano nel corso dei secoli e che hanno scritto alcune delle pagine più avvincenti della storia nazionale», spiega Carrarini, che aggiunge: «I valori cristiani di San Matteo sono anche quelli degli appartenenti al Corpo. La carità e l’amore, nel nostro lavoro, corrispondono alla solidarietà e alla giustizia, la potenza della fede richiama la consapevolezza dei nostri doveri, i valori della speranza coincidono con l’aspirazione a realizzare una società più equa, più giusta e più attenta alle persone, specie le più deboli e bisognose. Valori che non vanno solo proclamati, ma praticati nella vita operativa di ogni giorno».