“Beata sei tu o Maria che hai creduto: in te si è compiuta la parola del Signore”.
Con queste parole, ispirate ad Elisabetta, la liturgia odierna ci invita a contemplare il volto di Dio che benedice la creatura umana; benedice l’inizio della nuova creazione, nel mistero del Verbo di Dio fatto carne.
Maria, dopo l’annuncio dell’angelo, sospinta dallo Spirito, intraprende un viaggio, da Nazareth verso una regione montuosa in una città di Giuda. Nella casa di Zaccaria, saluta Elisabetta. Maria ancora una giovane ragazza e la sua parente ormai anziana. È l’incontro tra due donne visitate dall’angelo del Signore e rese feconde per divenire sorgente di vita nuova.
In questo itinerario, l’evangelista Luca, sembra descrivere i tratti di un primo viaggio missionario che trova la sua efficacia e la sua forza nell’azione dello Spirito e nel mistero di vita di cui Maria è divenuta grembo. Il saluto di Maria, infatti, fa sussultare la vita presente nel grembo dell’anziana Elisabetta. È il Verbo di Dio che suscita il sussulto. Elisabetta ricolma di Spirito, compie la sua confessione di lode esclamando: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo”.
La casa dei due anziani parenti, nei quali vi era sterilità e le prospettive di futuro erano oscurate dall’assenza di vita, diventa una casa nella quale si aprono orizzonti di speranza. Tutto viene trasformato in benedizione.
La casa così, come in altri tratti della narrazione lucana, è un luogo dove Dio effonde il suo Spirito, libera dal male, apre il cuore alla fede, raduna nell’unità e nella concordia. La casa diviene simbolo dell’incontro tra Dio e la creatura umana, e da questo incontro nasce la missione.
Mentre inizio insieme con voi il ministero episcopale nell’Ordinariato Militare per l’Italia, desidero sottolineare la vocazione missionaria della Chiesa, tratteggiata nel mistero dell’incontro tra Maria ed Elisabetta.
Proporrei a tutti noi l’invito ad affinare le seguenti caratteristiche:
- Coltivare l’ascolto accogliente, sull’esempio di Maria;
- Lasciarci guidare da quel movimento di risurrezione che lo Spirito Santo genera nel cuore del credente;
- Promuovere una missione che susciti nell’interlocutore esultanza, lode e consolazione.
La Chiesa, sospinta dalla voce dello Spirito, è chiamata a portare, nell’incontro con il mondo, l’annuncio del Verbo di Dio fatto carne. È un annuncio di presenza che apre la casa comune dell’umanità alla gioia, alla speranza, a relazioni miti e pacifiche, l’Evangelii Gaudium.
La missione, infatti, è autentica se rispetta l’interlocutore e crea le condizioni perché con il cuore e con le labbra ciascuno possa dire: “Benedetta tu e benedetto il frutto del tuo grembo”.
Infatti, quando la missione non è ideologica favorisce l’incontro con Cristo e l’interlocutore scorge che il primato è sempre di Cristo. Maria è icona della Chiesa, che testimonia il dono con la presenza. È un vero modo di essere dentro la storia, con rispetto, e con uno stile culturale “che non decide e non si pronuncia a guisa di oracolo, in modo irrevocabile con scelte perentorie e definitive”.
La Chiesa dell’Ordinariato Militare trova in Maria un paradigma di riferimento quanto mai attuale, per far giungere a tutti lo stile della vicinanza di Dio, il quale mostra che siamo Fratelli tutti.
Nella prima lettura, il profeta Sofonia invitava la Figlia di Sion a rallegrarsi, ad esultare, a superare ogni paura, perché il Signore è “in mezzo a te, ha revocato la tua condanna. Perciò, non temere, non lasciarti cadere le braccia”. È il paradigma della benedizione che sempre deve prevalere nella missione e nel dialogo con l’alterità.
Papa Francesco, come abbiamo ascoltato nella Bolla di nomina, auspicava che il nostro servizio possa esprimersi nello stile di una chiesa “ospedale da campo dopo una battaglia, plasmato da spirito di accoglienza, di apertura a tutti e di missione”.
In un ospedale da campo, l’attenzione è rivolta verso tutti e non esclude nessuno. Pochi giorni fa, Papa Leone ci ha ricordato che la vita è fatta di incontri e in questi incontri “veniamo fuori per quello che siamo”. Nell’esperienza dell’incontro, emerge l’apertura all’altro nella sua reale situazione. Il nostro servizio si rende presente nei luoghi in cui le persone sono ferite fisicamente, spiritualmente, socialmente, psicologicamente. Non opera solo nella protezione delle mura.
Chiamati a saper dialogare con le culture, con le religioni, con gli spazi di laicità, non in modo astratto ma lavorando insieme per testimoniare che Dio, in Cristo, benedice ogni creatura.
La Tradizione dei Padri della Chiesa, presentò come praeparatio Evangelica, la capacità di saper accogliere tutto ciò che di bello e di buono lo Spirito Santo ha già seminato nelle varie situazioni. Pensiamo alle domande di ricerca esistenziale presenti nel cuore dell’uomo, al lavoro per la ricerca dell’equità sociale, allo studio sempre più approfondito dei diritti umani per promuovere la giustizia, la pace, la solidarietà e la cooperazione.
Papa Leone XIV evidenzia “che se vuoi aiutare qualcuno non puoi pensare di tenerti a distanza: ti devi coinvolgere, sporcare, forse contaminare. Questo è il volto di una Chiesa che cresce in umanità”.
Cari fratelli presbiteri, cappellani militari, in modo speciale queste parole sono significative per noi. Il Concilio stesso sottolinea: “i presbiteri non potrebbero servire gli uomini se si estraniassero dalla loro vita e dal loro ambiente”.
Un pensiero speciale a voi seminaristi, cari giovani della Scuola Allievi Giovanni XXIII. Ci siamo conosciuti a Lourdes e ho potuto intravedere in voi la gioia, l’entusiasmo che vi anima. Il seminario è un grande dono e mi sta tanto a cuore; esso può costituire un vero e proprio campus di orientamento alle scelte di vita per coltivare la cura dei valori umani con la spiritualità e lo studio interdisciplinare della teologia.
Maria dalla piccola casa di Galilea intraprende un cammino verso una città di Giuda; ambienti apparentemente contrapposti e tra loro non sempre pacificati, divengono il grembo per un’umanità rinnovata. Vedo in questa immagine gli elementi per una Chiesa che genera un nuovo umanesimo dell’incontro, una Chiesa che contribuisce per favorire l’interdipendenza tra i popoli, il rispetto, la collaborazione e la concertazione per promuovere la pace.
E ora con le parole del Sub tuum praesidium, espressa in lingua sarda, affido a Maria, Regina della Pace, il nostro cammino:
“In s’Oriente bi naschet su sole. In su bisonzu ricurro a tie. S’immensa bontade ch’as tue consolet. In custa terra donzi essere umanu. Sa manu tua tende premurosa, divina Reina de sa Paghe”.