Messaggio dell’Arcivescovo Ordinario Militare per la Pasqua 2022

14-04-2022

LA «FINE» DELL’AMORE

«Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Gv 13.1).

Gesù entra nella Pasqua con queste parole, preludio dell’amore giunto a una svolta: «fino alla fine»!

Spesso parliamo della «fine» di un amore. Soffriamo, o facciamo soffrire altri, perché un amore sembra essersi svuotato, inaridito, spento. Non è più amore, diciamo, come se l’amore potesse cambiare essenza, identità. E lo diciamo nelle relazioni di coppia e nel matrimonio, nel sacerdozio e nella vita consacrata; nell’amore che muove le amicizie o i legami familiari, che sostiene gli impegni di lavoro o i rapporti sociali, che lega popoli e nazioni.

L’amore finisce: e tutto è distrutto. L’amore finisce: e ciò che era amore, che doveva e poteva essere amore, diventa indifferenza, rivalità, persecuzione, vendetta, odio, violenza… diventa guerra.

L’amore finisce. Ma se l’amore finisce è perché non arriva fino alla fine.

È come aver percorso una lunga strada in salita, piena di tornanti, e tornare indietro prima della curva finale che schiuderebbe un panorama stupendo; è come aver intrapreso un lungo viaggio in treno, per raggiungere una meta bellissima, e scendere alla stazione precedente l’arrivo; è come correre una maratona, a cui ci si è preparati per tutta la vita, e fermarsi prima del traguardo finale.

L’amore finisce, perché non arriva fino alla fine.

Sì. La «fine» dell’amore è un’altra cosa, ci dice Gesù nei tre giorni della Sua Pasqua.

La fine dell’amore è cingersi i fianchi e lavare i piedi; anche quelli di coloro che ci perseguitano, ci condannano, ci abbandonano. È vivere la propria missione, il proprio lavoro, la propria vocazione, come servizio e non come potere. È accorgersi di chi più ci è accanto e non ha i piedi sfiorati da una mano che li pulisca, li accarezzi, li faccia sentire nuovamente capaci di camminare.

La fine dell’amore è salire sulla croce, è abbracciare la croce dei fratelli, è accogliere gli altri e il loro il dolore, soprattutto se piccoli, malati, anziani, stranieri, carcerati, scartati; è prendersi cura delle ferite e sofferenze, guardando la morte come mistero da accogliere e accompagnare.

La fine dell’amore è la gioia della risurrezione, della rinascita. È la bellezza di perdonare e sentirsi perdonati, di guarire e sentirsi guariti. È la sorpresa di scoprire l’altro accogliendolo. È la grazia di accogliere la vita, ogni vita, dal suo primo istante al suo naturale tramonto. È la possibilità di riempire di giustizia, fraternità e pace i rapporti sociali, le responsabilità governative, le relazioni internazionali, il servizio prezioso dei militari.

Amare fino alla fine, fino a questa fine, è superare la curva più insidiosa, giungere alla stazione di arrivo, varcare la linea del traguardo.  È avere il coraggio fare lo sforzo finale, scoprendo che c’è un orizzonte nuovo: la gioia del dono di sé.

Così, la fine dell’amore diventa la fine della tristezza e della solitudine, dell’abbandono e della povertà, della fame e dell’ingiustizia… diventa la fine della guerra.

L’amore è così, dice Gesù. La pace è così.

E se non ami fino alla fine non fai la pace. Se non ami fino alla fine, non ami!

 

Nel Cristo Risorto, buona Pasqua di pace.

Santo Marcianò