Ordinazione Presbiterale di Luigi Benemerito, Valerio Carluccio e Giuseppe Massaro

07-05-2022

Roma, Basilica S. Giovanni in Laterano, 7 maggio 2022

 

Cari fratelli e sorelle, cari Giuseppe, Luigi, Valerio,

«Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra».

Il Signore sembra racchiudere in queste parole della prima Lettura (At 13,14.43-52) quanto oggi accade a voi e, con voi, alla nostra Chiesa e alla Chiesa tutta; sembra riassumere così il mandato che caratterizza il vostro sacerdozio, collaborazione e continuazione del ministero degli apostoli. «Così infatti ci ha ordinato il Signore», affermano decisi Paolo e Barnaba.

Essere prete significa, in certo senso, essere «luce». E voi lo avete capito. Avete fatto un’esperienza di Luce così forte da seguirne la scia, per lasciarvi illuminare ed esserne, a vostra volta, portatori per i fratelli, particolarmente per i nostri fratelli militari… «fino all’estremità della terra».

Lo hai capito tu, Giuseppe, sperimentando quanto la Luce fosse necessaria, proprio nel mondo militare in cui eri inserito e che, allo stesso tempo, era il tramite della Luce che ti chiamava. Lo hai capito tu, Luigi, lasciando che la Luce ti distogliesse dai ritmi del lavoro e del sociale per proiettarti in una scelta di vita mai immaginata. Lo hai capito tu, Valerio, seguendo una Luce diversa da quella che già facevi risplendere nella tua missione di medico e nella vita monastica.

Sì, la Luce! E, in questa Domenica del Buon Pastore, la Parola di Dio vi indica come essere pastori che:

  • trasmettono la Luce;
  • conducono verso la Luce;
  • si fanno canali della Luce.

 

Pastori che trasmettono la Luce

Nell’immagine offerta dagli Atti degli Apostoli, trasmettere la Luce significa diffondere la Parola. Una Parola che sembra camminare, seguendo il passo spedito di Paolo e Barnaba.

Il prete deve annunciare la Parola, non lo dimenticate. È lì il cuore del suo magistero, di quel munus docendi che la Grazia di Dio oggi vi conferisce.

Non c’è e non ci sarà insegnamento, predicazione, ascolto e consiglio, per voi, al di fuori di questa sorgente che è la Parola di Dio. Non ci sarà possibilità di raggiungere i cuori, persino quelli degli ultimi e dei lontani. Non ci sarà possibilità di uscire dal recinto per cercare le pecore, e le pecore perdute, senza che sia la Parola a spingervi, a indicare la direzione, a muovere la vostra bocca, rendendola capace di profezia, sebbene a volte la sentirete impacciata.

È la Parola che, se ci pensiamo bene, muove i passi di Paolo e Barnaba; che infuoca l’apostolo, spingendolo a partire, a uscire. È la Parola che ci fa uscire da noi stessi, ci tira fuori da noi stessi, aiutandoci a combattere quel protagonismo, anche clericale, nel quale rischiamo di rimanere intrappolati.

Restate umili davanti alla Parola, servi di Essa!

E vedrete miracoli, come nelle prime comunità.

«Quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore», abbiamo ascoltato. È incredibile: una città intera… Sì, perché è la Parola che raduna; è la Parola che crea “sinodalità”, partendo dall’ascolto.

Voi diventate preti oggi, mentre il soffio dello Spirito, raccolto dalla spinta profetica di Papa Francesco, chiede di camminare insieme; chiede di riscoprire una Chiesa sinodale, radunata dalla Parola. Ricordatelo, quando sarete nelle vostre comunità, nelle caserme o scuole, in diverse realtà militari in Italia o all’estero.

E, se è vero che la Parola è anche sorgente di gelosie e persecuzioni, già dai primi tempi della Chiesa – lo abbiamo ascoltato – è pur vero che risiede proprio in Essa, nella verità della Parola, la possibilità di quella perseveranza che gli apostoli chiedono alla comunità. Non può esserci perseveranza senza la Parola!

Così, la Parola può arrivare tra i pagani, indurre conversione, suscitare fede, provocare gioia… e come allora anche oggi, anche attraverso di voi!

Nel mondo c’è grande sete di gioia, c’è grande sete della Parola. Ma anche la Parola, in certo senso, “ha sete”: Gesù, Parola, ha sete di raggiungere i cuori e illuminare le menti, di colmare silenzi e solitudini, di sanare ferite e dare senso.

È bellissimo! Voi non solo dissetate le anime con la Parola ma dissetate Cristo, Verbo di Dio; estinguete la sete di quella Parola che viene nel mondo per essere detta, data, diffusa…

Giuseppe, Luigi e Valerio: non spegnete questa sete!

Non spegnete la sete della Parola e nella Parola. Non spegnetela prima di tutto in voi: solo così sarete Luce di una Parola che zampilla, disseta, illumina.

 

Pastori che conducono verso la Luce

Nel Vangelo (Gv 10,27-30), il Cristo mostra come condurre verso la Luce di Dio: essere «una cosa sola con il Padre». In Lui risplende l’immagine del Figlio e del Pastore seguito dalle pecore. Che responsabilità essere pastore e guida! Che dono il munus regendi!

«Nessuno le strapperà dalla mia mano», dice Gesù. Ma noi sacerdoti, in realtà, sappiamo di essere esposti al rischio di tanti strappi: lo strappo del rifiuto di Dio, del peccato, del conflitto, della tentazione… Strappi che vedrete negli altri, talora con la sofferenza di non saperli ricucire; strappi che, in verità, rappresentano una minaccia pure per noi, per la nostra stessa fede.

«Io e il Padre siamo una cosa sola». L’incedere sicuro della guida non sta nelle capacità di governo, nella forza di carattere: sta nell’essere figlio, «uno con il Padre». Sta nel «conoscere», in senso intimo, il Padre e nel potere, in Lui, «conoscere» le pecore.

L’antidoto allo strappo, potremmo dire, è questa conoscenza d’amore che guida le pecore al Padre: «Nessuno può strapparle dalla mano del Padre».

L’amore cuce e ricuce, conduce e riconduce… E bisogna conoscere e amare per governare e guidare.

Nel nostro tempo si sta abdicando alla conoscenza.

Ci si limita ai “contatti”; ci si adagia su incontri “via web”, ancor più amplificati dalla pandemia. Ci si difende dall’invasione dell’altro, tanto a livello personale quanto attraverso la costruzione di muri sociali e il rafforzamento di confini politici: lo sanno bene i nostri militari, spesso chiamati ad accogliere e soccorrere coloro che altri rifiutano e respingono…

Giuseppe, Luigi e Valerio, siate pastori con l’anelito di conoscere le pecore! Di conoscerne la vita, la storia, la missione, le situazioni concrete.

A questo – lo dico con profonda gratitudine verso gli educatori – vi ha formato il nostro bel Seminario: a essere una cosa sola con il Padre, tra voi, con il presbiterio, con il vescovo, con tutta la nostra Chiesa. Vi ha formati, così, a poter conoscere e amare la comunità dei militari e le loro famiglie. Ma conoscere e amare significa, spiega Gesù, «dare loro la vita».

Ecco, dare la vita per guidare e governare; perché, nel cammino verso la Luce, «nessuno si perda» e tutti «siano una cosa sola».

Scrive il Papa, nel Messaggio per questa Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni: «Brilliamo, ciascuno e ciascuna, come una stella nel cuore di Dio e nel firmamento dell’universo, ma siamo chiamati a comporre delle costellazioni che orientino e rischiarino il cammino dell’umanità»; «siamo non solo chiamati, cioè interpellati ognuno personalmente da una vocazione, ma anche con-vocati»[1]. Siate dunque elemento di unità, di comunione: guiderete tutti alla Luce della Trinità!

 

Pastori che si fanno canali della Luce

Il Libro dell’Apocalisse (Ap 7,9.14b-17) dice come essere canali di questa Luce: «stare davanti a Dio», «prestarGli servizio giorno e notte nel tempio».

Il sacerdozio non è un “fare”: è un “essere” che scaturisce dallo “stare”. Stare davanti a Dio! Per saper stare davanti ai fratelli e per i fratelli.

Come non pensare al munus santificandi, al ministero dell’intercessione, concesso a tutti i credenti ma che il prete vive “in Persona Chisti”, diventando, in Lui, canale della Luce e della Grazia sacramentale?

Stare davanti a Dio giorno e notte, come stava Gesù. Vivere alla Sua Presenza e della Sua Presenza. Vivere, noi per primi, una vera vita di Grazia: una vita spalancata alla Luce, trasparente di Luce; casta ed esente da doppiezze, meschinità, autoreferenzialità…

Stare davanti a Dio anche nella tribolazione: nelle tribolazioni nostre e di coloro che ci sono affidati, come pure nelle «grandi tribolazioni» della storia.

Giuseppe, Luigi, Valerio: voi diventate sacerdoti mentre il mondo è trafitto da «grande tribolazione»; voi diventate cappellani militari in un tempo in cui gli uomini e le donne delle nostre Forze Armate, in particolare, sono interpellati dall’emergenza della pandemia e dalla minaccia di una terribile guerra… Sono tragedie che obbligano a difendere con maggior determinazione il valore della vita, di ogni vita umana, con la sua intaccabile dignità, la sua chiamata alla libertà, il suo destino di giustizia e di pace.

Servite la vita sempre, senza compromessi, esitazioni!

La vita dei poveri e degli ultimi, di bambini, anziani, malati. È vero, sperimenterete come non sia facile asciugare le lacrime dagli occhi di chi soffre, di chi fatica invano, di chi muore. Ma non dimenticatelo: la risposta è «stare»! Rimanete accanto ai fratelli, sempre. E rimanete sempre davanti al Signore! Rimanete con chi piange e per chi piange. Rimanete davanti a Lui per raggiungere le «moltitudini immense», per essere ovunque ci sia qualcuno che piange. E siate certi che Lui, il Risorto, trasforma le lacrime del dolore e della paura in «acque della vita».

 

Carissimi Giuseppe, Luigi, e Valerio,

«Egli ci ha fatti e noi siamo suoi», canta il Salmista (Salmo 99). È il mistero stupendo della vocazione!

Siamo fatti da Lui e siamo Suoi. Sentitelo vivo, oggi, questo mistero. Siete “fatti” da Dio, fatti per essere preti, per esser Suoi in quanto preti. Fatti in virtù del momento di oggi, al quale approda, come a una Luce, il “da sempre” di Dio e tutti i doni trovano senso.

Il dono delle vostre famiglie, che ringraziamo con affetto, ricordando commossi coloro che sono già in Cielo. Il dono dei vostri temperamenti diversi, sui quali avete tanto lavorato in questi anni. Il dono dei vostri carismi, che lo Spirito porterà sempre più alla Luce. Il dono della vostra unicità irripetibile, alla quale Dio ha affidato una missione unica, per portare, tra i nostri militari, la Sua Parola, la Sua Grazia, la Sua Vita, la Sua Pace… per essere la loro Luce!

Fatelo con fiducia, con trasparenza, con gioia.

Il Signore vi benedica. E così sia!

 

 

Santo Marcianò

[1] [1] Francesco, Messaggio per la 59ᵃ Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, 8 maggio 2022