Omelia dell’Arcivescovo ieri ai funerali del Carabiniere Emanuele Reali

10-11-2018
Carissimi,

«Voi siete tempio di Dio… Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui». In modo forte, accorato, Paolo, nella prima Lettura (1Cor 3,9c-11.16-17), grida la sacralità delle vita umana. Quella vita, una sola vita, che vale più del tempio, cioè di quanto più prezioso e inviolabile esistesse, a quell’epoca, per gli Ebrei. Quella vita che spesso, ai nostri giorni, sembra valere meno di ogni cosa. Anche dei pochi spiccioli che si possono accumulare con un furto! Siamo sconvolti, straziati, nel vedere la vita di Emanuele distrutta in un istante, per un gesto eroico ma che ha una terribile sproporzione; e sappiamo che la sua vita vale più, infinitamente più del motivo che ne ha provocato la morte. Vale di più, nella sua sacralità e unicità irripetibile! Lo sai bene tu, cara Matilde, trafitta da un dolore che merita la vicinanza del nostro silenzio, carico di inerme rispetto; lo sanno le vostre piccole Paola e Giorgia, private improvvisamente di un padre che le adorava; lo sanno i genitori, la sorella, la famiglia di Emanuele, gli amici, i colleghi… i tanti che, nel cammino terreno, lo hanno avuto compagno insostituibile, sereno e solare, amico di tutti, testimone di una fede indistruttibile, convinta che l’amore di Dio vince sul male e che il male si può vincere solo per amore e con amore.   Forse, se letto così, pur nel dolore che non passa, il gesto di Emanuele si spiega e ci spiega la sua vita di carabiniere, infiammata del desiderio di fare bella la casa del mondo. «Lo zelo per la tua casa mi divora», dice Gesù nel Vangelo di oggi (Gv 2,13-22). E lo zelo è proprio questo: l’amore che «divora», cioè che «consuma». Sì, è l’amore ha consumato Emanuele! Un amore instancabile, che non si scoraggia e non perde la speranza; che non si lamenta ma cerca il bene, anche nelle circostanze più difficili; l’amore umile, che sempre – sempre! – trova spazi di servizio; l’amore affettuoso, attento ad ogni creatura, soprattutto la più piccola; l’amore che si nutre di giustizia ma ha qualcosa in più della giustizia. L’amore che è sempre un di più e non si ferma davanti a nessun ostacolo, anche se pericoloso, anche se a rischio della vita, come non si è fermato Emanuele. Il cammino della sua vita è stato percorso in tempo troppo breve, in fretta, di corsa, come quella sera; perché l’amore non cammina ma corre, verso una meta chiara e sempre da raggiungere, perché sempre si può amare di più. Emanuele, Lele, ha saputo amare ogni giorno di più: Matilde, Paola, Giorgia; la sua famiglia, i Carabinieri, le sue amicizie e le sue passioni, anche la passione per la caccia. Aveva un sorriso gioioso che portava sul volto e regalava a tutti. Aveva un di più di amore. Il dolore straziante che oggi raccogliamo e portiamo all’altare è una testimonianza che l’amore, quello vero, è sempre sproporzionato; che l’amore è sempre possibile e resta per sempre! E questa limpida testimonianza si unisce alle tante testimonianze di eroicità quotidiana, che non balzano agli onori delle cronache e non fanno “notizia”, disseminate nella storia della Famiglia dell’Arma dei Carabinieri (è lo scandalo che fa notizia, non l’amore!); nelle tante vite lì consumate per amore e talora persino nella santità, come quella di Salvo D’Acquisto e di tanti altri. Vite che più si sono consumate – proprio come fa una candela – e più oggi illuminano la vostra strada, cari amici Carabinieri, e illuminano il cammino degli uomini e donne delle Forze Armate e Forze dell’Ordine italiane, sostenuti anche da esempi come Emanuele, portano avanti il loro difficile compito, con coraggio e carità. Il coraggio, cari amici, non è una forza cieca o, peggio ancora, aggressiva; coraggio significa, letteralmente, “avere cuore”. Il coraggio straordinario, quello che a noi, forse, sembra spropositato, sgorga da un cuore in cui abita non la violenza ma la difesa, non la guerra ma la pace, non l’odio ma l’amore! Questo era il cuore di Emuanuele.   «Sia pace a coloro che ti amano, sia pace sulle tue mura», canta il salmista rivolto alla città santa di Gerusalemme. Io non conoscevo Emanuele ma, da tante commoventi testimonianze, ho compreso che aveva la pace in se stesso. La pace ha bisogno di uomini di pace; e gesti come il suo costruiscono concretamente la pace che i carabinieri custodiscono nelle nostre città, nella nostra Nazione, come pure nelle missioni internazionali alle quali essi sono inviati, non per attaccare ma per difendere, non per distruggere ma per ricostruire. «Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui», diceva san Paolo. «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere», dice Gesù, «ma egli parlava del tempio del suo corpo». In realtà, Dio non vuole distruggere l’uomo, nessun uomo: buono o cattivo, giusto o criminale, onesto o ladro… Gesù si offre, offre Se stesso per non distruggere: è il segreto della pace, è il mistero delle Risurrezione. Emanuele vive questo mistero: non solo perché un giorno tutti risorgeremo, non solo perché egli, ormai, è nell’eternità del cielo, ma perché la testimonianza della sua vita e della sua morte vince con il bene il male e perciò trasforma la storia, la fa risorgere, la fa rinascere.   Carissime Matilde, cari genitori e familiari di Emanuele, cari amici e cari carabinieri, solo da qui può rinascere la speranza per il nostro mondo avvelenato di violenza e assetato di pace. E solo questa speranza darà a voi, pur nello strazio, la forza di continuare a vivere; darà la forza di crescere alle piccole Paola e Giorgia, non solo con l’esempio di un padre meraviglioso ma grazie al seme da lui seminato, che porterà frutto nei loro cuori. È il seme che tu, Emanuele, hai sparso con generosità e con un amore traboccante, eccessivo, sproporzionato; mettendo la tua vita, come tanti tuoi colleghi carabinieri e tanti militari eroi sconosciuti, fino alla fine a servizio della sacralità della vita umana. Una vita non da eliminare ma da servire, non da distruggere ma da salvare. Che questo gesto compia il miracolo dell’amore salvando dall’odio e dalla violenza la vita di molti, forse anche di coloro per i quali tu sei morto, perché il nostro mondo veda un’era di giustizia, fraternità e pace. Anche grazie a uomini come te! Grazie, Emanuele, uomo coraggioso, eroe per amore. Dal cielo prega per noi e consola i nostri cuori. E così sia!X Santo MarcianòArcivescovo Ordinario Militare per l’Italia