«Quando tante volte nella storia gli uomini pensano di fare una guerra, sono convinti di portare un mondo nuovo, sono convinti di fare una “primavera”. E finisce in un inverno, brutto, crudele, con il regno del terrore e la morte»[1]. Carissimi, le parole dell’omelia di Papa Francesco al Cimitero di Nettuno un anno fa, sembra commentino quanto Paolo scrive nella seconda Lettura (Rm 8,14-23): «Tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo». Saluto tutti voi presenti a questa Celebrazione, nel ricordo dei nostri caduti che, nel centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, si fa ancora più grato e commosso. Oggi ci pare di udirlo ancora quel gemito universale che attraversa la storia umana sempre, in modo speciale nella guerra: non un «mondo nuovo», non una «primavera», ma un inverno triste e gelido, che spezza la fioritura di vite umane e devasta l’intero creato, giardino che Dio ha affidato all’uomo e l’uomo rende bello di creatività operativa e artistica. La guerra deturpa la Bellezza di cui l’uomo è erede e artigiano e che lo fa assomigliare al Creatore. Vìola brutalmente la Bellezza della creatura umana, perché la uccide, la violenta, la sciupa, la fa oggetto di paura e terrore; vìola la Bellezza del giardino del mondo, non più riflesso stupendo di Colui che lo ha creato. La guerra è «brutta», non è «primavera»; così come non è primavera ogni forma di violenza, scarto, sopraffazione, discriminazione … Mentre, in questi giorni, ricordiamo anche la triste promulgazione delle Leggi Razziali, non possiamo non pensare a quanto accaduto pochi giorni fa in una Sinagoga di Pittsburgh, a quanto continuamente accade nelle nostre città, invase dal terrore e dalla criminalità organizzata, e nei nostri mari, soprattutto nel Mediterraneo, diventato, come Papa Francesco ha più volte ribadito, autentico «cimitero». La bellezza dei mari, dei luoghi, dei volti… tutto la guerra vìola, anche i volti dei caduti che ricordiamo. «Tutte queste persone, che riposano qui, avevano i loro progetti, avevano i loro sogni», diceva il Papa a Redipuglia; «le loro vite sono state spezzate. Perché? Perché l’umanità ha detto: “A me che importa?”»[2]. A me che importa – potremmo aggiungere – di questo gemito straziante che ancora attraversa l’umanità? Eppure, Paolo dice che questo gemito è una doglia del parto, cioè genera vita. Come? Il criterio lo abbiamo ascoltato dal Vangelo (Mt 25,31-46): «uno solo»! Sì. Un gemito infinito si leva dalle folle di sofferenti che hanno un nome e un volto: l’affamato, l’assetato, lo straniero, il povero, l’ammalato, il carcerato… volti innumerevoli, dinanzi ai quali ci sembra di rimanere impotenti, ma che poi diventano quel «uno solo», nei cui confronti è sempre possibile la solidarietà, la fratellanza, la carità che dona vita al mondo. Sempre! Anche nella guerra! Lo testimoniano i nostri caduti e lo ricordava il Presidente della Repubblica: «In questo universo fatto di fango, di sofferenze, di stenti e di morte, migliaia e migliaia di soldati, dell’una e dell’altra parte, sopportarono prove incredibili, compirono atti di grande valore e di coraggio e gesti di toccante solidarietà. Siamo qui per ringraziare ancora le nostre Forze Armate… La logica crudele della guerra non riuscì a piegare il senso di fratellanza, amicizia e umanità. L’odio per il nemico non prevalse sulla pietà»[3]. Carissimi, nel tempo dell’indifferenza globalizzata, dei rigurgiti di intolleranza e discriminazione, delle tante guerre che ancora costellano il pianeta, oggi, da queste tombe, si leva il grido della pietà, con cui i nostri caduti hanno risposto al gemito dell’umanità. La loro memoria lancia un messaggio ai nostri cuori, alle Forze Armate, al mondo delle Istituzioni: non ci sarà «primavera» civile, sociale o politica, non ci sarà «mondo nuovo» di benessere economico, non ci sarà pace e neppure autentica difesa, fintantoché la giustizia e la carità non raggiungerà «uno solo», volto di Gesù e autentica misura del bene comune. «Chi si prende cura del fratello, entra nella gioia del Signore – concludeva il Papa a Redipuglia; – chi invece non lo fa, chi con le sue omissioni dice: “A me che importa?”, rimane fuori. Qui in questo cimitero ci sono tante vittime. Oggi noi le ricordiamo. C’è il pianto, c’è il dolore. E da qui ricordiamo tutte le vittime di tutte le guerre.»[4]. Lo facciamo anche noi: nel pianto, con gratitudine e nella preghiera raccolta per i caduti, per le Forze Armate Italiane, per i nostri cari e per tutto il mondo, attraversato dal gemito del male e dell’odio ma anche dalla silenziosa fecondità dell’amore fraterno e del servizio generoso, fino al dono della vita, che già ci apre alla speranza della vera ed eterna primavera. X Santo Marcianò
Omelia dell’Arcivescovo nella celebrazione di stamane al Verano
02-11-2018
Omelia dell’Arcivescovo nella celebrazione di stamane al Verano
[1] Francesco, Omelia nella Messa dei defunti, Cimitero Americano Nettuno 2 novembre 2017
[2] Francesco, Omelia, Sacrario Militare di Redipuglia, settembre 2014
[3] Sergio Mattarella Intervento in occasione del 100° anniversario dell’entrata dell’Italia nella Grande Guerra, Monte San Michele – Sagrado (GO), 24/05/2015
[4] Francesco, Omelia, Sacrario Militare di Redipuglia, settembre 2014