Omelia dell’Ordinario nella celebrazione a San Giovanni in Laterano per la Festa di S. Barbara (01-12-2016)

02-12-2016

Carissimi fratelli e sorelle, la festa di Santa Barbara ci trova ancora assieme a celebrare, pregare e condividere, per trovare la forza di percorrere il nostro cammino quotidiano. Vi saluto tutti di cuore, con l’affetto e la stima che ormai conoscete e con la gioia di ritrovarvi. Siamo appena entrati in un tempo liturgico denso di significato: l’Avvento, quell’attesa che richiede apertura di cuore e forza di perseveranza. Un’apertura del cuore sempre necessaria, il Papa lo ha ribadito con forza chiudendo la Porta Santa qualche giorno fa. L’Avvento di quest’anno è, dunque, provvidenziale continuazione del Giubileo della Misericordia, con il suo invito a lasciare il cuore aperto e con l’invito alla perseveranza a cui, peraltro, indirizzano le Letture che oggi abbiamo ascoltato, tratte dalla Liturgia del giorno. Il tema dominante i brani biblici è la «forza»; ed è un tema particolarmente esigente per voi, Forze Armate, militari della Marina Italiana, chiamati a riscoprirne il significato vero, ampio, pacifico. La forza di cui la Parola di Dio parla si riferisce alla forza di una Nazione, di una città, di una casa. Una forza che, certamente, ha a che fare con la difesa, la protezione, e grazie alla quale tanti fratelli e sorelle trovano in voi accoglienza senza chiusura, giustizia senza prevaricazione, protezione senza dominio. Dove sta, dunque, la forza di un popolo, di una comunità, la forza che assicura la vera difesa? La risposta può essere schematizzata in tre punti.  1.  Forza come giustizia

La prima Lettura (Is 26,1-6) parla anzitutto di una «nazione giusta».

La «giustizia» è un elemento di forza per la comunità. È fattore di benessere sociale, di crescita economica, di equità tra i cittadini, di equilibrio da parte delle Istituzioni; è garanzia di legalità e di ordine, soprattutto è criterio di inclusione sociale e umana. Il profeta Isaia sembra legare tale giustizia all’apertura, alle «porte aperte». E di «porte della giustizia» da aprire ci parla anche il Salmo117. Sì. La nazione giusta, la nazione forte della sua giustizia, è una nazione con le porte aperte, con i confini spalancati. È la vostra forza, cari amici della Marina Militare! È la forza di cui arricchite la nostra Nazione con il vostro prezioso servizio e la vostra grande umanità! La giustizia non è qualità automatica: è il frutto dell’azione e della vita di uomini giusti; quei giusti che il salmista vede «entrare» attraverso le porte, Non dubitate: il grande servizio portato avanti, in questi ultimi anni in modo particolare, nella frontiera difficile dei nostri mari, è un grande tributo alla giustizia, un’autentica forza per la nostra Italia che, anche grazie a voi, uomini giusti, ha potuto scegliere di non chiudere le porte dinanzi a tanti migranti salvati: non numeri ma persone! Può esservi giustizia laddove – al di là delle problematiche di carattere organizzativo e della giusta invocazione di responsabilità condivise – chiudere i confini significhi escludere, e troppo spesso lasciar morire, concrete vite umane? Sarebbe veramente forte la nazione che dimenticasse, eliminasse questo genere di poveri? Sono domande che inquietano la coscienza di un popolo.  

2.  Forza come povertà
 
La forza della comunità, in realtà, sono proprio i poveri. Isaia parla di una città abbattuta nel suo splendore ma «calpestata» dai «piedi degli oppressi» e dai «passi dei poveri».

La profezia è certamente sconvolgente: sconvolge il nostro modo di pensare, le comodità borghesi, i ruoli di comando intesi come sopraffazione. Il brano biblico è esplicito: «Il Signore … ha abbattuto coloro che abitavano in alto». Penso a quanti, tra voi, si trovano a gestire impegni di elevata responsabilità, a quanti affrontano compiti delicatissimi di comando, di coinvolgimento nei contesti delle grandi decisioni, del dialogo istituzionale, delle strategie di politica difensiva… Quanto più elevata è la posizione occupata, tanto maggiore è la responsabilità nei confronti degli altri, che può arrivare ad esigere il dono della propria vita. Cari amici, voi ce lo insegnate: l’altezza del luogo in cui siamo posti è necessaria per guardare meglio l’insieme, accorgendosi di chi vive nelle periferie o nel disagio, di chi ha bisogno di essere realmente protetto e difeso. La forza di una città, di una comunità civile, di una comunità militare o ecclesiale, sta davvero nel camminare al passo dei più poveri, dei più fragili, degli ultimi: come in una famiglia, dove ciascuno si sente a casa.  3.  Forza come trascendenza. Anche la casa, però, ha bisogno di forza. Ed è forte, dice il Vangelo (Mt 7,21.2-27), la casa costruita sulla roccia. È, questa, la forza di chi riconosce una giustizia superiore, un ordine trascendente, un Assoluto che dona forza per affrontare le avversità personali e comunitarie: «Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia». Quella delle calamità naturali non è solo un’efficace immagine evangelica: è, per voi, anche campo di lavoro, realtà di missione, appello costante. La nostra Nazione sta ancora affrontando l’emergenza del terribile terremoto o dei gravi problemi creati dalle recenti condizioni climatiche avverse; e non possiamo non considerare quanto indispensabile e significativo sia l’apporto delle Forze Armate in tali situazioni. D’altra parte, occorre riflettere su come le stesse calamità naturali possano essere provocate, facilitate dall’uomo, qualora manchi il rispetto dell’ordine naturale le cui leggi sono scritte nella nostra «casa comune», come la chiama Papa Francesco[1]: quell’ambiente che è il mare e che voi per primi amate, difendete e custodite con raffinata competenza e con senso di solidarietà e abnegazione. La forza a fondamento della casa è la legge impressa da Dio nel mondo e nell’uomo creato, che si traduce in promozione della dignità, armonia e bellezza della vita dell’uomo, della terra e del mare in cui egli è posto, in vista del cielo che lo attende.   Carissimi, apertura alla giustizia, condivisione della povertà, sguardo al trascendente: la forza che la Parola di Dio chiede è stata certamente la forza della vostra Patrona, Santa Barbara. Vorrei gridare al cuore di tutti i forti marinai: per questa forza c’è un risultato, un premio: è la pace! «Tu gli assicurerai la pace… perché in Te ha fiducia». La pace è un dono, certamente; ma, proprio in quanto dono, richiama alla paziente costruzione, all’attenta custodia, alla fiduciosa preghiera. A voi marinai, pazienti costruttori e custodi della pace, noi siamo profondamente grati, come Chiesa e assieme a tanti fratelli e sorelle; a voi, oggi, il Signore Gesù affida un ulteriore impegno per la pace: chiede lo sguardo rivolto in Alto per lasciarvi attrarre dal Suo Volto, riflesso luminoso della giustizia, della povertà, della trascendenza; quel Volto per il quale Santa Barbara ha trovato la forza di vivere e di morire, quel volto che rispende sul vostro volto e si fa speranza di futuro per la nostra Italia.   X Santo Marcianò


[1] Cfr. Francesco, Lettera Enciclica Laudato si’, 1