Omelia nella Festa di San Sebastiano, Patrono della Polizia Locale

23-01-2017
Roma, Basilica S. Sebastiano, 20 gennaio 2017
 
«Non abbiate paura»!
 
È la Parola che Gesù ci vuole rivolgere, carissimi Vigili urbani, che oggi celebrate il martire San Sebastiano, nel 60° anniversario della sua proclamazione a vostro patrono, come si legge nel Breve Pontificio del 3 Maggio 1957, in cui il Papa Pio XII lo definisce «custode di tutti i preposti all’ordine pubblico che in Italia sono chiamati “Vigili Urbani”». Un Santo che non ebbe paura di vivere donando la propria vita e di morire per dare la vita.
Vi ringrazio di avermi invitato a presiedere questa Celebrazione; anche se svolgo il mio ministero di Ordinario Militare in giro per l’Italia e per il mondo, in questo momento mi considero un cittadino romano e di Roma assumo bellezze e difficoltà, preoccupazioni e fatiche, portate avanti dagli Amministratori ma anche dai tanti cittadini che amano questa città; le fatiche portate avanti da voi, cari Vigili, con un lavoro spesso misconosciuto e non sempre adeguatamente apprezzato, nel vostro operare nella città e per la città. Sono davvero contento di avere la possibilità di incontrarvi e conoscervi e ringrazio il Signore per questo Corpo di Polizia Locale Roma Capitale che, ad oggi, conta quasi 5600 persone che svolgono servizio nei Gruppi territoriali e speciali, nella Scuola del Corpo e nel Comando generale, come pure in Procura, Prefettura, Campidoglio e nella Banda.
 
Dio ci conosce, vi conosce; conosce le vostre paure ma anche quelle fatiche che, come dicevo, spesso gli altri ignorano o non considerano a sufficienza, inconsapevoli di quante difficoltà, mortificazioni e problemi siano legati, in particolare, all’operare in strada e quali ripercussioni esse possano avere sulla vita personale e familiare.
Dio ci conosce, dunque; ma Gesù ci dice che non basta che Egli ci conosca, dobbiamo anche noi «riconoscere» Lui. «Chi mi riconoscerà davanti agli uomini anche io lo riconoscerò». Il Vangelo (Mt 10, 28-33) oggi ci affida il mandato della testimonianza. E, in fondo, un tale mandato lo accogliete da San Sebastiano, perché “martire” significa questo, già nella sua etimologia greca: testimone.
È dunque fino al martirio che la testimonianza cristiana si spinge. Ancora oggi, e in modo sempre più crudele, vediamo come non sia passato il tempo in cui bisognava pagare con il sangue la professione libera della propria fede religiosa: è la storia dei tanti, dei troppi martiri che continuano a insanguinare le strade della pacifica convivenza tra gli uomini, rendendo il sogno della pace e della concordia una meta apparentemente irraggiungibile.
Queste morti sono specchio di intolleranza, disprezzo, e ci spingono a operare per la pace, consapevoli, tuttavia, che il martirio non passerà, non finirà, finché ci sarà anche una sola persona che rifiuterà l’amore. Il martirio della testimonianza, infatti, è motivato dalla fede e dall’amore, dal desiderare che altri conoscano il messaggio evangelico, incontrino l’amore di Dio, percepiscano un raggio della Sua luce che può cambiare la vita.
Dinanzi al “non amore” non ci si arrende, come Cristo e come San Sebastiano. Ed è una tale testimonianza del – direi – “non arrendersi” rispetto al “non amore” che caratterizza e deve caratterizzare anche la vostra missione.
 
1. Anzitutto, una testimonianza di amore per le persone, per tutti i cittadini ai quali il vostro servizio si rivolge, nelle sue forme più varie; si tratta, potremmo dire con la prima Lettura (Sap 3, 1-9), dell’amore dei «giusti»; un amore, cioè, che è un modo di essere giusti e di fare giustizia, lavorando senza sosta per quel «bene comune» che non è un benessere generico o l’interesse della maggioranza, ma è davvero il bene di tutti e di ciascuno, il bene di ogni singola persona, anche della più povera e dimenticata. «I poveri ascoltino e si rallegrino», abbiamo cantato nel Salmo (Sal 33); ed è bello pensare che il vostro lavoro aiuti soprattutto gli ultimi a non sentirsi scartati o anonimi, persino in una città grande come Roma.
 
2. Sì, è un rapporto unico e insostituibile quello dei vigili con la propria città; per questo, la vostra è, in particolare, una testimonianza di amore per questa nostra città! Di essa voi curate e servite la storia, l’arte, la dimensione civile e politica, ma anche l’ambiente, l’ecologia, i paesaggi… In essa mantenete un ordine non solo come disciplina necessaria ad assicurare una pacifica convivenza ma anche come segno di una realtà organizzata nella sua dinamica comunitaria. Sì, cari amici: i vigili sono quell’indispensabile supporto che, in una collaborazione necessaria e sempre più autentica, aiuta l’Amministrazione e tutti i cittadini a fare della città una comunità civile e politica, oserei dire una “famiglia”, che supera i semplici criteri di convivenza e può riscoprire legami di solidarietà, fraternità, appartenenza, accoglienza.
 
3. Così, la vostra diventa testimonianza di amore per chi arriva in questa splendida città: lo straniero, il turista come pure il lavoratore, lo studente, il pellegrino… Anche sotto il profilo della tipologia di chi la visita, Roma è una città unica: qui giunge chi deve guadagnare il pane con lavori di ogni genere, a partire dagli stranieri che cercano ospitalità fino a coloro che svolgono incarichi di responsabilità governativa e amministrativa; qui si dirige chi desideri contemplare beni storici e artistici unici al mondo, chi intenda studiare nelle tante e prestigiose Istituzioni culturali della Capitale, chi partecipi a grandi eventi sociali, sportivi o di spettacolo; verso questa città, infine, si incammina chi compie un percorso interiore e in Roma trova le radici della propria fede, nella storia delle origini e nell’oggi della Chiesa e di Pietro; per questo, se è vero che voi collaborate con l’Amministrazione civile, è anche vero che la stessa Comunità Ecclesiale è consapevole e grata per il prezioso servizio che svolgete nelle strade e nei luoghi significativi per ogni cristiano. Voi, dunque, rendete vivibile e accogliente questa città, direi che quasi personificate il «cuore» caratteristico e insostituibile di Roma, aiutando tutti a trovare il meglio e a scoprire il bello, tante volte nascosto.
 
Cari amici vigili, l’amore per la città, per le persone, per Dio è un unico amore; e l’amore, non lo dimenticate, è sempre a servizio della Bellezza. Questa Bellezza, che rivela il Creatore, traspare dalle vostre opere che vi fanno risplendere, come dice la prima Lettura, come «scintille nella stoppia».
«Non abbiate paura», dunque, perché la cifra del vostro impegno e della vostra testimonianza è l’amore dal quale, dice Paolo nella seconda Lettura (Rm 8, 31-39), nulla e nessuno potrà mai separaci, neppure la morte o la vita.
L’amore compensa dalle incomprensioni, consola nelle tribolazioni, dona la forza di servire sempre e fa veramente grandi.
Vedete, proprio la storia di Roma racconta, in modo incisivo, la grandezza dell’uomo, anche sotto il profilo sociale e politico. La grandezza vera, quella destinata a non perire, non sta nelle grandi opere, nelle potenze degli imperi, nella forza violenta: la grandezza sta nelle persone che servono la vita, ristabiliscono l’ordine, rispettano la legalità, rifiutano la corruzione, curano il bello… la grandezza sta negli uomini e donne che lavorano nella città e per la città, sapendo che la cura della città terrena è sacramento e profezia della costruzione della città celeste.
Grazie perché questo voi credete e testimoniate!
Il Signore vi benedica. E così sia!
 
X Santo Marcianò