Omelia per le esequie di Don Roberto Modica

30-12-2016
Roma, Basilica S. Maria degli Angeli
29 dicembre 2016

«Le tenebre stanno diradandosi e già appare la luce vera». La Liturgia della Parola, oggi, ci regala un messaggio di Luce, tipico di questi giorni dell’Ottava di Natale. Una luce delicata, come la personalità di don Roberto, che pian piano dirada le tenebre improvvisamente calate sul nostro cuore. Una morte troppo veloce la sua, di quelle che non danno neppure il tempo di rendersi conto, che sembrano aver lasciato in sospeso le cose, le relazioni; che lasciano il ricordo di quanto non si è detto o fatto più netto rispetto a tutto ciò che si è vissuto assieme… Ci ritroviamo qui, assieme, a fare i conti con questi stati d’animo e ringrazio tutti voi per la presenzaricca d’amore e di fede. Sì, cari fratelli, il cuore è nelle tenebre, anche il mio. Ma le tenebre stanno diradandosi e la luce appare, la Luce vince! E vince non solo perché le tenebre non l’hanno sopraffatta ma perché è sinonimo di vita. «In Lui era la vita e la vita era la Luce degli uomini» (Gv 1,4), abbiamo ascoltato nella Messa del giorno a Natale.La nascita di Gesù conferma la straordinaria luce racchiusa in ogni vita umana, quella luce che si è accesa con l’esistenza di don Roberto, unica e irripetibile come ogni persona e, come ogni persona, chiamata a un insostituibile progetto d’amore.   E’ la luce dell’amore!!!«Da questo sappiamo di aver conosciuto Dio»: le parole della prima Lettura (1 Gv 2,3-11) ci aiutano a rileggere la vita di don Roberto trovandone il filo conduttore: la storia di un uomo che ha conosciuto Dio, la storia di un prete che, con la sua vita e la sua morte, ha irradiato la luce dell’amore di chi si conforma a Cristo, di chi «rimane in Lui», di chi cerca di «comportarsi come Lui si è comportato». Don Roberto si è comportato così, seminando il bene concretamente e quotidianamente, nel suo ministero e nei tanti incarichi che gli sono stati affidati, sempre accolti con prontezza umile, tipica dello spirito di servizio e di amore: un amore con cui si è donato totalmente ai militari e alle loro famiglie, in varie sedi della Marina, nelle tante impegnative fasi di navigazione e, negli ultimi tempi, presso le unità dell’Esercito e della Finanza a cui era stato inviato. Un amore che lo ha legatoalla diocesi di Albano e poi alla Chiesa dell’Ordinariato Militare,per la quale ha vissuto,arricchendola di luce grazie a unprezioso ministero, a unagenerosa dedizione, a una non comune capacità di amicizia: «Chi ama suo fratello rimane nella luce». Sono i frutti belli del suo ministero sacerdotale che, con il Salmista (Salmo 95), ci fanno cantare al Signore un canto nuovo, un canto di gloria. Sì, rende gloria a Dio la vita di chi si spende per annunciare la Sua salvezza, per dire le Sue meraviglie, per benedire il Suo nome. E questo è il prete: un testimone di benedizione, un fragile e meraviglioso portatore di salvezza, un ministro di una gloria non sua.   La luce del dolore. «Luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Nel Vangelo (Lc 2,22-35), la fede ci fa intuire un’altra luce, quella con cui il Signore rivela la Sua gloria a tutte le genti e ad ogni creatura. È la luce che solo l’intimità con Cristo conosce ma è anche la luce che, come spada scintillante, trafigge l’anima e il corpo con la sofferenza. Questa luce ha attraversato la vita di don Roberto ed egli non vi si è sottratto ma si è consegnato ad essa con lo stesso affidamento di Gesù offerto al Padre nel Mistero della Presentazione, accogliendo comemistero una malattia progressiva e invalidante. Tuttavia, era forse consapevole – per aver meditato la profezia di Simeone a Maria o per averne fatto esperienza – di come il dolore per coloro che amiamo spesso ci trafigga più di quello che colpisce direttamente la nostra carne. Per questo, potremmo dire, ha voluto soffrire non in modo appariscente ma luminoso: con dignità e senza disturbare nessuno, con intensità e con la straordinaria forza del sorriso,dietro cui celava la gravità della sua condizione.   La luce della fede: don Roberto è entrato nell’esperienza del dolore con la fiduciosa discrezione con cui entrava nelle diverse esperienze, nelle relazioni della vita, nella stessa vita di fede. È entratocosì come un prete deve entrarvi e come Gesù è entrato, quel giorno, nel Tempio di Gerusalemme: per la via della Croce! E, ora, questa strada gloriosa e luminosa lo conduce alla vita eterna. «I miei occhi hanno visto la tua salvezza preparata da te davanti a tutti i popoli»: il Cantico del vecchio Simeone fa pensare a un sacerdozio giunto a compimento; sembra quasi che la fede di don Roberto, in poco tempo,abbia contemplatola luce delle realtà più profonde, culmine dell’attesa di ogni umana esistenza. Sì. La luce della fede, come la luce del dolore e dell’amore, viene dal di dentro. Che traspaia nel sorriso di una sofferenza accolta, nel gesto di una carità consumata, nella concretezza di un ministero donato, nel segreto di una vita offerta, essa è sempre epifania di una luce interiore, quella luce di preghiera che ha reso don Robertouna presenza significativa, un silenzioso punto di riferimento nella nostra Chiesa, per molti fedeli e anche per molti confratelli.   Carissimo don Roberto, grazie per la luce che hai accolto e portato,per la luce che hai sofferto e offerto,per la luce che hai contemplato e creduto,per la luce con cui hai annunciato e glorificato Dio. Ora che vivi in questa Luce, attesa da te e da tutte le genti, la tua piccola grande luce interiore, ne siamo certi, rimane accesa per noi, in una preghiera che ti radica sempre più nella nostraChiesa,da te tantoamata e che ti ama profondamente. Tieni viva questa fiamma di intercessione e di comunione e offrici al Padre ogni giorno: offri coloro che la Chiesa ti ha affidato come figli o ti ha donato come fratelli e confratelli. Il Signore, che ti ha provato con il sacrificio della sofferenza, ora vorrà accogliere il tuo sacrificio d’amore, come gradì l’offerta di Giuseppe e Maria. E noi, illuminati e riscaldati dal tuo affettuoso esempio, sapremo camminare assieme verso la Luce che non conosce tramonto e cantare, un giorno, il Cantico sacerdotale con cui oggi tu ti affidi alle mani di Dio: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace…».Vai in pace, don Roberto, servo del Signore. E così sia!  X Santo Marcianò