Omelia in occasione della Festa di San Cristoforo, patrono dell’Arma TRAMAT

09-05-2023

Carissimi, è per la prima volta che ricordiamo assieme San Cristoforo, patrono dell’Arma dei Trasporti e Materiali dell’Esercito, la cui memoria, per ragioni pastorali, è stata anticipata a questa data. È dunque una gioia grande e una preziosa occasione per riflettere, pregare e chiedersi cosa un momento così particolare possa dire alla missione a voi affidata.

Ho voluto utilizzare le letture di San Cristoforo tratte dal Lezionario dell’Ordinariato Militare, cercando nella Parola di Dio una strada da proporre a voi e a me. La Parola di Dio, non lo dimenticate, è un messaggio inviato per una revisione di vita, per progredire nel cammino. Essa incrocia le nostre strade, gli impegni affidati alla vostra Arma, le situazioni della storia… La Bibbia non è un libro avulso dalla realtà: è la pista per affrontarla. E dalle Letture di oggi voglio trarre tre parole, che mi sembra possano illuminare la realtà: libertà, forza, dono.

Libertà, anzitutto. E la prima Lettura (Sir 51,1-12) è il grido di preghiera di una persona che si riconosce libera perché liberata. Una persona che ha dovuto affrontare, secondo quanto afferma il Siracide, «morsi… insidie… tribolazioni… fiamme… soffocamenti… fuoco… calunnie…»: un’anima letteralmente «vicina alla morte». Non ci sembri una narrazione esagerata.

San Cristoforo era un martire, ha subito la morte a causa della sua fede. E ci sono diversi tipi di martirio, ancora oggi. Ancora oggi, purtroppo, vediamo tante persecuzioni a causa della fede, in Paesi del mondo in cui, ad esempio, non è ammessa la libertà religiosa. Ma quante sofferenze vive, concrete. Sofferenze dalle quali si invoca una liberazione.

Ecco, il compito dei militari ha a che fare con questa liberazione, con la difesa della libertà delle persone: pensiamo alla presenza e all’opera di supporto in tanti luoghi di guerra o in cui sia messa a repentaglio l’integrità e la dignità umana; a Paesi in cui ci sia una discriminazione per motivi di razza o lingua, in cui le donne subiscano ancora una condizione di sudditanza o i bambini non siano adeguatamente resi liberi di istruzione o gioco… Ma pensiamo anche alle nostre metropoli: alle persone paralizzate dalla criminalità, vittime di comportamenti irresponsabili o illegali, escluse per condizioni di povertà o per le loro scelte.

L’Esercito Italiano ha un compito di difesa e di riaffermazione della libertà in tanti di questi settori, nella nostra Nazione o all’estero. E chi è impegnato in prima linea, per così dire, non è più coinvolto di chi, come voi, esercita un’opera di supporto senza la quale nessuno dei compiti previsti si potrebbe espletare.

Sebbene non sia per tutti immediato riconoscerlo, il vostro ruolo nel mondo militare è fondamentale. Sì, il vostro è un servizio alla libertà: sentitelo con forza!

E forza è la seconda parola che traggo dalle Letture. «Il Signore Dio è la mia forza», abbiamo pregato con il Salmo 33. Mi chiedo: qual è oggi la vostra forza?

Molte persone sono convinte che quella dei militari sia una forza aggressiva, addirittura contraria alla pace. Voi, autieri del nostro Esercito Italiano, sapete invece bene che non è così. Sapete che il senso della forza richiesta alla vostra missione non è quello di invadere, guerreggiare, provocare; ma di difendere, resistere, proteggere, fino a dare la vita.

La vostra forza assomiglia, deve assomigliare sempre più, a quella descritta da Gesù nel Vangelo (Lc 9,23-26): la forza di prendere la propria croce, per seguire Lui. La propria croce, che è anche la croce degli altri.

È la croce di ogni giorno, dice il Vangelo. Non solo negli eventi straordinari, che fanno apparire il grande ruolo dei militari, ma nella quotidianità. Non solo in imprese che, seppure semplici, suscitano immediata gratitudine, ma nel servizio nascosto, come il vostro!

Dietro un’azione importante ci sono gli strumenti che voi preparate, che danno ai colleghi la forza di lavorare con sicurezza, serenità, possibilità tecniche avanzate: c’è il vostro lavoro paziente, competente, meticoloso, che diventa dono per gli altri.

Dono è l’ultima parola. Perché prendere la croce e portarla significa donare la propria vita, ma significa anche ricevere dei doni. Sono doni che dovete cercare nel vostro specifico servizio; e il messaggio del vostro Santo Patrono è, in questo senso, illuminante.

San Cristoforo era un traghettatore; aiutava, cioè, le persone ad attraversare il fiume. Portandole sulle spalle, come Gesù la croce, egli donava se stesso per esercitare la sua missione e possiamo immaginare che ne sentisse il peso, il carico schiacciante. Come quel peso che a volte caratterizza il nostro lavoro…

Un giorno, una persona il cui peso già eccessivo stranamente aumentava di momento in momento, pur trattandosi di un bambino, si rivelò essere Gesù: trasportando Lui, Cristoforo sentì il peso del mondo.

Ecco il peso che portate! Voi non vi fate carico solo di preparare i trasporti e il materiale ma, in quella preparazione, c’è già, potremmo dire, tutto il peso di coloro che le macchine trasporteranno, delle missioni che questi strumenti renderanno possibili… ci sono i vostri colleghi militari, con le loro difficoltà e fatiche, e i fratelli a cui costoro si rivolgeranno.

Cari amici, siate dunque “portatori di Cristo”, come San Cristoforo insegna con la sua vita e il suo stesso nome. Fate della vostra missione, con i suoi compiti di precisione, un’opera di carità, un’esperienza di fede, la cui forza sarà dono per la libertà dei fratelli.

Grazie, il Signore vi benedica per intercessione di San Cristoforo. E così sia!

Santo Marcianò